Archivi per aprile, 2011

BERLUSCONI BATTE SARKOZY

Pubblicato il 2 aprile, 2011 in Politica, Politica estera | No Comments »

L’Europa boccia la Francia

Il Premier Berlusconi accoglie a Villa Madama il primo ministro Nicolas Sarkozy E alla fine toccò pure all’Unione europea. Uno schiaffo alla Francia e un aperto sostegno all’Italia. La commissaria Ue agli affari interni Cecilia Malmstrom ha infatti ammonito la Francia sui respingimenti alle sue frontiere, non può farlo perché i confini nello spazio di libera circolazione di Schenghen non esistono più. Dunque, è un aiuto non da poco nella guerra militare, diplomatica, e adesso anche sul fronte dell’immigrazione che si è aperta tra Italia e Francia visto che da settimane i francesi hanno bloccato la frontiera di Ventimiglia e rimandano sulla Penisola qualunque immigrato nord africano prova a varcare la soglia tra i due Paesi.

Il Cavaliere fa di più, si spinge oltre. Chiama il presidente della commissione Europea, Josè Manuel Durao Barroso. Nella nota che viene diffusa da palazzo Chigi si fa sapere anche che «i due presidenti hanno concordato sul fatto che l’emergenza in corso è un problema che riguarda tutta l’Europa e che, come tale, deve essere affrontato e risolto a livello europeo. In questo contesto, il presidente Barroso ha ribadito l’impegno della Commissione a una più fattiva solidarietà verso l’Italia». E il ministro dell’Interno Roberto Maroni fa sapere che si sta pensando alla possiibilità di «concedere un permesso di soggiorno temporaneo per i migranti che vogliono fare ricongiungimenti familiari. È un modo per fare capire all’Europa che, di fronte al diniego totale di collaborazione, abbiamo uno strumento legislativo per attuare principio di solidarietà. Chi vuole andare in Francia e Germania non possiamo trattenerlo in Italia». Berlusconi assesta così due colpi a monsieur Nicolas Sarkozy proprio nel momento di massima tensione tra i due Paesi.

D’altro canto il premier italiano aveva detto chiaro e tondo già in mattinata come stanno le cose. E aveva avvertito: sulle coste del nostro Paese è in arrivo «uno tsunami umano». Non solo, ma aveva chiesto chiaramente alla Tunisia un impegno per i rimpatri. L’Italia, da parte sua, è ancora disposta ad aiutare Tunisi anche sul piano finanziario, «a fronte dell’impegno a fermare l’uscita illegale di loro cittadini dal loro Paese» e aveva spiegato che l’Italia si è impegnata «in linee di credito ed equipaggiamenti a forze di polizia impegnate nel controllo per un valore vicino ai 100 milioni dalla metà del mese di aprile». Quindi aveva ammonito: «Anche l’Europa deve intervenire e dare il suo apporto noi continuiamo a esercitare pressioni sulla Commissione europea. Nell’ultima riunione abbiamo fatto introdurre l’impegno di un intervento diretto nei confronti dei Paesi che sarebbero stati toccati da questa immigrazione».

Toni forti nella conferenza stampa dopo la prima riunione della cabina di regia convocata con gli enti locali. Riunione che aveva immediatamente subito il primo blocco: le Regioni infatti dicevano un secco «no» alle tendopoli e chiedevano al governo di «gestire l’emergenza con senso delle istituzioni». Se ne riparlerà martedì mattina, Berlusconi volerà il giorno prima a Tunisi. In soccorso del governo arriva anche la Chiesa. Il vescovo Mariano Crociata, che è anche il segretario della Cei, spiega che per far fronte all’emergenza di questi giorni, «la Caritas ha individuato 2500 posti in 93 diocesi. Duecento dei quali in una struttura dell’arcidiocesi di Agrigento, che con l’isola di Lampedusa è la diocesi più impegnata». Avverte «come l’individualismo non ci fa andare avanti, è sbagliato anche tra di noi e non solo verso questi uomini che arrivano fuggendo al rischio di morire, persone in pericolo di vita già nei Paesi da dove partono e poi nel viaggio».

Poi, più in generale, monsignor Crociata insiste: «Non possiamo chiudere gli occhi di fronte al volto del prossimo disperato, non possiamo renderci sordi all’appello di chi vive nel bisogno estremo. Purtroppo ho osservato reazioni varie, persino contraddittorie, che dicono che la cultura dell’accoglienza ancora deve crescere».

Intanto, il Consiglio Episcopale fa suo l’auspicio del cardinale presidente Angelo Bagnasco che in Libia «si fermino le armi», anche perché – spiega Crociata – «sono i civili, deboli e inermi, i più esposti di fronte a un intervento armato prolungato». Da parte francese, un rigoroso (e forse imbarazzato) silenzio. Soprattutto per la reprimenda della commissione europea. Vale dunque quello che aveva rimarcato Parigi due giorni fa, ovvero facendo notare come a parere del governo transalpino «gli immigrati in situazione irregolare devono essere rimpatriati nei loro Paesi di origine a partire dal Paese nel quale sono entrati nello spazio Schengen. Noi applichiamo semplicemente il diritto, come definito negli accordi Schengen, la convenzione di Dublino, e l’accordo bilaterale di riammissione bilaterale di Chambery», firmato nel 1997 dai governi di Italia e Francia. La posizione ufficiale era stata messa a punto dal portavoce del ministero degli Esteri francese, Bernard Valero dopo le critiche di Frattini.

