Puntuale come un orologio svizzero la magistratura ir­rompe sulla scena politica. Accade ogni volta che il clima nella maggio­ranza si scalda. L’ultima è stata Ilda Boccassini a ins­e­rirsi con il bunga bunga tra il tentato golpe di Fini e la campagna elettorale delle amministrative. Adesso che Berlusconi torna a scricchiolare è il turno di un’altra grande firma del parco pm, quel Henry John Woodcock da Napo­li, già famoso per inchieste mediaticamente esplosive quanto giudiziariamente inconsistenti. Non lo cono­sco, ma nel mio piccolo ho avuto a che fare con lui quando spedì otto carabi­nieri a Milano per perquisi­re le mie case e il mio uffi­cio. Il reato? Aver scritto un articolo su Emma Marce­gaglia, presidente degli in­dustriali. Sono passati otto mesi e non ho ancora avu­to il piacere di essere inter­rogato. Passati i giorni dei titoloni sul direttore inda­gato tutto è sparito nel bu­c­o nero della giustizia inef­ficiente e politicizzata, ov­viamente a spese nostre.

L’ultima impresa del no­stro magistrato eroe è aver ottenuto gli arresti domici­liari per Luigi Bisignani, un signore tanto sconosciuto dal pubblico quanto noto tra i potenti di ogni colore, ordine e grado. Un lobbi­sta che si muove dietro le quinte da anni con alterne fortune. Secondo Woo­dc­ock era a capo di una log­gia segreta ( P4),di un’asso­ciazione criminale con di­ramazioni nella politica, nelle grandi imprese, nei giornali. Peccato che il gip che doveva autorizzare la più grande retata della sto­ria, lette le carte gli ha dato un gigantesco due di pic­che: bel teorema ma non ci sono le prove. Su dicianno­ve capi di accusa (manca­vano stupro e omicidio) al momento sono rimasti in piedi violazione del segre­to istruttorio e favoreggia­mento. Ma tanto è bastato per fare esplodere la bom­ba mediatica: «Associazio­ne segreta e corruzione, ar­restato Luca Bisignani», ti­tolava ieri il sito del Corrie­re della Sera , distorcendo i fatti, nome compreso.

Prepariamoci quindi a una nuova macelleria me­diatica e a un fiume di car­te il cui contenuto ( le ipote­si dei pm) verranno spac­ciate per verità e sentenze. Un primo obiettivo questa macchina infernale l’ha già ottenuto: gettare om­bre su Gianni Letta (come sull’ex direttore generale della Rai Masi e altri anco­ra), il cui nome risulta nel primo malloppo di docu­menti come amico di Bisi­gnani e percettore di favori non meglio identificati. Tanto per cambiare nel mi­rino c’è il cuore del berlu­sconismo.

Infangare, destabilizza­re, queste sono le ormai note parole d’ordine. In questo caso ammantate dal fascino di una presun­ta società segreta sul mo­dello P2. Che tra l’altro,co­me noto, non è mai stata un’associazione crimina­l­e come da sentenza defini­tiva della Cassazione che mandò completamente assolti tutti gli iscritti. Ave­re rapporti, tessere relazio­ni non è reato. Spiare a ca­so, con intercettazioni tele­foniche e ambientali, nel­la vita delle persone (an­che in quella dei potenti) non sarà reato ma è inde­gno di un paese civile. Co­me sostiene Sgarbi, dob­biamo fare qualche cosa per salvarci dall’oppress­io­ne di una condanna prima del giudizio. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 16 giugno 2011