“L’Associazione nazionale magi­s­trati sarebbe interessata a pro­muovere incontri di tipo infor­mativo con gli studenti degli atenei, in merito al progetto di riforma costituzio­nale della Giustizia”. È una lettera invia­ta in questi giorni alla presidenza della facoltà di Architettura di Napoli, mica di Giurisprudenza. E diramata a tutte le cat­tedre. L’iniziativa non sarebbe solo loca­le.

Non sono un giurista o un cultore di questioni giudiziarie, ma non riesco a tro­vare precedenti a un’iniziativa del gene­re. Mi pareva già un cedimento dei magi­st­rati accogliere inviti per dibattiti “politi­ci”. Ora addirittura i magistrati stessi pro­muovono quei dibattiti, chiedono di co­miziare per propagandare le proprie tesi contrarie alle leggi varate dal Parlamen­to. Non riesco a trovare analogie di indottrinamento studentesco da part­e di un organo dello Stato se non in Paesi sotto tutela dei militari o dei guardiani della Rivolu­zione, tipo pasdaran. Fino a qualche tem­po fa coltivavo un’idea sacra della giusti­zia e un rispetto istituzionale della magi­stratura, almeno prima di averne fatto esperienza da cittadino. Tuttora rifiuto di tifare nel derby dei poteri tra legislati­vo, esecutivo e giudiziario; trovo avvilen­ti le tifoserie. Ma qui siamo all’ultimo sta­dio. Prima si perse la sobrietà del ruolo, il rigore impersonale, dandosi ad uno sfre­nato protagonismo che debordò dalle se­di giudiziarie ai media fino alla letteratu­ra e al teatro. A Bari i magistrati sono stati protagonisti e registi di rappresentazio­n­i teatrali con attori istituzionali in costu­me, come il presidente della Regione Pu­glia Vendola e altri politici, in spettacoli finanziati con denaro pubblico da Regio­ne, Comune e Provincia. Ora siamo alla predicazione e all’istigazione studente­sca. Conosco l’alibi: siamo sotto una dit­tatura, la Costituzione è in pericolo, dun­que ogni reazione è ammessa. A quando le ronde togate, la trasvolata di magistra­ti su Montecitorio con lanci dimostrativi e le spedizioni punitive? Succedeva al tempo dei giacobini che i tribuni confu­tassero in assemblea le proposte di leg­ge. Però non esercitavano il potere giudi­ziario. Erano tribuni, non magistrati. Marcello Veneziani