Ieri il nostro ministro degli Esteri, dopo la presa di posizione della Ue, si gloriava: «Abbiamo registrato con soddisfazione un passo dell’Ue, con il commissario Malmstrom che ha ricordato alla Francia quali siano gli obblighi di solidarietà europea. Ci auguriamo che la Francia cambierà atteggiamento». Fabrizio dell’Orefice, Il Tempo 2 aprile 2011

…………….Alla lunga ha avuto ragione Berlusconi nei confronti della Francia e a dirlo non è stata la stampa amica del Cavaliere ma L’Unione Europea che ha ammonito la Francia a stare nelle regole. Intanto, a proposito della difesa umanitaria, dalla Libia arriva una notizia che se non riguardasse la morte di 15 persone, farebbe ridere. I ribelli libici, per aiutare i quali (si fa per dire) Francia e Gran Bretagna hannmo armato i loro bombardieri per sganciare bombe e missili sulla Libia,  hanno denuciato ieri che gli aerei alleati hanno sparato bombe e missili sugli stessi ribelli provocando la morte di 15 personfra gli stessi ribelli. Insomma un caso di “fuoco amico” che però dimsotra che le bonbe quando vengono sganciate non si sa dove vanno a colpire. Alla faccia della difesa umanitaria dietro la quale Sarkozy e Cameron hanno nascosto le vere ragioni dell’inmtervento armato, cioè impossessarsi delle immense ricchezze della Libia, e poco importa che per farlo hanno arruolato gli ex sodali di Gheddafi, generali e ministri,  che, pare, siano stati purificati e resi compatibili con la democrazia. Intanto in Siria dopo le parole rassicurandi di Assad il giovane la polizia ha ripreso a sparare sui manfistanti inermi. Si attende trepidanti che Francia e Gran Bretagna impugnino le loro armi anche per assalire la Siria……g.

LA TRAGEDIA DI YARA: LA FAMIGLIA CHIEDE CHE SI SPENGANO I RIFLETTORI

Pubblicato il 2 aprile, 2011 in Costume, Cronaca | No Comments »

Lettera dei genitori: amarezza e sdegno per chi invade il nostro dolore

BREMBATE SOPRA (BERGAMO) – “Vorremmo esprimere pubblicamente il nostro sentimento di amarezza e di sdegno nei confronti di chi, in maniera spasmodica e pressante, continua ad invadere il nostro dolore di famiglia angosciata da un dramma indescrivibile”. Comincia così la lettera affidata all’ANSA in cui la famiglia Gambirasio esprime il suo disappunto per la messa in onda di alcuni video e immagini di Yara, la tredicenne di Brembate Sopra (Bergamo) scomparsa il 26 novembre scorso e trovata uccisa dopo tre mesi in un campo. “Non capiamo e non giustifichiamo questo continuo accanimento giornalistico nella ricerca di fotografie o di video raffiguranti Yara” hanno aggiunto con fermezza papà e mamma Gambirasio, che prima della pubblicazione delle immagini avevano già espresso la loro contrarietà.

“Stiamo cercando di ricostruire un nuovo equilibrio familiare ed il clima che state creando non ci sta aiutando”. E’ questa l’accusa lanciata oggi ai media dalla famiglia di Yara Gambirasio, che sottolinea all’ANSA l’enorme difficoltà che vive dopo il lutto che l’ha colpita, aggravato anche dalla mancanza di un colpevole a quattro mesi dall’omicidio. Questo il testo integrale della lettera: “Vorremmo esprimere pubblicamente il nostro sentimento di amarezza e di sdegno nei confronti di chi, in maniera spasmodica e pressante, continua ad invadere il nostro dolore di famiglia angosciata da un dramma indescrivibile. Non capiamo e non giustifichiamo questo continuo accanimento giornalistico nella ricerca di fotografie o di video raffiguranti nostra figlia Yara. Rimarchiamo la nostra volontà di non autorizzare l’emissione di queste immagini, che ai fini investigativi non sono di alcuna utilità. Vi preghiamo di non nascondervi dietro il paravento del diritto di cronaca, abbiate semplicemente rispetto ed umiltà per la nostra situazione. Stiamo cercando di ricostruire un nuovo equilibrio familiare ed il clima che state creando non ci sta aiutando. Infinitamente grati, Famiglia Gambirasio”. Fonte ANSA, 2 APRILE 2011

LA “MINACCIA” DI MONTEZEMOLO

Pubblicato il 1 aprile, 2011 in Politica | No Comments »

