Nei terribili anni di piombo numerosi magistrati sono stati uccisi dal terrorismo rosso, in prevalenza, ma anche dell’estrema destra. A questi eroici difensori dello stato è doveroso rivolgere un ricordo riconoscente, come è avvenuto ieri nel Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo. Anche alla loro azione coraggiosa in difesa della legalità assalita dalla violenza politica si deve la tenuta, in quegli anni, del sistema democratico. Come ha detto Giorgio Napolitano ricordandone il sacrificio al Quirinale, “la loro lealtà fu essenziale” e “la battaglia della giustizia penale contro il terrorismo fu decisiva”. Insieme a loro sono stati uccisi anche esponenti politici, a cominciare da Aldo Moro, giornalisti che non accettavano la vulgata che parlava di “sedicenti” Brigate rosse, poliziotti, imprenditori, persino un sindacalista della tempra di Guido Rossa.

Dedicare la Giornata del ricordo delle vittime del terrorismo in particolare a quelle provenienti dalla magistratura è stata quest’anno una scelta del capo dello stato che, evidentemente, puntava anche a evitare che le polemiche in corso su una parte specifica di questa categoria finissero con l’investire l’intero ordine. Si tratta di una scelta apprezzabile, che tende a creare un clima di maggiore rispetto istituzionale e a contrastare eccessi, come l’assurda identificazione di questi stessi settori della magistratura con quel terrorismo di cui, invece, giudici e magistrati hanno subito i colpi. Dunque Napolitano ha ricordato che, anche in vista delle “riforme necessarie”, bisogna “parlare responsabilmente della magistratura e alla magistratura nella consapevolezza dell’onore che ad essa deve essere reso”. Parole che hanno trovato la piena condivisione di Silvio Berlusconi: “Mi inchino con rispetto e gratitudine per ricordare le vittime del terrorismo, unendomi idealmente alle nobili parole pronunciate dal capo dello stato”.

Le parole di Napolitano, e il clima di responsabilità che hanno generato, servono anche a liquidare equivoci in senso opposto: se è assurda l’equazione tra terroristi e magistratura, lo è parimenti quella suggerita, più o meno implicitamente, da chi vorrebbe far pensare che gli attacchi di carattere politico (o la legittima difesa) del centrodestra ad alcuni settori specifici della magistratura si possano idealmente collegare agli assassini di magistrati perpetrati dai criminali brigatisti. Non sono certo stati i moderati, quelli che oggi sostengono Silvio Berlusconi e il suo governo, a uccidere i magistrati. Rispettare la memoria di giudici e procuratori morti tragicamente significa anche non delegittimare chi critica oggi (con le parole e l’azione politica, non con le armi in pugno) una certa concezione invasiva della giustizia con un apparentamento tanto infame. IL FOGLIO, 10 maggio 2011