Ieri il ministro dell’Economia, che è an­che ministro delle Finanze, Giulio Tre­monti ha chiesto un alleggerimento de­gli eccessi fiscali. Bene,benissimo.Il di­rettore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Be­fera, braccio armato degli esattori di casa nostra, solo una settimana fa aveva scritto ai propri dipendenti di non andarci giù trop­p­o duri nella riscossione delle presunte tas­se non pagate.

Bene, benissimo. Però cerchiamo di non prenderci per i fondelli. Nel 2010 lo Stato ha incassato il 15 per cento in più rispetto all’anno preceden­te, proprio grazie alle nuove misure antieva­sione. Si parla di quasi 9 miliardi di euro pio­vuti nel bilancio dello Stato. Cosa sta succe­dendo dunque? Una cosa molto semplice. Fino a qualche anno fa, anche se è poco elegante dirlo, alcu­ni italiani si aggiustavano il carico fiscale con qualche sotterfugio. Le aliquote sul red­dito e quelle sull’impresa sono proibitive. Si immagini che in Italia esiste un’imposta sulle imprese che si paga anche se si perdo­no quattrini e cresce con il crescere del nu­mero dei propri dipendenti e degli interessi passivi che si pagano in banca. Un cocktail micidiale soprattutto in momenti di crisi, in cui le imprese provano a non licenziare, ma hanno conti in banca sempre più in rosso. Ebbene l’amministrazione finanziaria non ha concesso più sconti.

Ha individuato de­gli strumenti estremamente efficaci per in­cassare il maltolto. Ha infatti preso di mira i due oggetti fisici che più stanno a cuore agli italiani: casa e auto. Se non paghi ti confisco l’una e l’altro. L’uovo di Colombo. A ciò si aggiunga il meccanismo perverso dell’accertamento.Come dice bene il sena­tore-Compagna in un disegno di legge appe­na presentato: si chiama accertamento, ma in realtà è un atto impositivo. Decine di let­tori ci hanno spiegato la pratica. Il funziona­rio pubblico viene in azienda e ti contesta X di imposte evase. Sarà tuo onere dimostra­re che ciò è totalmente falso. E spesso e vo­lentieri conviene chiudere la pratica là, per non finire in Commissione e pagare parcel­le. Il rapporto annuale della Guardia di fi­nanza ha certificato che il 50 per cento degli accertamenti viene annullato dalla giusti­zia tributaria.

Ma non tutti hanno la voglia, la forza, e la cultura per opporsi. Per farla breve il ministro Tremonti ci ha salvato dalla sindrome greca, ma non dal­l’oppressione fiscale. Che pure è sempre stato un suo cavallo di battaglia. Oggi chie­de ciò che ci avrebbe dovuto già dare. Ma soprattutto occorre risolvere un equivoco. A parte la patologia del sistema (il funziona­rio che ci prova, come abbiamo illustrato) le cartelle, e i ruoli esattoriali, insomma i 9 miliardi di euro riscossi nel 2010, non sono mica figli dell’abuso. Sono il risultato di un sistema fiscale onerosissimo. Il ministro delle Finanze chiede giustamente maggio­re rispetto per i contribuenti, ma si dimenti­ca che il rispetto maggiore lo si dà riducen­do un carico insopportabile.

……….Speriamo che Temonti, e non solo lui, legga questo editoriale di Nicola Porro, vice direttore de Il Giornale, che condividiamo dal primo all’ultimo rigo, dalla prima all’ultima parola. Ma non basta. Gli italiani sono oppressi oltre che da un carico fiscale insopportabile, da altri balzelli che rasentano il sistematico ricatto a loro danno. Prendi il sistema assicurativo. Da qualche tempo, tutte le compagnie assicuratrici nel settore automobilistico,  allorchè  a un assicurato capita  un incidente automobilistico  del quale sia ritenuto responsabile o corresponsabile, alla scadenza dell’anno contrattuale riceve la comunicazione di disdetta unilaterale da parte dell’assicurazione. Cioè, le assicurazioni vogliono solo clienti che paghino e che non arrechino alcun “fastidio”, altrimenti lo mandano via. La conseguenza è che il malcapitato è costretto a cambiare assiocurazione e la nuova gli propone (impone!) contratti che vedono moltiplicato per 5, 6, anche 10 volte, il precedente premio. Insopportabile. Dicono le assicurazioni che a tanto sono costrette per via dei tanti falsi incidenti che ci sono in giro, un giro di truffa che le danneggia. E sia. Ma questo non può essere imputabile al cittadino onesto, cioè alla stragrande maggioranza degli automobilisti  i quali pagano l’assicurazione obbigatoria per ricevere in cambio, quando ve ne sia bisogno, assistenza e supporto. Non può essere che le assicurazioni debbano incassare il premio senza fornire servizi. Non sappiamo come si chiami ciò ma di certo non ha a che vedere con qualcosa di corretto. Ecco, anche in questo Tremonti  e il governo hanno il dovere di intervenire. Pena la più ovvia delle conseguenze: la scelta degli automobilisti di evadere l’obbligo assicurativo e affidarsi alla fortuna. E se la fortuna non li assiste,  in caso di incidenti, i costi saranno a  carico dell’erario pubblico. g.