Luca Cordero di Montezemolo dopo tanto titubare ha lanciato la sfida. Si è detto pronto a “scendere in campo” perchè l’Italia, pare, ha bisogno di lui. Chi glielo abbia detto a Montezemolo non si sa, forse lo avrà sognato, ma all’assemblea odierna del sindacato dei poliziotti a cui ha partecipato,  Montezemolo non si è risparmiato nelle critiche distribuite equamente fra tutti ma avendo cura di colpire il bersaglio più grosso, cioè Berlusconi. Berlusconi, ha pontificato Montezemolo, forse ancora convinto di avere le spalle protette dall’Avvocato che però è morto da parecchio, non ha mantenuto le promesse perciò deve andarsene a casa. Ha dimenticato Montezemolo un piccolo particolare e cioè che in democrazia a decretare il ritorno in retrovia agli uomini politici non sono i diktat dell’ultimo arrivato ma la volontà degli elettori a cui spetta decidere attraverso quella cosa che si chiama scheda elettorale. Certo, Montezemolo non è abituato a questa piccolo ma significativo oltre che obbligatorio “passaggio” perchè lui non ne ha avuto mai bisogno avendo avuto cura e preoccupazione di farsi nominare ovunque sia andato  attraverso le alte protezioni di cui ha sempre goduto, ma se vuole occuparsi di politica deve abituarsi all’idea che non è come per gli affari, magari le società dei  treni ad alta velocità  di cui fa parte e che apre non navighino in acque  economicamente tranquille, in politica occorre raccogliere il consenso per poter competere. E, natrualmente, dovrà pure abituarsi all’idea che il consenso non lo forniscono solo gli altolocati amici con cui intrettiene buoni e goderecci rapporti, ma di solito lo forniscono gli elettori la cui grande maggioranza non ha nè i suoi gusti, nè le sue possibilità. Comunque è il caso che Montezemolo ci provi,  così una buona volta la si finirà e la finirà lui pure di usare la sua discesa in campo come una minaccia. In attesa di vederlo all’opera, per il momento registriamo che uno dei maggiori motori di ricerca internet   italiani da tempo effettua sondaggi settimanali per misurare sia pure senza pretesa scientifica gli umori elettorali degli italiani. Tra i nomi su cui Virgilio chiama a votrare c’è anche quello di Montezemolo insieme ad una quindicina di altri nomi, tra politici e no. Il nome di Montezemolo raccoglie settimanalmente tra l’1 e il 2%. Un pò poco rispetto a Berlusconi che negli stessi sondaggi raccoglie non meno del 40% delle preferenze. Ovviamente Montezemolo può sempre sperare nel sorpasso,  del resto è il presidente della Ferrari. Solo che in pista  non  guida lui, perchè altrimenti la Ferrari arriverebbe ultima. g.

GIULIANO AMATO, IL PENSIONATO D’ORO

Pubblicato il 1 aprile, 2011 in Costume | No Comments »

Giuliano Amato? Ha tagliato le pensioni di tutti gli italiani. Ma per lui s’è riservato una pensione d’oro. Alla fine di ogni mese, infatti, incassa la bella cifra di 31.411 euro. Proprio così: 31.411 euro, esattamente 1.047 euro per giorno che il buon Dio manda sulla Terra. Non male per l’uomo per primo ha impugnato le forbici per ridurre le aspirazioni nazionali di serena vecchiaia. Ricordate? Era il 1992. «Così non si può andare avanti, serve una riforma delle pensioni», tuonò l’allora presidente del Consiglio. E la riforma delle pensioni, in effetti, si fece. Amato mandò di traverso il caffellatte ai nonnetti di provincia, spaventò milioni di onesti padri di famiglia. E diede il via all’era della previdenza lacrime&sangue …

…..Sin qui quanto scrive oggi Mario Giordano a propostio di Giuliano Amato. Certo che questo signore, si fa per dire, non prova nè vergogna nè arrossisce quando incassa al giorno ciò che mediamente prende un pensionato italiano al mese. Questo sigbnore, peraltro, non contento di essersi cucito una pensione di 31 mila euro al mese, continua imperterrito  ad arraffare cariche, gettoni, prebende, agevolazioni, facedno finta di servire lo Stato, ma in effetti servendosi dello Stato, spacciandosi per grande statista. Fu siolo la spalla di Craxi che tradì, lasciandolo al suo destino. g.

BERLUSCONI, MITO DI POPOLARITA’ POLITICA

Pubblicato il 1 aprile, 2011 in Politica | No Comments »

Dai giornali di oggi, venerdì 1 aprile

Il Riformista (Peppino Caldarola) - … La piazza che contestò Craxi fu un episodio doloroso per i socialisti e una brutta pagina politica … Il dato politico di quelle giornate, davvero simboliche del crollo di una stagione politica e addirittura di un sistema politico, era il consenso popolare attorno alle manifestazioni più dure della contestazione … I cronisti più attenti hanno segnalato che nella manifestazione di due giorni fa, ripetuta in tono minore ieri mattina e che ha come antecedente i fischi a Silvio Berlusconi nelle giornate del centocinquantesimo, c’era sicuramente una partecipazione organizzata … Berlusconi oggi … riesce ancora a egemonizzare una gran parte delle elettorato di centrodestra che sicuramente scenderebbe in campo a suo favore se lo chiedesse.
Le differenze d’allora sono molte. C’è questo dato di persistente popolarità del presidente del Consiglio … ma soprattutto c’è intatto, … il mito della sua personalità politica … Commetterebbero un grave errore i suoi oppositori se pensassero che le manifestazioni di questi giorni stiano segnalando un arretramento della sua forza e soprattutto una diminuita combattività dei suoi sostenitori. Le ragioni per cui resiste il mito di Berlusconi appartengono anche alle colpe agli errori dei suoi oppositori, ma investono direttamente la natura del processo fondativo della destra italiana che il berlusconismo ha saputo interpretare …

