Oggi alla Camera c’è la partita che vale la stagione. Si vota per ap­provare la prescrizione breve agli incensurati, ma sarebbe ri­duttivo vederla solo così. Si vota per ripri­stinare l’autonomia del potere legislati­vo da quello giudiziario. Si vota per dire che finalmente nessuno si farà più inti­midire dalle scorribande nella politica. Sì vota per decretare il fallimento del pat­to occulto tra Fini e la magistratura per disarcionare Berlusconi e il suo gover­no. Si vota per dimostrare che in demo­crazia comandano le maggioranze elet­te, non le lobby, le caste, i giornali, i san­toni. E si vota anche per Silvio Berlusco­ni. E perché no? Non c’è il male nel fatto che una maggioranza difenda il suo lea­der dalla più spudorata e violenta ag­gressione giudiziaria della storia. Le opposizioni hanno fatto ieri e faran­no oggi ostruzionismo leggendo in aula articoli della Costituzione, come atto estremo e solenne di difesa del Paese. Certo che al ridicolo non c’è limite.

D’Alema e Bersani martiri di chi? Della prescrizione breve, norma già in vigore in tutti i Paesi occidentali? La sinistra sta giocando sulla pelle della gente. La real­tà è che, a fronte di una norma di civiltà, rischiano di saltare lo 0,2 per cento dei processi penali, nulla in confronto ai procedimenti che vanno già ora in pre­scrizione per la lentezza e l’incapacità di certi magistrati. Bersani e D’Alema laCostituzione do­vrebbero leggerla sì, ma all’articolo che sancisce la libertà e la segretezza delle comunicazioni private tra cittadini, quello violato dalle intercettazioni tele­foniche selvagge ordinate dalle procure per spiare la vita degli italiani. Dovrebbe­ro leggerla, loro e Fini, nelle parti che sta­biliscono l’autonomia e l’indipendenza del potere legislativo da quello giudizia­rio. Ma, soprattutto, mi chiedo che sen­so abbia che ex comunisti sventolino la Costituzione come se fosse cosa loro.

Per quarant’anni ne hanno tradito l’es­senza, complottando occultamente con­tro l’Occidente, e quindi l’Italia, assie­me (e finanziati) all’alleato Unione So­vietica. Se oggi siamo una democrazia è perché questi signori hanno perso e al­tri, in nome della Costituzione, hanno vinto. Cari compagni, la Costituzione non è il Libretto Rosso di Mao. Addirittura, co­me previsto da chi l’ha scritta, la si può cambiare. Che piaccia o no a voi, a Di Pietro e ai magistrati. Il Giornale, 13 aprile 2011