Gianfranco Fini si è separato. È alla sua quarta separazione, quasi come Liz Taylor buonanima. Prima chiuse con l’Msi, poi lasciò An, quindi divorziò dal Pdl, ora si separa dal Fli.

Infatti il suo co­gnome non figura più sul citofono accan­to al suo partito consorte alle ammini­s­trative. Fin Laden si è ritirato, non sappiamo se è in allattamento o se ha beneficiato dello scivolo per la pensione anticipata, essendogli universalmente riconosciuta l’invalidità al lavoro. La sinistra non se lo fila più da quando non serve a far cadere Berlusconi e lui non regge il suo partito per la stessa ragione; anche le meteore finiane sono sparite dalla circolazione. Non è più di destra né sinistra, non risul­ta di centro e nemmeno di periferia. Si è rifugiato in Parlistan, l’isola del Parla­mento. Si direbbe apolitico, asettico e for­se atermico.

È rimasto solo antiberlusco­niano viscerale. Per il resto Fini si è ritira­to dalla politica, prosegue gli studi da pri­vatista. Si è messo in proprio, con ditta individuale. Ha aperto uno studio di con­sulenza istituzionale in-Palazzo Monteci­torio e lì svolge la sua attività di libero pro­fessionista, ma aspira a un posto fisso nel­lo Stato. Sbriga il traffico parlamentare e gli ingorghi di 630 deputati, prende il nu­mero di targa degli indisciplinati, rallen­ta qualche disegno di legge, evade la po­sta, forse lavora all’uncinetto e guida le scolaresche in visita a Montecitorio. Pre­senta libri che non ha letto per restare co­erente con i libri che non ha scritto. Il fine settimana fa corsi di abbronzatura inten­siva ed escursioni subacquee; ma non sa che pesci pigliare.

In tv potrebbe dire qualcosa solo sulle previsioni meteo. Non ha una proposta o un’esperienza da far valere, non ha un messaggio da comu­­nicare, al massimo che c’è da spostare una macchina. Se gli nomini il fascismo va in bestia, se gli nomini Berlusconi va in trance satanica. Ma detesta di nasco­sto pure Casini e ne è ricambiato. Lui non sopporta nemmeno i suoi seguaci e vorrebbe sbarazzarsi di loro, dopo averli portati allo sbaraglio. Perciò cova un de­siderio: che Bocchino lo espella dal suo partito. E lo supplica ogni giorno: che fai, mi cacci?