Il Giornale (Mario Giordano) - E Giuliano Amato? Ha tagliato le pensioni di tutti gli italiani. Ma per lui s’è riservato una pensione d’oro. Alla fine di ogni mese, infatti, incassa la bella cifra di 31.411 euro. Proprio così: 31.411 euro, esattamente 1.047 euro per giorno che il buon Dio manda sulla Terra. Non male per l’uomo per primo ha impugnato le forbici per ridurre le aspirazioni nazionali di serena vecchiaia. Ricordate? Era il 1992. «Così non si può andare avanti, serve una riforma delle pensioni», tuonò l’allora presidente del Consiglio. E la riforma delle pensioni, in effetti, si fece. Amato mandò di traverso il caffellatte ai nonnetti di provincia, spaventò milioni di onesti padri di famiglia. E diede il via all’era della previdenza lacrime&sangue …

La Nazione (Franco Cangini) … Troppo alto il capitale di aspettative investito dall’opposizione sulla liquidazione di Berlusconi per via giudiziaria, con o senza accompagnamento di gazzarre di strada. Una liquidazione, quella di Berlusconi messa a rischio non sole dalle contromisure legislative disposte dalla vittima designata, comprensibilmente renitente al supremo sacrificio, ma anche dal dubbio di aver apparecchiato, con le pizzicate e le imminenti udienze del processo Ruby, il palcoscenico ideale per il talento da mattatore del presidente del Consiglio. Tutto considerato, l’uscita di sicurezza dell’appello agli elettori può apparire più promettente che minacciosa a ognuna delle parti in causa …

Il Foglio (Giuliano Ferrara) - … Napolitano rappresenta un esempio di autocontrollo e di rifiuto dell’estremismo verbale. La forza politica è per lui capacità di convincere, disponibilità costante a un confronto che esprime la sicurezza delle proprie opinioni e la solidità dei propri argomenti. È in base a questa premessa che va soppesata la seconda considerazione, dedicata all’opposizione, la cui debolezza non può essere surrogata al Quirinale. In una fase in cui l’opposizione cerca ogni giorno di mostrarsi fortissima e capace di dare spallate al governo, il giudizio di Napolitano appare spiazzante. In realtà è proprio la concentrazione degli sforzi in battaglie ostruzionistiche e in attacchi personali che rende debole l’iniziativa politica dell’opposizione, sempre misurata sul brevissimo periodo, senza peraltro risultati corrispondenti allo sforzo. L’insistente richiesta al Quirinale di bocciare preventivamente le iniziative del governo è una spia di tale difficoltà …

Il Tempo (Alessandro Bertasi) – Quasi tutti i deputati del centrodestra uscivano dall’aula per rilasciare dichiarazioni di fuoco contro la terza carica dello Stato. E tra tutti si distingue proprio l’ex finiano Massimo Corsaro che, apertis verbis, raccontava quello che tutta la maggioranza pensa ormai da molti mesi: «Oggi finisce la storiella di Fini super partes» …

Il Giornale (Alessandro Sallusti) – Oggi fare a pugni con Fini è come sparare sulla Croce Rossa. Il suo Fli nei sondaggi veri è ormai stabile da tempo sotto il tre per cento. Il Pdl ha vinto, il nemico interno è stato smascherato e ora è all’angolo, da Fare Futuro è diventato Senza Futuro. Non è più un problema, anzi, senza Fini in maggioranza le cose non potranno che andare meglio, a partire dalle riforme che l’ex leader di An sosteneva in pubblico e boicottava dietro le quinte …

Libero (Vittorio Feltri) – Abbiamo sempre saputo che le opposizioni sono pronte a tutto pur di sbarazzarsi di Silvio Berlusconi, anche ad allearsi col diavolo, con certi pm affetti da versamento di bile, con cani, porci e serpenti. Diciassette anni di berlusconismo e di feroce antiberlusconismo valgono più di cinque lauree e di dieci master (master veri) alla Bocconi per capire cosa accada nel Palazzo e perché … Il primo a caricare il fucile e ad aprire il fuoco amico (si fa per dire) è stato Gianfranco Fini. E lo ha fatto da cecchino improvvisato e maldestro sparacchiando, senza nemmeno curarsi di nascondersi dietro un comignolo, ogni qualvolta gliene venisse l’estro.

IL LANCIO DELLE MONETINE: LA CATTIVA ABITUDINE DEI COMUNISTI, DA SEMPRE

Pubblicato il 1 aprile, 2011 in Costume, Politica | No Comments »

Il lancio di monetine è la nuvola nera della politica italiana che annuncia i tempi dell’odio a conferma che la sinistra ricorre sempre all’arma totale dell’odio.

