Esistono frasi storiche: “Il dado è tratto”, “Parigi val bene una messa”, ad esempio, autori rispettivamente Giulio Cesare ed Enrico IV. Poi ci sono quelle di ieri sera: “Senza Fini, Berlusconi non vince più”, “Fini non si dimetterà mai”. L’autore è Italo Bocchino, le ha pronunciate a “8 e mezzo”. Che cosa può indurre un uomo a esprimere formule di questa portata universale che rimbalzano di secolo in secolo? Su Cesare che tornava a Roma dalla Gallia e sul Borbone che poneva fine alle guerre di religione in Francia sono stati scritti saggi poderosi. Su Bocchino, mentre gli storici si stanno attrezzando, noi ci permettiamo un paio di appunti.

Immaginiamo la scena. Bocchino esamina con Fini a Montecitorio i dati sulle elezioni. Futuro e Libertà non batte neanche un colpo, dove si è alleata con Casini è riuscita a fargli perdere voti e soprattutto la reputazione. Fini non va bene neanche come secondo, neanche come terzo tra i centristi persino dopo Rutelli. La realtà è questa: con Fini si perde.

Come uscirne? Ecco l’idea: girare la frittata. Invece di constatare che dove ci sono loro bisogna toccare ferro, Fini e Bocchino cercano di riabilitarsi a livello di storia. Essere quelli che fanno perdere Casini è un po’ poco, oggettivamente. Ecco l’idea: atteggiarsi a jettatore cosmico, come una specie di cornetto di san Gennaro all’incontrario di Berlusconi. Se te ne privi, fa perdere.

Altro che nuovo centrodestra, e progetti fantascientifici di conservatorismo gollista: altro che grande leader, ma un ruolo banale da antiberlusconiano, da Travaglio minore, e per Bocchino quello di luogotenente di un disegno meschino. Si noti. Così per consolarsi della disfatta personale si autoinventano come gli autori della vittoria di Pisapia e De Magistris. Complimenti. Pur di dare un senso alla vita, va bene anche il ruolo di ribaltonisti a cui l’insuccesso ha dato alla testa. Al punto da coniare la sentenza: “Fini non si dimetterà mai”. Un mai che rimbalza tra le costellazioni, di secolo in secolo. Qui ci crediamo.essuno ha mai creduto da queste parti che l’uomo fosse capace di dimettersi. Imbullonato alla poltrona, spera invano di far dimettere gli altri. C’è riuscito con Urso e Ronchi.

Non è vero che senza Fini si perde. Con Fini si perde tutto: non solo incarichi ed elezioni, ma anche il decoro, anche il senno. Tutto pur di lasciare la poltrona a lui.