Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica

Per raccontare l’ennesima disavventura giudiziaria a lieto fine del presidente della Camera, prendiamo in prestito le parole di Carlo Rienzi, generalissimo del Codacons. Che nel rendere noto il dispositivo di archiviazione del tribunale di Grosseto sui presunti reati commessi dai compartecipi all’immersione di Gianfranco Fini e della sua compagna Elisabetta nelle acque off-limits della riserva marina di Giannutri, con sarcasmo fa presente che la decisione del giudice Valeria Montesarchio d’ora in poi «autorizzerà» qualsiasi altro sub della domenica a immergersi nei fondali inaccessibili dell’isola toscana, previa «raccomandazione» telefonica alle cosiddette autorità. Insomma, se si comporterà come s’è comportato il subacqueo di Montecitorio il 26 agosto 2008, mandando avanti il suo caposcorta, rischierà punto. Giurisprudenza diving.

«Grazie a questa decisione – attacca Rienzi – chiunque voglia farsi un bagno nella acque protette di Giannutri potrà farlo senza correre il rischio di violare le norme a tutela dell’ambiente purché, però, dimostri di aver fatto un paio di telefonate alla Capitaneria di porto o ad altro ente locale». Per capire come si è arrivati all’assoluzione di tutti gli imputati (Fini non è stati mai nemmeno indagato) occorre rituffarsi nel passato, fino a quel giorno dell’agosto di tre anni fa quando il futuro leader del Fli e la signora Tulliani, con tanto di muta, pinne e bombole, accompagnati sul posto da una pilotina dei vigili del fuoco, vennero immortalati dai fotografi dell’associazione ambientalista Legambiente mentre, per diletto, impunemente, violavano i divieti previsti nell’area protetta «1» (pesca, navigazione, ancoraggio, sosta e immersione) fermandosi all’altezza della costa dei «Grottoni».

Il Codacons inviò subito un esposto in procura. Le foto dell’onorevole sommozzatore erano nitide, la location proibita pure, le immagini non ammettevano dubbi. Così le indagini accertarono come effettivamente «una imbarcazione dei vigili del fuoco era entrata nella zona parco 1, località Grottoni, pur non avendo ottenuto i preventivi nulla osta dell’Ente Parco». Dopodiché i «successivi accertamenti identificavano i pubblici ufficiali che partecipavano all’escursione, ritenuti possibili responsabili del reato». Sott’inchiesta finirono il capo scorta di Fini, i pompieri che lo scortarono a Giannutri, il responsabile della Capitaneria che ricevette le telefonate dal braccio destro del presidente della Camera. Solo che ognuno, discolpandosi, offriva una versione dei fatti differente. E così, anziché affidare al dibattimento l’accertamento della verità, il pm ha optato per una richiesta di archiviazione basata sull’impossibilità di accertare le responsabilità dello sconfinamento in acque protette.
E il gip di Grosseto, Montesarchio, ha accolto quella richiesta con un’ordinanza di archiviazione che ha mandato il Codacons su tutte le furie. La violazione, e non poteva essere altrimenti, è accertata anche secondo il giudice. Che scrive però come non sia «possibile individuare con certezza il soggetto a cui attribuire la penale responsabilità per il fatto contestato».

I tre pompieri della squadra sommozzatori, infatti, per il gip hanno «credibilmente» agito «nell’adempimento di un obbligo di servizio, e quindi nell’adempimento di un dovere, prestando l’assistenza a loro richiesta». Il caposcorta del presidente della Camera, Fabrizio Simi, sempre secondo il gip vede «parzialmente riscontrata» la versione data a verbale, di non aver «consapevolezza e volontà di violare le disposizioni normative vigenti a tutela dell’ambiente nell’area interessata». Questo, tra l’altro, perché è riscontrato che abbia chiamato due volte il comandante della capitaneria di Porto. Simi sostiene di averlo fatto per essere autorizzato. Il comandante nega assolutamente il contenuto delle conversazioni, ma conferma le chiamate, e tanto basta. D’altra parte, anche il numero uno della Capitaneria, Maurizio Tattoli, indagato a sua volta, va archiviato, secondo il gip, semplicemente perché non aveva alcun «potere autorizzatorio».

Un balletto di versioni e racconti che manda tutto in archivio. E a parte la discutibile figura, a Fini e alla Tulliani è andata pure meglio: pagando a ottobre 2008 412 euro di multa, hanno chiuso la questione. Prezzo non troppo proibitivo, per l’immersione proibita.

…..Dopo Montecarlo, arriva una nuova archiviazione per Fini da parte di una Magistratura assai benevola. Una nuova ragione per domandarsi se per caso non abbia ragione Berlusconi quando sostiene che tra Fini e certa magistratura sia stato sottoscritto un accordo per impedire che vada in porto qualsivoglia riforma della Giustizia che non piaccia alle toghe rosse. Un indizio è un indizio, due indizi sono due indizi, tre indizi diventano una prova. Aspettiamo il terzo indizio. g.