La tradizione inizia nel 1971, subito dopo l’elezione di Leone alla presidenza della Repubblica con il voto determinante dell’Msi almirantiano. A farne le spese fu Ugo La Malfa, bersagliato in Transatlantico con monete da cinquanta e cento lire dai parlamentari dell’allora Partito comunista italiano. La Malfa pagò così la sua libertà di scelta e di indipendenza dal richiamo all’antifascismo militante scandito dai banchi comunisti. Fu un atto che introdusse in Parlamento il segno di una guerra totale contro gli avversari, che diventavano nemici da colpire, da delegittimare e da confinare nel recinto degli indegni, dei corrotti e dei traditori. La Malfa era un uomo di sinistra, un liberaldemocratico, un antifascista vero. Pagava però la rottura con il Pci da lui sempre rispettato come forza di opposizione anche se non riformista.

Quello era il Partito comunista che incassava i soldi di Mosca, che si schierava con le campagne pacifiste dalla parte degli interessi geopolitici dell’Urss e che nelle piazze forniva una copertura istituzionale ai movimenti studenteschi e ai loro servizi d’ordine. La violenza doveva essere sempre fascista, anche quando il primo morto della guerra civile era un operaio genovese, Ugo Venturini, un militante missino, un operaio, ammazzato a Genova mentre ascoltava Giorgio Almirante. Quelle monetine segnalano la delegittimazione dell’avversario, la feroce campagna contro Leone, contro il «panfascismo» della Dc, contro il Msi che il magistrato Bianchi d’Espinosa voleva mettere fuori legge.

Furono gli anni di una guerra civile che costò all’Italia il terrorismo rosso, le stragi di cui non si saprà mai la vera responsabilità e la criminalizzazione degli avversarti politici. In quel clima si arrivò al sequestro e all’assassinio di Moro. Ma il Pci perse la partita. Bettino Craxi e i socialisti riformisti lo bloccarono, misero in crisi il compromesso storico, fecero emergere le contraddizioni tra una sinistra extraparlamentare che con l’autonomia operaia si liberava della tutela comunista e un Pci che doveva fare i conti con i demoni della guerra civile che aveva scatenato.

Vent’anni dopo con lo tsunami del giustizialismo attivato dalla Procura di Milano, il Pci regolò i conti con Craxi. Ci fu il lancio di monetine contro il leader socialista davanti al Raphael. E in quei giorni Occhetto assaporava il gusto di una vittoria politica che sembrava imminente. Il Paese reale si mobilitò e Berlusconi, come Craxi, nella primavera del ’94, sconfisse i postcomunisti. Da allora in Italia si è aperto il capitolo della Seconda Repubblica, di una guerra civile fredda che negli ultimi due anni ha raggiunto livelli di vera e propria, forse insanabile, frattura tra due Italie. Quella egemonizzata dai postcomunisti e dai giustizialisti e quella liberale e popolare che si oppone alla repubblica giudiziaria e all’ideologia giacobina del processo come strumento della lotta politica, risorsa delle minoranze faziose e violente.

Il lancio delle monetine contro La Russa e il Parlamenti segna una svolta, che purtroppo nel suo vero significato è sfuggita a molti. È un atto, quello di mercoledì 30 marzo, che annuncia un nuovo inizio dello scontro e costituisce la fase ultima della delegittimazione dell’avversario e del tentativo violento di imporre un cambiamento radicale della guida politica del Paese. Berlusconi è ritenuto dai postcomunisti definitivamente demonizzato e delegittimato. Contro di lui la campagna mediatica, movimentista, indignata, entra nella fase conclusiva. E già in Parlamento si assiste all’union sacrée dell’antiberlusconismo, che imbraccia ancora una volta l’arma della moralizzazione.

  • Leone fu costretto nel ’76 alle dimissioni da una campagna che accusava, lui innocente, di aver incassato le tangenti dello scandalo Lockheed.
  • Craxi, la destra Dc e i partiti laici furono spazzati via da accuse altrettanto infamanti.
  • Berlusconi dovrebbe abbandonare Palazzo Chigi inseguito da processi che ne sancirebbero l’indegnità morale e politica.

Il centrodestra non può certo resistere a questa offensiva in ordine sparso e senza aver chiaro che le prossime settimane saranno decisive. Le Amministrative di maggio si annunciano difficili da superare. Sarkozy in Francia viene travolto nelle Cantonali, così la Merkel in Germania, ma l’opposizione non li ritiene delegittimati e non chiede loro di abbandonare la politica.

In Italia un successo della sinistra provocherebbe una telluricità politica, sociale e civile durissima da affrontare e controllare. La mobilitazione che seguirà per il referendum sul nucleare sarà non molto diversa da quella che annunciò la vittoria dei divorzisti nel referendum del ’75.

Il divorzio allora e il no nucleare dopo Fukushima oggi sono delle ragioni condivise anche dall’elettorato moderato, che crederà di votare contro l’atomo come allora si illuse di votare a favore del divorzio. Ma quel voto sarà utilizzato per tentare la spallata finale contro il centrodestra. Meglio prevedere, meglio attrezzarsi, meglio individuare le linee di resistenza per reggere l’onda d’urto.

I tempi ormai sono stretti e non ammettono indulgenze, diserzioni e moderatismi ispirati dallo spirito di resa.

