IL PD VUOLE PIU’ SOLDI PUBBLICI DA DARE AI PARTITI
Pubblicato il 10 aprile, 2011 in Politica | Nessun commento »
Fini ha fallito, la Boccassini rischia di fare altrettanto. Meglio affidarsi ai cari vecchi metodi comunisti,altrimenti c’è ilrischio che Berlusconi,l’incubo peggiore della sinistra, continui a governare chissà per quanti anni ancora.
L’ultima idea del partito di Bersani è la tassa contro Berlusconi: italiani, regalateci altri soldi, altrimenti il Cavaliere vince ancora per vent’anni. Lui è ricco, noi no. Quindi lo Stato deve aiutarci. Non ci sono soldi? Il debito pubblico già angoscia le notti di Tremonti? I precari scendono in piazza? Pazienza, in qualche modo si farà. Si taglia qualcosa o si chiedono nuovi sacrifici. Per contrastare Silvio ogni scusa è sempre buona. La realtà è che la sinistra perde non perché sia povera, infatti non lo è, ma perché non ha un leader e le sue idee sono vecchie e vuote. Il succo è che i contabili di partito sono stanchi di vacche magre e vogliono rimpinguare i loro portafogli.
Questa stramba richiesta, un po’ piagnucolosa, arriva da Ugo Sposetti, deputato del Pd e storico tesoriere dei Ds, che in apparenza è ormai la versione vecchia del partito di Bersani, ma che in realtà rappresenta ancora la cassaforte dei post comunisti. Cosa vuole Sposetti? Semplice. Batte cassa. Ha presentato una legge nella commissione Affari costituzionali che riapre il finanziamento pubblico ai partiti. È un provvedimento che dopo 63 anni dovrebbe attuare l’articolo 49 della Costituzione, quello che prevede la libera associazione in partito. Di fatto è solo un modo per aprire i rubinetti e portare altri soldi ai partiti.
Il ritornello è sempre lo stesso: Berlusconi è ricco, gli altri sono poveri. Il Pd riscopre pauperismo e populismo, fa diventare il finanziamento ai partiti una battaglia anti Cav. Il guaio è che questa operazione non ha nulla a che fare con il premier, ma puzza parecchio di interesse di casta. I politici sono educati alla cultura dello spreco, considerano diritti inalienabili di ruolo e potere quelli che per gli altri sono privilegi. Sanno che la crisi sta ridimensionando lo stile di vita di molte caste. Ma loro sperano di essere immuni dalle forbici e dai sacrifici. Non si lamentano come artisti, scaligeri, musicanti e attori. Non salgono sui tetti come i ricercatori universitari. Molti di loro si sentono precari, ma fanno in fretta ad accumulare pensioni. I politici non hanno bisogno di lamentarsi dei tagli. Sono l’unica categoria su cui la crisi è passata come una carezza. Eppure temono che il loro mondo possa crollare. È per questo che Sposetti non ha avuto difficoltà a trovare colleghi pronti a firmare la sua colletta.
La questione su come finanziare la politica è antica. È stata centrale nel dibattito su Tangentopoli. La politica costa. La politica è una scommessa sulla propria elezione. È una preoccupazione che avevano già i candidati dell’antica Roma. Chi deve pagare? Lo Stato? Gli italiani? Le lobby? Il rischio è che il politico finisca con il finanziarsi con le tangenti. Il problema quindi c’è. Ma tirare in ballo Berlusconi è l’ennesimo passo falso della sinistra. È il sintomo dell’ossessione di Bersani e soci. Questa volta poi ha il sapore di una furbata. Non a caso quando Enrico Letta propone di abolire il vitalizio dei parlamentari, un vecchio notabile del Pd post democristiano come Gerardo Bianco alza le barricate. I nostri soldi non si toccano. Tutto questo fa tristezza. E una cosa ormai è chiara: perfino l’antiberlusconismo serve solo a nascondere gli interessi della casta. Il Cavaliere è la coperta di Linus di tutti i problemi irrisolti dei mestieranti della politica.