CI RISIAMO: ECCO IL PAESE DEGLI AVVOLTOI
Pubblicato il 12 aprile, 2011 in Politica | Nessun commento »
Ieri l’aula del Palazzo di giustizia di Milano con il processo Mediatrade, domani quella della Camera dei deputati con la votazione sulla legge della prescrizione breve per incensurati. Lo scontro tra Silvio Berlusconi e i magistrati è entrato nella fase finale. Gli avvoltoi che da 18 anni svolazzano sul premier e sui governi di centrodestra già assaporano il banchetto, scommettendo sulla vittoria delle toghe e non soltanto. Il fronte si salda infatti con una Unione Europea incosciente che non ne vuole sapere di prendersi in carico una quota dei clandestini sbarcati in Italia non certo perché invitati. Casini, Fini e Bersani, buonisti a parole, godono a vedere Francia e Germania chiudere le porte in faccia ai clandestini. Dicono che è colpa del nostro governo, tacciono la verità, cioè che una banale e squallida esigenza elettorale di Sarkozy e della Merkel, due premier alla canna del gas battuti nelle urne e nei sondaggi dalla loro destra più intransigente. Che siano i magistrati, le escort, o la Francia, ben venga tutto ciò che infanga o mette in difficoltà l’Italia. Gli sfascisti si alleano con chiunque possa servire a raggiungere l’obiettivo. Un assalto quotidiano al quale si aggiunge il mal di pancia di alcuni uomini della maggioranza sulla gestione del Pdl. Fatto che ha portato Giuliano Ferrara, domenica su questo giornale, a lanciare l’ipotesi che Silvio Berlusconi possa presto mandare tutti a quel paese e ritirarsi a vita privata. Sogno o realtà che sia, Ferrara ha fatto esultare gli elettori di mezza Italia e preoccupare l’altra metà, quella di centrodestra, tanta è la fiducia e l’affetto nei confronti del premier.
Il messaggio era però diretto a quelle migliaia di persone che costituiscono la classe politica e amministrativa del Pdl. La riconoscenza infatti è merce rara, se poi è combinata con l’arroganza la mente si appanna. E per esempio ci si dimentica che Berlusconi da diciotto anni garantisce l’elezione certa, cioè un posto di lavoro ben pagato e uno status sociale che per la maggior parte di questi signori non erano raggiungibili attraverso altre vie. I nostri onorevoli, i ministri eletti sotto la bandiera Pdl hanno infatti goduto di un effetto traino nazionale, l’effetto Silvio, paragonabile a quello che nella prima Repubblica veniva dall’appartenenza ai tre grandi partiti, Dc, Pci e Psi.
Qualcuno invece si illude che il Pdl sia come la Dc, cioè un partito più forte dei suoi leader, e che per tanto è scalabile sul modello delle correnti Pd, partito che in due anni è passato di mano tre volte (Veltroni, Franceschini, Bersani) senza peraltro cavare un ragno dal buco. Oppure che, via Berlusconi, si possa andare avanti con un altro leader (Tremonti? Montezemolo?) come se nulla fosse. Il dopo Berlusconi invece, a mio avviso, sarà un Irak: guerra civile senza quartiere, implosione del centrodestra, vittoria per mancanza di alternative della sinistra che inizierà quel ciclo di comando che aveva partorito e abortito nel ’94.È vero che la mamma dei fessi è sempre incinta, ma la vicenda Fini-Bocchino qualche cosa dovrebbe insegnarla. Cioè che meschine questioni di potere personale e di ricatti non portano a nulla per il Paese e neppure per se stessi. Non credo che qualcuno, in caso di affondamento di Berlusconi, possa sperare di salvarsi. Bene che vada, i naufraghi del Pdl farebbero la fine dei tunisini che approdano a Lampedusa, vagheranno per la politica, sballottati da una parte all’altra senza più cittadinanza. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 12 aprile 2011
…………Abbiamo evidenziato in blu la parte dell’editoriale odierno di Sallusti che merita una riflessione. Ha fatto bene Sallusti ad evidenziare che il PDL non è la DC e che questa non è la prima repubblica. La caduta di Berlusconi trascinerà con se tutto e tutti. Non si illudano, generali, colonnelli e caporali che possa esserci un PDL post Berlusconi, amministrato dai suoi eredi. Diversamente da quanto accadde nella prima repubblica quando fu la caduta della DC e degli altri partiti che storicamente avevano guidato la Nazione nella difficile ed esaltante fase della rinascita e della riscossa politica ed economica ad aprire la strada alla caduta degli dei e dei semidei che in essi avevano militato e comandato, ora basterebbe la sola caduta di Berlusconi o anche, come ha “sognato” Ferrara, la sua ritirata, a determinare lo squagliamento dell’intera struttura che si regge sul carisma e sul rapporto diretto che Berlusconi ha con gli elettori che votano per il PDL e che voterebbero per qualsiasi altra sigla Berlusconi mettesse in campo. Loro, generali, colonnelli e caporali, che sinora hanno goduto degli effetti di questo carisma e di questo rapporto, squaglierebbero insieme e di molti di loro, forse di quasi tutti, se ne dimenticherebbero sinanche i nomi nel breve volgerer di poche settimane se non di giorni e ciò conferma quel che una volta, non tanto tempo fa, ebbe a dire un ex autorevole dirigente di Forza Italia: “ciascuno di noi può essere bravo sin che si vuole, ma i voti è Berlusconi che li prende”. Forse sarà il caso che nel corso delle tante cene che si susseguono intorno ai tavoli dei ristoranti romani, questa semplice ma incontrovertibile verità faccia capolino e induca i molti che invece di dare, chiedono, anzi, continuano a chiedere, a più miti consigli. Non solo per se stessi, ma anche per l’Italia e il centro destra, altrimenti destinati, l’una e l’altro, a finire maciullati da una nuova macchina da guerra che non farebbe prigionieri. g.