LIBIA: ECCO L’ERRORE DI SARKO’, di Giorgio Mulè
Pubblicato il 30 marzo, 2011 in Costume, Politica | Nessun commento »
Questo sfrenato e irresistibile bisogno di mostrare i muscoli, di cui Nicolas Sarkozy rappresenta l’icona tangibile, ha portato la Francia a incassare nel breve volgere di qualche giorno un ridimensionamento che ovviamente non sarà mai ammesso dall’Eliseo. Esasperare con i missili e i raid aerei la polveriera libica ha infatti prodotto un velocissimo ricompattamento intorno alla Nato. La decisione unilaterale francese di attaccare (con il determinante appoggio della Gran Bretagna e degli Stati Uniti) ha ancora una volta svuotato di ruolo le Nazioni Unite di cui la Francia si è fatta scudo con un’interpretazione «estensiva» e pericolosa della risoluzione 1973, approvata a maggioranza dal Consiglio di sicurezza e nella quale non si autorizza in alcun modo l’intervento dei caccia ma si parla unicamente di protezione dei civili e delle aree popolate da civili. L’esperienza dell’Iraq, con la moltitudine di ispettori che accertò le violazioni commesse dal regime di Saddam Hussein e precedette la decisione di intervenire militarmente, non è servita: in Libia sono bastati i commenti di Al Jazeera per stabilire che bisognava attaccare senza indugio. Solo un’iniziativa congiunta e condivisa dell’Alleanza atlantica, con la forza che ne deriva, può invece produrre effetti reali: senza strappi, senza un’inutile esposizione di muscoli utile alla tradizionale arrogance francese ma deleteria per gli equilibri internazionali. C’è poi l’altra guerra, quella commerciale deflagrata con il tentativo della Lactalis di rilevare la Parmalat. Bene ha fatto il governo a varare il decreto legge antiscalate su alcuni settori strategici, compreso quello agroalimentare. Non si tratta qui di una difesa antistorica dell’italianità, ma di un argine necessario che rende giustizia a un mal interpretato concetto di liberalismo. Con la Francia, infatti, il liberalismo è sempre stato a senso unico con buona pace della reciprocità: le nostre imprese sono state sempre respinte con perdite ogni volta che hanno tentato di acquisire aziende transalpine (basta ricordare i casi dell’energia, delle autostrade, delle ferrovie) grazie a una barriera nazionalistica e protezionista creata ad hoc dalla Repubblica Francese per frantumare d’imperio ogni velleità italiana. Al contrario, invece, i francesi hanno sempre potuto fare shopping in casa nostra e in tutti i settori, compresi quelli fondamentali e nevralgici per il sistema Paese. Per questo il decreto varato mercoledì 23 marzo dal governo era necessario e non più rinviabile. Per una volta tanto la grandeur va in soffitta. Al di là delle Alpi devono ogni tanto ricordare che nella loro storia non c’è solo il generale Napoleone. C’è anche il generale Cambronne…