BOCCHINO: IL TEMERARIO ESTERNATORE

Pubblicato il 1 aprile, 2011 in Politica | No Comments »

Alla presentazione del suo primo e forse ultimo libro, il vicepresidente di Futuro e Libertà, Italo Bocchino, si è lasciato sfuggire un’esternazione temeraria: “Chi è rimasto con Berlusconi – ha detto – ha fatto una scelta perdente“. Al suo fianco c’era, non a caso, Walter Veltroni, uno che di scelte perdenti se ne intende davvero e ha annuito con grande sussiego a una sortita che, benevolmente, può essere derubricata a una battuta malriuscita.

Bocchino forse si è rifatto a quello che qualche decennio fa i britannici dicevano quando la Manica era in tempesta: “Il Continente è isolato”. Fa dunque solo sorridere sentire il vice-leader di un partitino che veleggia tra il 2 e il 3 per cento, e che avrà molti problemi a superare il quorum quando si voterà, giudicare perdente chi ha scelto di rimanere nel partito di maggioranza relativa. Ma Bocchino va preso per quello che è: un simpatico provocatore, nel senso non deteriore del termine.

Dopo l’ubriacatura mediatica che lo rese protagonista della politica italiana, tristemente finita col voto del 14 dicembre in cui l’assalto a Berlusconi naufragò in Parlamento, Bocchino si è ritagliato un ruolo più discreto: in Aula interviene di rado, lasciando il proscenio al capogruppo Della Vedova, ma quando lo fa dimostra di essere sempre lui.

Come nella concitata giornata di ieri, quando Fini ha impedito a quattro ministri di votare facendo bocciare il processo verbale della seduta precedente. Di fronte alle veementi proteste della maggioranza, il vicepresidente di Fli ha ironicamente rimarcato “l’inusuale sospensione del Consiglio dei ministri per far correre i membri del governo in Aula a votare per l’approvazione di un banale verbale della seduta precedente”. Aggiungendo che la maggioranza “ha dimostrato di non avere i numeri”. A parte che la maggioranza i numeri li ha, Bocchino ha omesso di ricordare un particolare imbarazzante, e cioè che se i ministri del governo Berlusconi sono costretti a fare i centometristi tra Palazzo Chigi e Montecitorio per arrivare a votare in tempo è solo perché lui e i suoi compagni di viaggio (ex camerati ma ora compagni) sono passati all’opposizione tradendo il mandato popolare di eletti nel Pdl.

Dopo aver detto, con spavalderia inversamente proporzionale alla reale forza elettorale, che Fli nasceva per riprendere in mano la bandiera autentica ed originaria del Pdl, e dunque delimitandone l’area di azione nel centrodestra, Fini e Bocchino hanno spostato il partito nell’area massimalista-giustizialista, quella cioè a cui fanno riferimento le correnti dell’antiberlusconismo più integralista.

Invece di sparare battute di quart’ordine, Bocchino farebbe meglio a sciogliere un interrogativo politico rimasto per ora senza risposta: Fli è un partito che guarda al centrodestra o resterà federato con Casini e Rutelli nel terzo polo? O è ancora disponibile a fare accordi con Pd, Di Pietro e Vendola? E come potranno coesistere queste opzioni?

Quello che appare in tutta evidenza è che siamo di fronte a una piccola forza senza un preciso dna politico che si aggiunge come ultimo anello alla galassia della sinistra antiberlusconiana. Se il Continente è isolato, insomma, Fini e Bocchino lo sono ancora di più.

PROCESSO BREVE APPROVATO IN SETTE GIORNI: INTERVISTA AL RELATORE PANIZ

Pubblicato il 1 aprile, 2011 in Giustizia | No Comments »

Libero-news.it

A

lla Camera, negli ultimi due giorni, si è vissuto un clima da vero e proprio saloon: è rissa permanente sul processo breve, la legge che prevede un taglio ai tempi per la prescrizione nel caso in cui si è incensurati. Il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, parla del testo con il suo relatore, il parlamentare del Pdl Maurizo Paniz. Il colloquio è andato in onda ne La Telefonata di Mattino 5.

Ci vuole spiegare perché la sua legge divide così tanto maggioranza e opposizione?

Francamente non ne ho idea. Chi conosce la legge sa che è una legge di civiltà che introduce un principio, per effetto del quale gli incensurati vanno trattati in maniera leggermente migliore rispetto ai recidivi. Tutto ciò a differenza di quanto accade ora, perché in questo momento la legge in vigore fa sì che incensurati e recidivi, quanto ai tempi di prescrizione, siano trattati in maniera analoga. Io non credo che sia giusto, perché credo che chi è incensurato abbia diritto a un trattamento diverso da chi è già stato condannato, perché ha una progosi di delinquenzialità che è diversa.

La accusano però di usare due pesi e due misure, e dicono che è incostituzionale questo.

Questa legge interviene su un testo normativo che è in vigore da cinque anni e che divide in tre categorie. La terza è quella dei delinquenti abituali.

Quindi già ora non tutti gli italiani sono uguali davanti alla legge?

Ci sono incensurati e recidivi, messi nella stessa categoria, e poi i delinquenti abituali. Hanno tre trattamenti differenziati. Per i termini di prescrizione è più pesante per i delinquenti abituali. A me pare che trattare nello stesso modo incensurati e recidivi, inseriti nella stessa categoria, sia sbagliato.

