BERLUSCONI IN TV: FERRARA: SBAGLIA. SALLUSTI: FA BENE
Pubblicato il 22 maggio, 2011 in Politica | Nessun commento »
Il presidente Berlusconi dopo aver taciuto per alcuni giorni dopo i risultati del primo turno di Milano e Napoli è nuovamente “sceso in campo” rilasciando interviste e dichiarazioni alle TV e ai canali di comunicazione on line. Apriti cielo. Le opposizioni, con a capo il ringalluzzito Bersan, stanno gridando allo scandalo, non tanto per il merito, quanto per il fatto in sè. Naturalmente Bersani e i soliti grilli parlanti della sinistra non vorrebbero che Berlusconi parlasse e si strappano i capelli (quei pochi che a Bersani sono rimassti in testa…) lamentando la violazione delle regole democratiche. Incredibile. Quando la TV di Stato, pagata con i soldi pubblici, compresi quelli dei milioni di elettori di centro destra, aggredisce il capo del governo e i leader del centro destra con trasmissioni che sono la quintessenza della diffamazione e della calunnia, quando dai microfoni di Anno Zero, Ballarò, Che tempo che fa, i Santoro, i Floris, i Fazio, senza dimenticare la Dandini di Rai 3 e tanti altri ancora, dedicano centinaia di ore all’insulto sistematico di Berlusconi, e all’aggressione violenza del centro destra, va tutto bene, allora si tratta di manifestazioni democratiche del pensiero….ora che è Berlusconi parlare, tutto il ciarpame vetero comunista sfodera la spada della par condicio e naturalmente arruola i tanti super partes che sono sempre e solo dalla loro parte. Per esempio il presidente della RAI, il giornalista Garimberti che si dice sgomento e invoca l’intervento dei vari organismi di controllo per tappare la bocca a Berlusconi. Un gioco che tutti conoscono bene, un gioco sporco che non impedirà al centro destra e al suo leader di dire la propria.
Vi è poi un problema di merito. Cioè le interviste rilasciate da Berlusconi c’è chi sostiene (Giuliano Ferrara) che non siano utili, chi sostiene il contrario (Alessandro Sallusti). Dell’uno e dell’altro pubblichiamo qui di seguito le ragioni offrendole al giudizio e alle valutazioni dei cittadini. g.
Occupare i telegiornali è stato solo un autogol
Ho passato un bel pezzo della mia vita a difendere come potevo e sapevo Berlusconi, a cui ho sempre riconosciuto, in amicizia militante e mai servile, grandissimi meriti storici nel tentativo di tirare fuori l’Italia dalla crisi della Repubblica e dalla rovina della giustizia, e una simpatia di tratto liberale e scanzonato senza eguali; e quando non ero d’accordo, è successo spesso, riprendevo forza ed energia dal modo disgustoso scelto dai suoi avversari per combatterlo. La mostrificazione, la teoria del nemico assoluto,l’orrore del guardonismo giornalistico, della faziosità dispiegata, le accuse forsennate di stragismo, di mafia, accompagnate dalla totale resa al più sinistro spirito forcaiolo: questo mi è sempre bastato per dirmi senza problemi berlusconiano e per prendere il mio posto, costante negli anni, nella battaglia contro la deriva ideologica e di stile della sinistra più scalcinata e ipocrita del mondo, prigioniera di una cultura demagogica che la divorava. Vorrei continuare la corsa, ma se la strada è quella dell’invadenza arrogante a reti unificate, del monologo che umilia gli interlocutori e gli elettori, del semplicismo e del baby talk arrangiato, sciatto, poveramente regressivo, mi manca il fiato. Va bene che Enzo Biagi faceva i suoi show elettorali con Benigni per bastonare il Cav sotto elezioni quando era capo dell’opposizione, ma quale esperto impazzito di marketing politico ha suggerito al premier di presentarsi in tutti i tg come un propagandista, di diminuire la sua autorità e