Questa mattina, ma anche ieri e l’altro ieri e ieri l’altro ancora, la stampa italiana, sia “nemica” che “amica”  di Berlusconi, annuncia sconquassi e rese di conti all’interno del PDL, con il rischio di crisi di govenro e  di possibi governissimi che mettano da parte lo stesso Berlusconi. Questa mattina è Il Corriere della Sera, pubblicando una intervista al ministro Galan, a insinuare questa ipotesi, mentre Il Giornale dà notizia che i finiani avrebbero proposto per bocca di Briguglio (pensate un pò….) che nel caso Berlusconi si metta da parte, il FLI voterebbe un lodo costituzionale che accantoni i processi al premier sino alla fine della legislatura. Basterebbe questa quasi barzelletta a dare la misura della follia delle tesi sfasciste della stampa. Se Berlusconi si mettesse da parte non ci sarebbe alcun bisogno di  un lodo costituzionale perchè non ricoprendo più una delle quattro cariche istituzionali non avrfebbe diritto ad alcuna “protezione” : come si vede quella di Brigulgio, se davvero c’è stata, è una non proposta. Quanto alla ipotesi di un governissimo che si potebbe concretizzare se in Parlamento il governo Berlusconi cadesse è frutto di alchimie fantasiose. Per quanto nel PDL convivano anime diverse e talvolta tra di loro la verve poemica supera il livello di guardia, riteniamo che nessuna delle anime, singole o associate, siano tanto pazze da far karakiri facendo cadere il governo e aprendo la strada a inimmaginabili scenari sui quali le prime a rimetterci le penne sarebbero molte delle anime in pena che si aggirano all’interno del PDL, orfane di potere (Pisanu o Scaiola, per esempio) alle quali basterebbe richiamare alla memoria il triste percorso di Fini che ormai si è trasfromato nel classico cane che grida alla luna per indurle a più miti e sani pensieri. Al riguardo ci pare appropriato il fondo di questa mattina sul Giornale di Giuliano Ferrara che offriamo alla lettura e alla riflesisone dei nostri lettori. g.

Ognuno ha i sogni che si merita. Io ho sognato Ber­lusconi. Aveva riunito i suoi, che litigano come fa­cevano le lavandaie d’inizio seco­lo. Litigano a gran voce, in parla­mento, alla televisione, nei corri­doi del palazzo, concedendo in­terviste a raffica a giornali amici e nemici, gridando qualunque co­sa venga loro in mente, basta che sia insidiosa, distruttiva, basta che metta in luce la nevrosi collet­tiva del Popolo della libertà e una inaudita licenziosità politica.

«Cari amici – diceva Il Cav. nel mio sogno dell’altra notte – consentitemi una fraterna messa in guardia: se continua così, con la stessa rapidità con cui sono sceso in campo me ne torno in tribuna a godermi lo spettacolo. Ho buoni avvocati, e fuori dalla politica, do­ve sono stato un elemento di di­sturbo insopportabile per tanti anni, e ancora adesso, diventerei una preda meno ambita dai rapa­ci delle procur­e combattenti e del­le opposizioni al loro laccio. Me la cavo, state certi. E se proprio fosse necessario, un patteggiamento per levarsi di torno la malagiusti­zia alla fine non si nega a nessu­no, come un sigaro o un’onorifi­cenza di cavaliere al merito. Le mie paure per le scorciatoie giudi­ziarie sono solo indirettamente personali, in primo piano sta la li­bertà politica e civile, che viene negata in radice da questa specie di Stato di polizia in cui i magistra­ti fanno comizi in piazza, le loro avanguardie si sono massiccia­mente presentate in politica fa­cendosi eleggere in parlamento e fondando partiti dopo avere di­strutto quel che c’era prima, con il suo male e con il suo bene. Un ap­parato di giustizia che lavora su pretesti di reato, invece che su fat­tispecie concrete, e dispone spio­naggio, pedinamento, intercetta­z­ioni allo scopo di sputtanare l’Ar­cinemico dando in pasto all’opi­nione pubblica il suo privato, per di più deformato in maniera grot­tesca nel circo mediatico-giudi­ziario, tra gli applausi ipocriti de­gli acrobati del neopuritanesimo, non poteva che indebolirmi, al­meno un po’. Ma non vi illudete: la mia relativa debolezza, il fatto che io sia costretto a difendermi mentre avanzano crisi a ripetizio­ne nello scenario mediterraneo, mentre premono mille cose da fa­re per il rilancio dell’economia e per le riforme, non è un fattore di forza per le vostre ambizioni, per­sonali e di gruppo. Lo champa­gne che qualcuno di voi stappe­rebbe dopo il 25 luglio avrebbe un retrogusto amaro, e in breve tempo vi ritrovereste assetati e af­famati, con i vostri progetti e la vo­stra dignità politica a disposizio­ne della Repubblica delle procu­re e dei suoi speaker politici.

«Non ho fondato una caserma. Mi piace perfino il caos creativo, il peso irriducibile della personali­tà in politica, sopporto cristiana­mente e allegramente le idiosin­crasie, esercito l’ironia e l’autoiro­nia per debel­lare il linguaggio po­litico pesante e protocollare che è il vero inganno ai danni dei citta­dini, e nessuno mi può insegnare l’arte del comando e anche il suo risvolto, una tolleranza ai limiti dell’anarchia liberale, della stes­sa licenza. Siamo un non-partito, un popolo, e questo di noi piace agli italiani. Quindi capisco tutto il bailamme che caratterizza la no­stra creatura politica, e anche l’energia frammentaria e vario­pinta che connota la maggioran­z­a parlamentare e lo stesso gover­no. Ma ogni limite ha la sua pa­zienza, come diceva Totò.

«Di tanto in tanto dovreste ricor­darvi il sale di questa nostra av­ventura: iniettare dosi massicce di libertà in un paese che era bloc­cato, che non conosceva l’alter­nanza di forze diverse al governo dello Stato, un paese in cui piano piano alla dittatura morbida del­le ideologie nazional-popolari in declino si andava sostituendo quella, ancora più tignosa e illibe­rale, delle burocrazie giudiziarie d’assalto e di poteri economici senza inventiva e senza capitali ma con molte immodeste ambi­zioni di dominio. Un progetto no­bile e pericoloso, per il quale si è chiamati a pagare dei prezzi, non solo a riscuotere gli onori della carriera politica. Tra essere liberi e farsi del male per stupidità, tra la libertà responsabile e un’indisci­p­lina irresponsabile e autolesioni­sta, c’è tutta la differenza tra una politica e un Pdl ricchi di autenti­ci e sani conflitti e un sistema- par­tito che si disintegra a forza di chiacchiere».

Così parlò il Berlusconi-Zara­thustra nel mio sogno notturno. Nel quale, fluttuando amabil­mente tra le insidie dell’incon­scio, si era insinuato un elemento di sano realismo.

Il Giornale, 10 aprile 2011