BOMBE, IMIGRATI E LEGA: BERLUSCONI VA IN CONTROPIEDE
Pubblicato il 27 aprile, 2011 in Politica | Nessun commento »
A leggere certi giornali sembra che Silvio Berlusconi sia felice di bombardare i libici, al contrario di Umberto Bossi che invece ha orrore delle bombe e del sangue. Spero che nessuna persona dotata di buonsenso cada in questo tranello mediatico. Non soltanto il premier odia la guerra tanto quanto l’amico Umberto, ma per quanto ne so ha in più l’angoscia di dare il via libera ai nostri caccia contro una persona, Gheddafi, con la quale ha intrattenuto un rapporto personale leale e sincero. Anzi, se francesi e americani non hanno già rasoal suolo Tripoli e se c’è una speranza che ciò non accada lo si deve proprio al freno a mano che il governo italiano ha tirato sin dall’ inizio sul caso Libia. Prima ha preteso che l’operazione passasse sotto il comando della Nato, poi ha tenuto aperto l’unico canale di trattativa con il rais, oggi ha ottenuto regole rigide per le operazioni (solo obiettivi militari con armamenti limitati). Cose non da poco, se addirittura ieri Sarkozy è sceso a Roma a trattare la pace con Berlusconi, riconoscendo all’Italia il ruolo e la dignità che le competono, aprendo per la prima volta una trattativa seria a livello europeo sulla questione dei clandestini in arrivo dalle coste del Nord Africa e fino ad oggi lasciati sul gobbone nostro.
La contraddizione tra Pdl e Bossi, quindi, è soltanto apparente. Del resto la posizione della Lega è stata chiara fin dall’inizio e coerente con il suo Dna culturale che la vincola al principio dell’autodeterminazione dei popoli e quindi alla non ingerenza in case altrui. In questo senso le questioni dei costi e dei clandestini, sollevate un po’ da tutto il centrodestra e con forza da esponenti del Carroccio, sono importanti ma non decisive. Più che altro funzionano eccome in chiave di consenso elettorale, e Bossi che di voti se ne intende non ha perso la ghiotta occasione di smarcarsi con quel cinismo che lo contraddistingue: noi non spariamo, dice. Un lusso, quello delle parole, che lui può permettersi, a differenza del capo del governo (e pure di quello dello Stato) che oltre a pensare al federalismo ha il compito e l’obbligo di tenere l’Italia nel mondo, di rispettare accordi e trattati internazionali firmati non soltanto da lui.
A Berlusconi si possono rinfacciare alcune cose ma non certo di non aver ingaggiato, sulla guerra alla Libia e sui clandestini, un braccio di ferro con i potenti del mondo. Addirittura l’Italia è riuscita ad aprire una breccia sull’inviolabilità dell’architettura europea, e ieri è stato Sarkozy a fare sua la tesi di Tremonti sulla necessità di rivedere trattati ormai obsoleti, compreso quello sulla libera circolazione degli uomini. Dall’alleanza militare e politica della Nato non si può uscire, ma condizionarne le scelte dall’interno si può ed è esattamente quello che stiamo facendo.
Per via di tutto questo aspetterei a parlare di crisi della maggioranza, di vittoria della linea francese. Quando si gioca con avversari più grandi e quindi più forti è da suicidi usare la forza. Meglio, se si vuole arrivare sull’obiettivo, usare altre tecniche. Il calcio insegna, molte partite si vincono con catenaccio e contropiede. E scommetto che anche questa volta Bossi e Berlusconi, con ruoli diversi, stanno tirando nella stessa porta. Il Giornale, 27 aprile 2011