credibilità di presidente del Consiglio e di leader del partito di maggioranza relativa di una grande nazione occidentale con discorsi da bettola strapaesana? Chi gli ha consigliato di perdere all’istante i voti dei cattolici diocesani abbracciando a Milano, dove le intemerate leghiste più sprovvedute non hanno mai attratto consensi, la crociata della lotta a zingaropoli o il trucchetto del trasferimento in terra meneghina di alcuni ministeri romani, subito contraddetto dal sindaco della Capitale? Che cosa può portare il capo di una classe dirigente che dovrebbe puntare su libertà e responsabilità ad avallare, dopo la magra figura dell’attacco ad personam a Pisapia, e senza le dovute scuse, l’idea che la vittoria dell’avversario nella lotta per il Municipio porterebbe terrorismo e bandiere rosse a Palazzo Marino? Perché farsi del male con parole d’ordine primitive, giocando irresponsabilmente la carta dei cosiddetti «valori conservatori» in una offensiva lanciata da gente di governo contro «gay e drogati», una caricatura del motto Dio-patria-e-famiglia, quando quella carta è sempre stata pudicamente scartata quando si doveva giocarla con sensibilità e intelligenza nelle occasioni giuste e per motivi giusti? Spero che la Moratti vinca e che Pisapia perda il ballottaggio, per ovvie e argomentate ragioni politiche e amministrative che si stanno perdendo nei fumi sulfurei di un incendio ideologico senza senso. Ma intanto non voglio che Berlusconi perda la faccia nella contesa, che il suo comprensibile radicalismo politico, il suo accento popolare e diretto nel linguaggio, diventino un incattivito vaniloquio della disperazione. Non lo merita lui e non lo meritano coloro che si sono battuti e si battono per ciò che lui ha rappresentato. Ero incuriosito dal suo silenzio prolungato, dopo il primo turno elettorale, mi auguravo fosse indizio di un ripensamento dopo l’ozio della ragione di questi ultimi tempi, e i vizi e le sconfitte che quell’ozio ha generato. Chiunque conosca Berlusconi e la storia del berlusconismo sa quel che manca a questo punto della parabola: mancano la sicurezza di sé, un minimo di ottimismo, la capacità originaria di sfidare le convenzioni, di fare cose nuove e liberali, di smascherare le ipocrisie altrui, di parlare pianamente e urbanamente anche il linguaggio più irriducibile e aspro, manca il gentile «mi consenta», manca il Berlusconi ilare e sapido che rompe il monopolio dell’informazione, che disintegra ogni forma di conformismo, che spiazza e interloquisce con la società italiana alla sua maniera originaria. Vedo in questa deriva la vittoria dell’avversario di tutti questi anni, e di quello più incarognito e miserabile. Farsi simili alla caricatura che il nemico fa di te è il peggiore errore possibile per un leader politico. È l’errore che può cagionare «l’ultima ruina sua», che lo isola con le tifoserie, che ne avvilisce l’indipendenza intellettuale e di tono, la credibilità personale. GIULIANO FERRARA
Invece ha fatto bene Senza Silvio i rivali in tv segnano a porta vuota
Giuliano Ferrara si pone una domanda fondata, la stessa che diversi lettori-elettori si fanno in queste ore di grande tensione politica. E cioè: fa bene oppure no Berlusconi ad alzare i toni dello scontro con gli avversari, ad usare la tv in modo massiccio, offrendo così il fianco alle critiche? Ferrara, argomentando, giunge alla sofferta conclusione che il Cavaliere sta sbagliando, malconsigliato, a fare quello che fa. Invidio l’intelligenza e l’acutezza politica di Ferrara. Il malaugurato giorno che Vittorio Feltri lasciò questo giornale, l’editore mi chiese se avevo bisogno di qualche cosa per sentirmi più tranquillo. Io risposi