Silvio Berlusconi Cosa succede se il centrodestra perde Milano? Bisogna porsi questa domanda per capire quanto è fondamentale il voto di domenica prossima. La situazione sotto il Duomo per il Pdl e la Lega è difficile e il problema di fondo ha un nome e un cognome: Letizia Moratti. Il candidato sindaco non convince i meneghini e tutti i tentativi fatti finora di cambiare registro alla campagna elettorale non sembrano portare alcun beneficio. A questo bisogna aggiungere la possibilità tutt’altro che remota di una sconfitta anche a Napoli.

Quali conseguenze può avere tutto questo sul governo nazionale? Quali effetti può creare sulla partita che tra due anni si gioca a Roma, altra città simbolo della destra? Berlusconi ha governato il Paese controllando Milano e non Roma, poi il centrodestra ha centrato l’obiettivo storico del Campidoglio. Sarà così anche domani? A Milano sembra una mission impossible, ma anche a Roma in futuro sarà difficile se il Pdl continuerà ad essere un non-partito. La candidatura sbagliata della Moratti nasce dalla debolezza del partito; e sempre il partito è la causa principale dei problemi della giunta di Gianni Alemanno. Il Pdl dovrebbe essere il luogo di selezione della classe dirigente, nuovi candidati, giovani, quadri alti e intermedi. In realtà è una scatola vuota che viene usata come un centro di smistamento di potere. Punto. Troppo poco per affrontare una potenziale sconfitta. Troppo poco per gestire le tensioni che si apriranno in Parlamento subito dopo il voto. Troppo poco per chi vuole governare fino al 2013. Troppo poco per chi vuol provare a vincere ancora. Ci hanno raccontato la favola bella del «partito leggero» e nel Pd Walter Veltroni a un certo punto arrivò a teorizzare il «partito liquido».

Talmente liquido che al primo scontro arroventato il Pd passò direttamente allo stato gassoso. Del Pdl sappiamo: è appeso alla stampella di Scilipoti e soci. Tutti quelli che a destra e a sinistra sognano un partito americano hanno dimenticato un particolare: Repubblicani e Democratici hanno alle spalle un’organizzazione mostruosa, soldi, volontari, la macchina di internet e uno straordinario strumento di selezione dei candidati chiamato «elezioni primarie». Berlusconi dopo il ballottaggio deve ripartire da qui, dal partito. Se non lo fa, lui chiude per sempre e noi facciamo un titolo finale: la caduta del Cavaliere. Mario Sechi, Il Tempo, 22 maggio 2011

…..E’ una analisi dura ma vera. Il PDL non è nè un partito leggero nè un partito tradizionale, e un non partito, nel quale ciascuno fa quel che vuole, senza regole nè doveri, solo diritti. Quel che è peggio è che ciò provoca la crescita di tanti “caudilli”  di periferia che seduti su di una poltrona per grazia di Dio, se ne sentono i padroni, talvolta credono di essere diventati loro stessi degli dei. Ce ne sono tanti in circolazione. Uno lo conosciamo tutti da vicino. E’ quel tal Schittulli, che dopo essersi seduto sulla poltrona di presidente della Provincia di Bari  grazie esclusivamente ai voti del PDL, da due anni a questa parte è una scheggia impazzita che lavora esclusivamente contro il partito che ha avuto la dissaventura di candidarlo. Ha fondato un movimento che si intitola (in nome della immodestia del personaggio)  a suo nome,  con questo movimento che attinge esclusivamente nel PDL e nei naturali malcontenti che vi imperano    tenta  la concorrenza  al PDL senza che nessuno nel PDL si prenda la briga di trattarlo come merita, ridendogli in faccia e mandandolo  quel paese. Anzi, finiscono per subirne i ricatti e le pruriginose richieste, come è accaduto nelle recenti elezioni amministrative, cedendogli candidature e comuni. Risultato? Esemplare  il caso di  Triggiano dove questo caudillo da operetta ha imposto la “sua” candidata costringendo il PDL a inghiottire il rospo della rinuncia al candidato sindaco nonostnate la sua forza elettorale. La candidata del “caudillo” Schittulli  aveva messo in campo ben 14 liste, una grande “armada” che però alla prova dei voti è stata travolta dal candidato del PD che ha vinto alla grande al primo turno. La grande “armada” ha scritto la Gazzetta si è rivelata un bluff.  Ovviamente per colpa di Schittuli, che  però se l’è presa con i pidedillini triggianesi che avrebbero sabotato la sua pupilla,  ma sopratutto  per colpa della dirigenza del PDL che  dal primo giorno dopo le elezioni del 2009 ha subito i ricatti di Schittulli. E  cedi oggi, cedi domani, non si fa che favorire lo sfaldamento del partito che per reggere deve basarsi sulle regole. E la prima rergola è che chi viene eletto nel PDL non può lavorare contro il partito che lo ha eletto. E quel che accade in Puglia è ciò che accade nle resto dell’Italia. Per esempio nel Lazio dove la signora Polverini, una illustre sconosciuta issata nonostante ciò sulla poltrona di presidente della Regione grazie alla faccia di Berlusconi, si è  messa in proprio e alle ultime amministrative ha presentato nel Lazio liste proprie in concorrenza e in contrapposizione a quelle del PDL. Ecco perchè ha ragione Sechi a porre il problema del ritorno di Berlusocni al partito. O lo rifonda con le regole proprie di un partito, oppure mandi tutti a quel paese, così si vedrà quanto durano senza di lui. g.