Paniz, ma dicono che il suo provvedimento farà andare in archivio 150mila procedimenti giudiziari.

E’ una bugia autentica. In archivio non andrà nessun procedimento. E’ espressamente preciso che la norma non si applichi al secondo o terzo grado, che potrebbero subire una conseguenza letale.

Tipo il caso Tanzi?

Non subiràè nessuna consegueunza. Si applica solo ai processi di primo grado, perché se i processi di primo grado subiscono gli effetti di questa norma vuol dire che sarebbero comunque destinati alla prescrizione. Quindi, dichiararla sei mesi prima o sei mesi dopo agli effetti penali è la stessa identica cosa.

Lei è il realtore di questo disegno di legge. Quando verrà approvato?

Penso nel corso della settimana prossima.

Con altre polemiche immagino?

Io credo che ce ne saranno altre, ma credo che nascano da una situazione di fondo che affonda le sue radici a due o tre anni fa, quando questa legge era nata. Quando è nata ed approvata dal Senato, effettivamente, nel testo originario ammazzava qualche migliaia o forse qualche decina di migliaia di processi. Prevedeva dei tempi stretti per la celebrazione dei processi. Avendo io previsto che questa legge non si applichi più ai processi in corso, questo effetto non si verifica. Credo che molti abbiano un convincimento totalmente sbagliato generato dal convincimento che la legge sia rimasta immutata nell’effetto letale che oggi non c’è più.

Dicono che questa legge serva a Berlusconi per accorciare il suo procedimento. Che risponde?

E’ totalmente indifferente per il presidente Berlusconi. Il processo Mills si prescrive a gennaio dell’anno prossimo. Da qui a gennaio tutti i cittadini italiani sanno che non potrebbero mai essere celebrati tre gradi di processo per il presidente Berlusconi.

E’ impossibile, tecnicamente, arrivare a sentenza definitiva.

E sono già passati undici anni, e non siamo nemmeno vicini alla conclusione del primo grado, e poi mancano anche il secondo e il terzo. La prescrizione sarebbe matematica al gennaio del 2012 senza cambiare alcunché. Quindi dichiararla a gennaio del 2012 o dichiararla a settembre o a maggio del 2011 non cambia assolutamente niente. Per tutti gli altri processi di Berlusconi, il tempo per completarli è talmente lontano, che i giudici fanno in tempo a fare primo, secondo e terzo grado indipendentemente dal fatto che abbiano prescrizione più o meno veloce.

Non si prescrive nulla. Paniz, lei è anche un avvocato. Ma secondo lei in questo clima c’è la possibilità di fare una riforma della giustizia?

Si deve fare la riforma, con il massimo della collaborazione di tutti. Tutti devono capire che i cittadini italiani non sono contenti di come funziona la giustizia oggi.

Ma qualcuno dell’opposizione c’è che ha la disponibilità di parlare con voi per la riforma?

Qualcuno c’è. Anzi, più di qualcuno.

Sul processo breve le hanno detto qualcosa?

Ci sono molte persone che riconoscono a quattr’occhi che è una norma di civiltà assolutamente giusta. Ma ci sono anche considerazioni di carattere politico per le quali si tenta di raggiungere un obiettivo politico, quello della denigrazione della maggioranza, per poter raggiungere qualche risultato mediatico che consenta di dimostrare che questo Stato è ingovernabile. E’ un effetto che però con questa legge non ha nulla a che fare.

LO SCONTRO IN PARLAMENTO, I TORMENTI DI BRLUSCONI

Pubblicato il 1 aprile, 2011 in Politica | No Comments »

L’ultimo sondaggio è di ieri mattina. Sil­vio Berlusconi ha la fiducia del 50 per cento degli italiani. Un re­cord tra gli attuali premier europei il cui gradimento, da Sarkozy alla Merkel, non supera in questi giorni il 20. Eppure il premier ha non pochi tormenti, a partire da quelli che gli procura la sua maggioranza non sempre lucida e conscia che si sta camminando su terreno minato. La Camera è diven­tata un ring nel quale, per di più, l’arbitro Fini tifa per l’avversario. L’opposizione ormai è un manipolo di pro­vocatori che ha definitiva­mente rinunciato a fare po­litica. Capita poi, per com­plicare la situazione, che a qualcuno del centrodestra saltino i nervi. L’altro gior­no è toccato a La Russa, ieri a un deputato che ha lancia­to un palla di giornale ad­dosso a Fini e addirittura al ministro Alfano, uno che la pazienza non l’aveva mai persa, che ha lanciato il suo tesserino di deputato.

Immagini forti, che fan­no alzare gli ascolti di tele­giornali e dibattiti tv. Per l’informazione è una pac­chia. Mentana e Santoro ringraziano, ma oltre non si capisce il senso.

Oggi fare a pugni con Fini è come sparare sulla Croce Rossa. Il suo Fli nei sondag­gi veri è ormai stabile da tempo sotto il tre per cento. Il Pdl ha vinto, il nemico in­terno è stato smascherato e ora è all’angolo, da Fare Fu­t­uro è diventato Senza Futu­ro. Non è più un problema, anzi, senza Fini in maggio­ranza le cose non potranno che andare meglio, a parti­re dalle riforme che l’ex lea­der di An sosteneva in pub­blico e boicottava dietro le quinte.

