I SANTORO VANNO VIA E LA RAI RISORGERA’….
Pubblicato il 11 giugno, 2011 in Costume, Politica | Nessun commento »
Si dice in giro che sia cominciata l’agonia della Rai.L’uscita di Michele Santoro, spesso vanamente annunciata in passato, stavolta è avvenuta davvero, e vari menagramo colgono in essa i segnali di una catastrofe imminente. Che sarà inevitabile – aggiungono – se oltre al capitano di Annozero dovessero traslocare (a La7) anche Milena Gabanelli, Giovanni Floris, Fabio Fazio e Serena Dandini. Vero o falso? Non sono un aruspice (un indovino) e quindi non mi abbandono a previsioni. Ma, avendo un certo uso di mondo, mi sia consentito guardare al futuro attraverso la lente dell’esperienza.
La Rai- già Eiar- è vecchia come il cucco, però ha ancora una fibra fortissima che le ha permesso di resistere a qualsiasi scossone. Nel corso degli anni ha servito mille padroni, ciascuno dei quali l’ha sfruttata a piacimento, eppure ha conservato la propria credibilità, almeno in parte. La Democrazia cristiana la saccheggiò per anni, approfittando del fatto di essere l’unico partito che comandava. Poi cedette quote di potere ai socialisti cooptati nella maggioranza di centrosinistra ( inizio anni Sessanta) e al Pci che, pur essendo all’opposizione, era in grado di farsi sentire dall’alto di un 25-30 per cento di consensi nel Paese. Dal canale unico degli albori, le reti divennero tre e si aprì il festival della lottizzazione: tre poltrone a te, due a me, una a lui.
L’organico dell’ente radiotelevisivo si gonfiò a dismisura, imbottito di raccomandati, parecchi asini e alcuni (pochi) bravi professionisti. Se oggi vuoi sapere quanti siano i dipendenti del mastodonte «antennuto » devi affidarti a stime giornalistiche: 10mila? 12mila? 13mila? Sempre troppi rispetto alla quantità e alla qualità del servizio offerto. In ogni caso al numero impressionante delle persone a libro paga bisogna sommare la pletora di collaboratori esterni e di produttori autonomi, cioè ditte che vendono alla Rai programmi confezionati. Ora, è impensabile che – considerate le dimensioni di un’azienda simile-lefortune dell’ex monopolio siano legate alla presenza in video di quattro o cinque divi del tipo appunto di Santoro, Gabanelli, Floris, Fazio e Dandini. Sarebbe un assurdo tecnico. Significherebbe che oltre il 90 per cento del personale è puro contorno e ruba lo stipendio. Mi rifiuto di crederlo. Se morto un papa se ne fa un altro, forse si potranno rimpiazzare anche quattro o cinque conduttori per quanto abili siano (cosa sulla quale è lecito discutere, se non altro perché i gusti sono gusti). Ma non è questo il punto. È già successo che taluni big del piccolo schermo, considerati monumenti nazionali, siano spariti dalla circolazione o addirittura dalla faccia della terra.
Sulle prime si è detto: «E adesso che ne sarà di noi poveri orfani?». E giù lacrime. Volete qualche esempio? Corrado, dopo essere stato uno dei padri nobili della radio postbellica, divenne un cardine, un simbolo della televisione garbata, un parente catodico amato e stimato dalle famiglie italiane. Ma anche lui, a un dato momento, fu vittima dell’evento più probabile della vita: la morte. Con lui se ne andò via uno stile cui eravamo abituati e affezionati. La televisione soffrì e lo spettatore anche. Finì un’epoca e sivoltò pagina con qualche rimpianto, ma senza disperazione. Altri uomini e di diversa impostazione esordirono – mi viene in mente Marco Columbro e l’audience non precipitò affatto. E che dire dell’immarcescibile Mike Bongiorno? Lo abbiamo ammirato giovane e americaneggiante presentatore radiofonico e quindi televisivo. Da Lascia o raddoppia? a Rischiatutto ( sorvoliamo sul resto andato in onda sulle reti Mediaset), avevamo maturato la certezza che le nostre serate non avessero senso senza un quiz a premi, ovviamente propinato dal fondatore della tivù d’intrattenimento. Morto anche lui. Ma prima di lui defunse il genere cui era legata la fama di Mike. E veniamo a Pippo Baudo, altro campione. È vivo e vegeto, e ce ne rallegriamo. Però abbiamo scoperto che la nostra esistenza, e quella della Rai, procede decentemente anche se egli ha diradato le sue presenze in video sino a renderle inapprezzabili.
Sicché viene il sospetto che il destino della tivù prescinda da quello degli uomini che la fanno e che la sparizione o il declino di questi coincida con l’esigenza di mutare registro, o almeno di rinnovarlo. Santoro si eclissa o cambia canale? Fazio di trasferisce ad altra emittente o si ritira per godersi i gettoni accumulati? La Dandini va altrove a guadagnarsi i dindini per campare? E chissenefrega. Il mondo non si fermerà, e neppure la mangiatoia di viale Mazzini e dintorni romani smetterà di nutrire i professionisti capaci di condurre programmi più o meno graditi. Massì, siamo sinceri.
A forza di vedere i soliti volti, i soliti ospiti, le solite liti, e di udire le solite sovrapposizioni di voci stridule, le banalità dei soliti satirici, che hanno sostituito gli ideologi, ci siamo stufati. Uffa, che barba, che noia. Dateci qualcosa di diverso e di più eccitante o di più rilassante. Dateci gente fresca che ci accompagni dal dopocena alle braccia di Morfeo con qualche gradevole sorpresa. Coraggio, regalateci un paio d’ore interessanti e poco stressanti. Nossignori. La fine degli spettacoli di Santoro e di tutti i santorini non seppellirà la Rai, ma la aiuterà a rinascere. Più bella e più superba che pria. Sperèm. Vittorio Feltri, 11 giugno 2011