senza pensarci due volte: Giuliano Ferrara. Sono stato accontentato e sono certo di aver fatto un regalo ai lettori. Giuliano è esattamente come Berlusconi, non si può prenderne solo un pezzo, quello che di volta in volta più piace. Come tutti gli uomini liberi è un personaggio scomodo, ingombrante, non divisibile. Le analisi di Ferrara non sono mai banali o scontate, il che non vuol dire che per forza debbano essere sottoscritte a prescindere. Di quella che pubblichiamo oggi mi lasciano perplesso un paio di cose. Per esempio che Berlusconi agisca su consiglio di qualcuno. L’uomo conosce il premier meglio e più di quanto lo conosca io, e quindi mi sorprende come possa immaginare che segua i consigli di chicchessia. A me sembra che Berlusconi, da sempre, ascolti tutti, ma poi decida di testa sua. Pensarlo in balia di presunti falchi, come fanno alcuni uomini modesti della sua corte e i giornali dell’opposizione, è semplicemente ridicolo, funzionale a squallide faide interne al partito. Se Berlusconi ha deciso di continuare la campagna elettorale sulla linea dura, dunque, è soltanto farina del suo sacco. Avrà i suoi motivi per farlo e fino a ora l’ha sempre azzeccata, con grande beneficio anche per i cortigiani ora impauriti dall’ipotesi di una prima sconfitta. I quali motivi, peraltro, non mi sembrano poi così misteriosi o complicati. Prendiamo le contestate apparizioni tv dell’altra sera.Eccessive? Forse. Di certo l’opposizione non ha questa necessità, avendo gratuitamente spazi enormi e compiacenti dentro trasmissioni elettoralimascherate da contenitori di giornalismo indipendente. Gli spot di Bersani e Pisapia si chiamano Ballarò , Annozero , Che tempo che fa eccetera eccetera. Sono spot che durano più di qualche minuto, siamo alla pubblicità ingannevole mandata in onda con la complicità dell’Ordine dei giornalisti. Come si fa a riequilibrare una simile ingiustizia? Offrendo l’altra guancia, oppure reclamando con forza prendendosi, là dove possibile, ciò che la malafede ha tolto? Io penso che Berlusconi bene faccia a scegliere la seconda via perché altrimenti a furia di arretrare e tacere la sinistra si prenderà davvero tutto. Faccio un piccolo esempio personale. Ieri sono stato a ritirare il premio di Giornalismo Hemingway, forse il più prestigioso riconoscimento alla nostra professione. Una giuria evidentemente di pazzi l’ha assegnato a maggioranza al Giornale per le sue battaglie dell’ultimo anno. Bene, per protesta, La Repubblica e il Corriere hanno ritirato, fatto senza precedenti, i loro giurati, perché il giornalismo non di sinistra non può e non deve avere diritto di cittadinanza, tantomeno di premio. Di fronte a questo dovremmo tacere o denunciare l’ipocrisia di quell’evidentemente falso difensore della libertà di stampa, ex comunista mascherato da sincero democratico di Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere , già peraltro punito dai suoi lettori che lo stanno abbandonando in percentuali a due cifre? E se scriviamo questo, oggi il suddetto sincero paladino dell’indipendenza dei giornali dai propri editori a chi telefonerà, come gli è uso, per protestare e minacciare sfracelli? No, caro maestro Ferrara, siamo circondati da mascalzoni, alcuni dichiarati (i meno peggio), altri camuffati da persone per bene. Non meritano di essere ricambiati con una moneta diversa da quella che usano loro. Il fatto che tu possa scrivere ciò che davvero credi è la prova che il Giornale ha titolo per ottenere il premio Hemingway. E per dire ciò che pensa sempre. Se poi alla Moratti (o a Maurizio Lupi) non piace, pazienza. Che pensino a vincere le elezioni, che è il loro mestiere, non il nostro. ALESSANDRO SALLUSTI