SE VUOLE GOVERNARE, L’OPPOSIZIONE DEVE TROVARE PRIMA UNA ALTERNATIVA A BERLUSCONI
Pubblicato il 29 maggio, 2011 in Politica | Nessun commento »
Spero che a Milano e a Napoli vincano i candidati di Berlusconi e di Bossi. C’è un’aria mefitica nella politica italiana, da regolamento di conti. Nonostante gli errori madornali del centrodestra, anche ma non solo in campagna elettorale amministrativa, gli italiani dovrebbero pensarci due volte prima di premiare i modi disgustosi dei faziosi che considerano Berlusconi il «nemico assoluto».Il gruppo Repubblica, padrone ideologico delle opposizioni, e il partito mediatico-giudiziario, testa d’ariete dell’aggressione al premier, hanno fatto di tutto per impedire il regolare funzionamento delle istituzioni, e gridano al tradimento delle istituzioni; hanno gettato fango ogni giorno su chi ha il mandato a governare, e gridano contro la macchina del fango; hanno tentato di paralizzare il paese, e ne denunciano il declino addossandone la responsabilità a un regime che non è mai esistito; hanno organizzato un blocco di tutti gli interessi corporativi, e protestano contro la promessa traditadi una riforma liberale dell’economia; si sono messi sotto i piedi la giustizia, e si atteggiano a paladini della legalità. La loro linea è rozza ma può risultare efficace: è il rovesciamento di tutte le frittate.
Pisapia e De Magistris sono maschere in commedia, e Pisapia è il costume di scena di una recita gentile e perbene. Ma tutti sanno che i due candidati in ballottaggio contro il populismo democratico di Berlusconi e della Lega, in nome di coalizioni ispirate a un incerto populismo borghese e a un pericoloso ribellismo forcaiolo, non sono espressione di un’alternativa di governo seria e responsabile. A Bologna e a Torino hanno vinto i candidati di un Partito democratico vecchio stile, un’opposizione legittima nei modi e nelle politiche. La vocazione propria, o imposta, ai candidati di Milano e Napoli è un’altra: è il programma di liberazione del Paese da ciò che ha storicamente rappresentato la formazione di un centrodestra di governo e di movimento, è la grande avventura senza sbocco del TTB, tutti tranne Berlusconi.
Per raggiungere questo obiettivo non è stato risparmiato un solo colpo, e la risorsa decisiva di cartucce come sempre l’ha fornita lo spirito arrogante e giustizialista dei Pm che fanno comizi in piazza, eleggono i calunniatori professionali a «icona dell’antimafia», propalano la leggenda nera di un potere criminale che trasforma in reato tutto ciò che tocca. Per loro Dominique Strauss-Kahn è un eroe filosofico tutto da capire, e il suo caso mostra la faccia cattiva della giustizia americana, mentre Berlusconi è per definizione Barbablù, anche se contro di lui non c’è altro che una serie di cene scollacciate in stile Drive In, spiate e propalate in una brutale violazionedella legge e della privacy da sistema giudiziario borbonico.
Un imprenditore al governo è un’anomalia,ma Berlusconi ci ha dato il maggioritario, la riforma del mercato del lavoro, i conti a posto in una situazione «alla greca», una buona legge dell’istruzione pubblica per riparare le disennatezze dei pedagoghi e dei baroni di sinistra, e una trasformazione delle basi della politica di cui c’era bisogno in tempi di assalto giustizialista all’autonomia e alla sostanza della democrazia elettiva. Il suo bilancio, nel Paese classico dell’ingovernabilità, è largamente deficitario, ma è un bilancio. Mentre non si può chiamare bilancio quel che non hanno fatto in nove anni di governo (Dini, Prodi I, D’Alema,Amato,Prodi II) i capi dell’Ulivo, sempre in lotta tra loro, lobby contro lobby. In caso di sconfitta, per una volta confermando la diagnosi di Nonno Scalfari («Non è il tipo che se ne va»), Berlusconi ha detto che non se ne andrà e continuerà a battersi. Vedremo come. Vedremo se con una maggiore consapevolezza del fatto che la posta in gioco per il Paese è alta, e il margine di errore si è paurosamente assottigliato. Vedremo se con una auspicabile operazione verità, fondata sui canoni migliori del berlusconismo e della sua ormai quasi ventennale tradizione politica, scenica, psicologica e umana. Quel che è sicuro è che al termine della legislatura, quando non saranno più gli arcobaleni di Pisapia e le piazzate narcisistiche del Pm d’assalto a brillare davanti agli elettori, ma servirà una coalizione politica diversa dalla muta ringhiosa di giornalisti e di lobbisti, le opposizioni dovranno trovarne una seria, di alternativa, se vorranno prevalere secondo le regole del gioco. Il TTB non basterà. Giuliano FERRARA, Il Giornale, 29 maggio 2011