Al diavolo Fini e i finiani, ci si occupi di governare in un nuovo scenario che pre­vede pari dignità tra il Pdl e quei deputati (e senatori) che con un gesto di respon­sabilità (e perché no, inte­resse) hanno permesso a questa maggioranza di sta­re in piedi e continuare a go­vernare. Tra galantuomini i conti si saldano, anche in termini di poltrone. L’ex mi­nistro Scajola, capo dei mal­pancisti per alcune nomine di uomini non di Forza Ita­lia (tipo lui stesso) se ne fa faccia una ragione. Anche perché quasi otto elettori su dieci del centrodestra non gli hanno perdonato il pa­sticcio della casa vista Co­losseo e non sarebbero quindi felici, per il momen­to, di vederlo tornare al go­verno o al vertice del parti­to.

Anche la Lega, alleato lea­le e decisivo di Berlusconi, ha qualche problema inter­no che si potrebbe riflettere sull’efficienza del governo. La questione dei clandesti­ni è delicata e complicata per tutti ma soprattutto per il Carroccio, partito di go­verno a Roma e di lotta sul territorio, a maggior ragio­ne se si è alla vigilia di una importante tornata elettora­le amministrativa. Passino le dichiarazioni sui giorna­li, ci stanno pure gli slogan ad effetto, ma se il governo si è impegnato a liberare Lampedusa dai clandestini in pochi giorni, nessuno del­la maggioranza può tirarsi indietro o fare valere que­stioni di bottega, costi quel che costi. Soprattutto se si è ministro degli Interni. Se lu­nedì Berlusconi in persona andrà in Tunisia, un moti­vo ci sarà. Forse qualcuno non ha fatto bene o abba­stanza.

…….Siamo pienamente d’accordo con Sallusti. La maggioranza, uomini di governo e semplici deputati o senatori, hanno l’obbligo di mantenere la calma anche se le provocazioni che vengono dalla opposizone sono continue e di quelle che prudono le mani. Ma proprio per questo deve valere un impegno: mani in tasca e bocche cucite. Dalle nostre parti c’è un detto che suona più o meno così: canta tu che il c….o ti sente. Tradotto e calato nella realtà parlamentare che gridino pure alla luna gli oppositori, quel che conta sono i risultati, cioè i provvedimenti portati a casa. E’ chiaro che le opposizioni, rinforzate dall’arrivo nelle retrovie dei fillini e degli udiccini, hanno sposato la tattica del tanto peggio, tanto meglio, ma questa è la tattica dei disperati, di quelli che sanno che la partita l’hanno perso per cui…vada come vada. Ma la maggioranza non deve cadere nella trappola dei provocatori, quelli di dentro e quelli  di fuori, e se per questo deve fare buon viso e cattivo gioco, bene lo faccia. D’altra parte questa è l’unica via che ha la maggioranza per reggere: restare unita e compatta intorno a Berlusconi e se qualche ammalato da sindrome del ritorno (leggi Scaiola) si illude che minando il governo gliene può derivare qualche vantaggio, legga ciò che scritto qualche giorno fa Antonio Carioti su Libero. Ha scritto Carioti che se è bastata la breve assenza da Roma di Berlusconi per vedere scompaginata la maggioranza, figuriamoci cosa accadrebbe se e quando Berlusconi uscisse di scena, per sua scelta o costrettovi.  Scaiola e quanti come lui hanno mal di pancia, si prendano una bella pasticca alla Carosone e se lo facciano passare. Ne va del loro stesso futuro. Anche perchè non è detto che gli elettori continuino ad oltranza a credere, obbedire e combattere. g.

FINI DEVE DIMETTERSI

Pubblicato il 1 aprile, 2011 in Politica | No Comments »

“Bravo presidente Napolitano. L’intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sui capigruppo della Camera è stato utile, necessario e indispensabile. Mi auguro che il presidente abbia colto l’occasione per dare qualche bella tirata d’orecchie per gli eccessi visti in Parlamento in questi giorni, ivi compresi quelli di alcuni rappresentanti di Governo”. Lo afferma il ministro per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli, che aggiunge: “Ma il pesce puzza dalla testa, e non stiamo parlando di quello del Primo di aprile di pesce, ed è evidente che il problema oggi è quello della presidenza della Camera: il presidente Gianfranco Fini ha il dovere di tutelare le minoranze, ma non può tutti i giorni prendere a calci la maggioranza per il suo livore verso Silvio Berlusconi e verso quell’alleanza che lo ha portato ad essere eletto deputato prima e presidente della Camera poi”. “Fino ad oggi le cose sono andate così, ma il non aver consentito ieri a dei ministri, che sono anche deputati e che erano presenti in Aula, di poter esprimere il loro voto rappresenta un vulnus insanabile”, conclude Calderoli, “Per far tornare a funzionare il Parlamento, dopo le necessarie tirate d’orecchie, la soluzione è una sola: il presidente Fini si deve dimettere, stop!”.