LIBIA: GLI INTERESSI NAZIONALI E LE IPOCRISIE
Pubblicato il 22 marzo, 2011 in Politica estera | Nessun commento »
L’intervento militare in Libia, da parte di una Comunità internazionale «dimezzata», solleva alcune domande di senso comune. Prima: perché si è intervenuti? Risposta: a seguito di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu proposta da Francia e Gran Bretagna e approvata con l’astensione di Russia, Cina, Germania, India e Brasile. Giuridicamente, sembra lecito qualche dubbio sul diritto di intervento nei confronti di un Paese membro delle Nazioni Unite in preda a una rivolta interna. Resta in piedi la ragione politica; che «autorizza l’impiego di tutte le misure necessarie a proteggere le popolazioni civili e le zone abitate da civili».
Fa testo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che motiva l’intervento – in contrasto col principio di sovranità sanzionato dalla pace di Westfalia che poneva fine alle guerre di religione (cuius regio, eius religio) e alle reciproche interferenze degli Stati – con le «ragioni umanitarie». Subentrano, però, due altre domande. Che senso ha intervenire contro il «tiranno» Gheddafi dopo averlo sostenuto a lungo? Perché in Libia sì e in altre parti del mondo, dove si sono consumati autentici genocidi, no?
Emergono, così, due dati di fatto. Da una parte, la crisi di leadership degli Stati Uniti dopo l’irruzione della Cina, e della «nuova Russia», sulla scena mondiale. Dall’altra, dopo la fine della Guerra fredda, il ritorno dell’«interesse nazionale» in Europa. La Gran Bretagna vuole riprendersi il ruolo, se non sulla scena internazionale, almeno su quella europea, che aveva perso con la Seconda guerra mondiale; la Francia – che, dopo i fallimenti della sua politica di sostegno a Ben Ali in Tunisia e a Mubarak in Egitto, deve ripristinare la propria influenza nell’area – punta a sostituire l’Italia nei rapporti con la Libia (dal petrolio alle relazioni economiche e commerciali) del dopo-Gheddafi, precostituendosi relazioni privilegiate con la borghesia mercatista che subentrerà al Colonnello.
Le rivolte popolari nei Paesi dell’Africa del Nord hanno messo in moto un riposizionamento delle grandi potenze regionali europee nell’area del Mediterraneo che sta relegando l’Italia in retroguardia. Prima di finire a rimorchio della Francia, e accodarsi a un intervento, ancorché inevitabile ma dal quale abbiamo tutto da perdere, sarebbe stata utile, da parte nostra, un’iniziativa diplomatica forte, come la proposta di una Conferenza dei Paesi dell’area, dalla Lega araba alle maggiori potenze europee. Ora, in quella che, per dirla con un tardo paradosso marxista, ha tutta l’aria di un’iniziativa para-coloniale, legittimata da una «guerra umanitaria» – della quale si eviterà probabilmente di fare il computo delle vittime – e condotta all’insegna di interessi nazionali accuratamente celati all’opinione pubblica da quel velo di ipocrisia che copre ogni operazione di Realpolitik, i giochi sono fatti alle nostre spalle. Siamo rimasti i soli a ritenere l’interesse nazionale un «mostro morale», e a non perseguirlo con sano realismo; incoraggiati da una cultura progressista ondivaga, che un giorno è internazionalista e l’altro nazionalista; un giorno è interventista e l’altro no. Piero Ostellino, 22 marzo 2011, Il Corriere della Sera
.…….Come non essere d’accordo con Ostellino che ha messo il dito nella piaga di una guerra che dietro motivi umanitari nasconde squaallide ragioni di interessi e di affari? E come non deplorare l’acquiescenza del governo italiano che si è piegato ad interessi contrari a quelli italiani favorendo quelli stranieri’ E come non stigmatizzare le opposiziioni antiberlusconinatrfe, ad incominciuare da quella di Casini, che si sono fatti paladini dei 2motivi umanitari” al solo scopo di indurre il nostro governo a ignorare gli interessi nazionali per favorire quelli stranieri, primi fra tutti quelli del napoleone francese, Sarkozy, che tra l’altro pensa anche alle sue prossime scadenze elettorali per le quali parte ampiamente sconfitto? E come non rimanere basiti di fronte alla ridicola dichiarazione di Bersani secondo il quale “la guerra (alla Libia) è nella Carta”, lì dove per Carta intende riferirsi alla Costituzione? Per Bersani, e prima di lui per D’Alema quando si tratta di fare guerre purchè gradite alla sinistra, oggi alla Libia, ieri a Belgrado, le guerre sono sacrosante e “s’hanno da fare”, mentre le altre, per esempio quelle all’Iraq, erano fuori dalla Costituzione….. Se non ci fosse da ridere, ci sarebbe da piangere…ma dal ridere. g.