QUANDO LA SINISTRA ODIAVA IL TRICOLORE E L’INNO DI MAMELI…E “SCHIFAVA” LA PATRIA
Pubblicato il 14 marzo, 2011 in Costume | Nessun commento »
Nel 1971 usciva Nel nome del popolo italiano. Sul finire del film, il giudice (rosso) Mariano Bonifazi si ritrova tra le mani la prova dell’innocenza dell’industriale (nero) Lorenzo Santenocito la cui condanna era già segnata. Dino Risi fa smuovere l’animo del magistrato che decide di presentare la prova e graziare l’inquisito. Ma il gol di Boninsegna durante Italia-Germania gli fa cambiare idea. Cosa lo ha disturbato? Tutti quei tricolori esposti alle finestre degli italiani.
Alle ultime manifestazioni il Pd è sceso in piazza impugnando le bandiere italiane. A Sanremo l’Inno di Mameli cantato da Roberto Benigni ha fatto il record di ascolti. Nel linguaggio della sinistra “spuntano” le parole unità e patria. Viene da chiedersi se c’è stata una svolta nazionalista. E il motto “proletari di tutto il mondo unitevi” dov’è finito? E il partigiano di Bella ciao? E le bandiere rosse con la falce e il martello? Tutto ben nascosto nell’armadio di casa. Al libretto rosso di Mao, adesso preferiscono la Costituzione. “Riprendiamoci la nostra bandiera”, aveva gridato l’Unità l’anno scorso. E dietro tutti gli ex comunisti pronti a darsi una verginità nuova. Ma va ricordato: da sempre alla sinistra internazionalista la patria fa schifo, l’Inno d’Italia piace ancor meno e il tricolore è meglio bruciarlo in piazza.
“E’ per me motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più″, diceva Palmiro Togliatti. La verità è che la sinistra ha sempre snobbato certi temi, e certi amori. E non parliamo di preistoria della prima Repubblica. Anche in tempi più recenti. Nel 1989, quando Achille Ochetto era segretario del partito e Nilde Iotti sedeva sullo scranno più alto di Montecitorio, il Pci stava per cancellare la norma che prescriveva di aprire i congressi con l’Inno di Mameli (e già veniva suonato soltanto dopo l’Internazionale e Bandiera rossa). Non che nel Pds, invece, i compagni si stringessero a coorte. Anzi. Negli stessi anni, Massimo D’Alema preferiva Ennio Morricone a Mameli spiegando che quanto scritto nello statuto del partito era solo “un’indicazione, un consiglio” ormai decaduto. Anche durante i mondiali orientali del 2002 l’Unità di Furio Colombo solidarizzava con i calciatori che (per ignoranza o per volere) non cantavano Fratelli d’Italia prima della partita.
Poi è cambiato tutto. Walter Veltroni ha portato avanti un’intera campagna elettorale (oltre cento tappe) a intonare l’Inno. Il Pd ha dato una spolverata di bianco e verde al rosso onnipresente alle feste democratiche. Pure la parola Unità è scomparsa. Sabato pomeriggio, in piazza per difendere la scuola pubblica (un tempo anarchici e radicali la volevano distruggere dalle fondamenta) e la Costituzione, il centrosinistra sventolava il tricolore. Il segretario Pierluigi Bersani li ha ribattezzati “patrioti”. C’è chi dice che sia una mossa elettorale in antitesi al credo leghista. Ma a smontare i nuovi abiti indossati dal Pd ci ha pensato il filosofo Massimo Cacciari: “Il centrosinistra è stato spinto quasi per necessità verso la rivendicazione di valori attribuibiliin senso lato a Patri a e Nazione, nel quadro di un confronto politico con la Lega”. Insomma, tutta retorica.
Quella sbandierata dai democratici non è la bandiera che unisce tutti gli italiani sotto un unico cielo. E’ quella che getta fango su chi non la pensa allo stesso modo, che odia chi non si oppone al regime berlusconiano, che non dà spazio al libero pensiero (specie se questo è espresso sulle reti Rai), che preferisce i “nuovi italiani” ai vecchi, che lavora sotto banco per sovvertire il volere popolare. Quello cantato dai democratici non è l’Inno che unisce i fratelli pronti alla morte quando la Patria chiama. E’ quello che stona in piazza dieci, cento, mille Nassiryia, che sta dalla parte dei rivoltosi anziché dei poliziotti che “tengono” famiglia, che urlano diktat di dimissione sulle colonne dei quotidiani amici.
E allora: viva l’Italia! Per dirla con De Gregori: Viva l’Italia, l’Italia del 12 dicembre, l’Italia con le bandiere, l’Italia nuda come sempre, l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste, viva l’Italia, l’Italia che resiste.