L’IMBROGLIO REFERENDUM: E’ SOLO UN VOTO POLITICO. di Vittorio Feltri
Pubblicato il 10 giugno, 2011 in Politica | Nessun commento »
Nella speranza di dare un colpo al centrodestra, la sinistra ha dissotterrato l’ascia arrugginita del referendum abrogativo. Il pretesto per usarla è cancellare alcune leggi ora sgradite dopo essere state graditissime un po’ a tutti. Nelle ultime settimane Il Giornale ha spiegato come stanno le cose, e non ci sarebbe bisogno di ulteriori chiarimenti se non fosse che la propaganda dei referendari si è fatta martellante. Si andrà alle urne – chi lo vorrà, perché non è obbligatorio – principalmente per mandare una seconda volta in pensione il nucleare, che in Italia non ha mai potuto funzionare.
Negli anni Ottanta costruimmo (a costi abnormi) alcune centrali. Al momento di attivarle e goderne i benefici, esplose un rottame sovietico a Cernobyl per colpa di tre elettrotecnici, uno dei quali ubriaco, che avevano scambiato il reattore per una semplice caldaia. Sembrava la fine del mondo. Viceversa i Paesi civili, non soltanto occidentali, non fecero una piega e perfezionarono i loro impianti, altro che dismetterli. Tutti tranne l’Italia. Che, presa dal panico, corse a votare per bloccare ogni iniziativa atomica. E la bloccò per vent’anni durante i quali, però, consumò regolarmente energia nucleare prodotta all’estero da centrali sorte a pochi chilometri dalle nostre frontiere. Doppia spesa e soldi buttati, giacché in caso di incidenti il pericolo di contaminazione sarebbe stato comunque grave, per noi come per le confinanti nazioni esportatrici di energia. Vabbè. Sorvoliamo.
rriva Berlusconi e ci riprova. Parte la procedura necessaria a rivitalizzare l’ambaradan atomico e si attende l’inizio dei lavori, dopo aver identificato (fra mille grane con le Regioni) i luoghi dove realizzare gli impianti. E rieccoci nel dramma. Nuovo incidente. Dal Giappone giungono notizie sconvolgenti e gonfiate dagli ambientalisti. I quali ne approfittano per lanciare un allarme apocalittico e così il secondo referendum sul nucleare decolla: ovvio, la gente non dispone di informazioni scientifiche esatte e si abbandona alla paura. Il governo se ne rende conto e rinuncia al progetto con una legge denominata moratoria, anziché sospensiva, dato che il linguaggio incomprensibile è più chic.
In sintesi. Domenica si va a votare per abrogare una legge già abrogata. Un’insensatezza? Mica tanto. Perché se vinceranno i referendari, la sinistra dirà che ha perso ancora Berlusconi. Se si tratta di destabilizzare, tutto è buono, anche una consultazione superata dai fatti. Questa è la logica delle opposizioni che, avendo conseguito un risultato positivo nella partita amministrativa, sono persuase di essersi già aggiudicate lo scudetto.
C’è dell’altro. Domenica è in ballo anche il referendum sull’acqua. Si sente puzza di imbroglio. Hanno detto e ripetuto che l’acqua è stata privatizzata nonostante sia un bene pubblico, cioè di tutti. Falso. È stata privatizzata, in minima parte, solamente la rete idrica (le tubazioni, per essere chiari) in quanto glienti pubblici l’hanno gestita talmente male che il 40 per cento dell’acqua non arriva al rubinetto, disperso in mille rivoli per mancanza di adeguata manutenzione.
Niente da fare. Ormai è passato il concetto (campato per aria) che l’acqua se la sono fregata i padroni. Una bischerata. Cui se ne aggiunge una terza, pure oggetto di plebiscito: il legittimo impedimento per ministri e premier, già stravolto se non azzerato dalla Consulta. Consiste nel permettere ai signori del governo, qualora abbiano un impegno istituzionale relativo al loro mandato, di rinviare un’eventuale udienza in tribunale. Dov’è lo scandalo? Inesistente. Eppure anche questa norma, secondo Di Pietro, va depennata. Mah!
Mi fermo qui augurandomi di non avervi tediato. Solo una considerazione. La nostra è una democrazia rappresentativa: eleggiamo al Parlamento i rappresentanti del popolo – potere legislativo – affinché facciano le leggi. Segno che ci fidiamo di loro, altrimenti non li eleggeremmo. Bene. Allora che senso ha il referendum abrogativo il cui effetto può essere – lo dice la parola stessa – quello di vanificare l’attività di coloro che abbiamo delegato a svolgerla? Mistero.
Capirei se introducessimo il referendum propositivo: servirebbe a integrare il lavoro dei deputati e dei senatori. Una consultazione di questo genere sarebbe una ricchezza per la democrazia e non una diminuzione. Poiché, invece, nella presente circostanza il ricorso alle urne è una gagliarda presa in giro dei cittadini, una faccenda di bassa bottega politica, personalmente non ci sto: non andrò a votare. E credo di interpretare il pensiero di parecchi lettori, oltre che la linea del Giornale. Vittorio FELTRI, Il Giornale, 10 giugno 2011