Caro sindaco di Na­poli, Luigi De Magi­­stris, vorrei avere la cittadinanza na­poletana e spero che lei me la possa concedere. Mi serve allo scopo di par­lare schiettamente della monnezza senza rischia­re di essere accusato di antinapoletanità. Ri­schio che oggi, per me co­me per tutti coloro che ne discutono, è una certez­za. Recentemente ho par­tecipato a una puntata di Annozero. Michele Santo­ro è stato gentile e rispet­toso, in linea di massima, ma quando ho discettato di rifiuti che minacciava­no, già un mese fa, di soffocare la città, ho argui­to che non gradi­va le mie argo­mentazioni. Le solite: bisogna che le ammini­strazioni locali provvedano da sé a smaltire la sozzeria; non possono sempre, oggi co­me anni fa, puntare sul­l’aiuto del governo cen­trale, dello Stato, di altre regioni. Neanche avessi bestemmiato in chiesa. Il conduttore, spazientito, ha commentato: questo significa che tu abbando­neresti volentieri Napoli al suo destino, quello di soccombere all’immon­dizia. Non era questo il senso del mio discorso. Al contrario, ero e sono convinto che in casi di emergenza tutta l’Italia debba intervenire a Na­poli e altrove per dare una mano ai compatrioti in difficoltà. Che cos’è l’emergenza? È un fatto eccezionale che una sin­gola città o regione non è preparata ad affrontare autonomamente. Ma le lordure partenopee non sono assolutamente una calamità che ha colpito al­l’improvviso il Comune. Altrimenti saremmo de­gli incoscienti a non anda­re in soccorso dei fratelli napoletani.

Le suddette lordure purtroppo sono una ma­lattia endemica, fanno parte da qualche lustro della normalità, del pae­saggio vesuviano, esatta­men­te come i pini maritti­mi delle famose cartoline illustrate. Se­gno che i sinda­ci, le giunte e la cittadinanza non sono stati capaci di preve­nire il fenome­no né di repri­merlo e si sono rassegnati a su­birlo, confidan­do­nella collabo­razione di altre ammini­strazioni. Finora in effetti è stato così.

Alcuni anni orsono, Ro­mano Prodi «regnante», esplose il dramma mon­nezza, la stessa situazio­ne odierna. Il governo di centrosinistra, totalmen­te disarmato, fu costretto a prenderne atto, chie­dendo una mano a varie regioni affinché si impe­gnassero a realizzare ciò che la Campania non era in grado di fare: smaltire il grosso della spazzatu­ra. Il che avvenne solo parzialmente. Di lì a po­co, Prodi cadde; e comin­ciò la campagna elettorale, protagonista Silvio Berlusconi, che promise: sistemerò la questione in fretta. Fu di parola. La Protezione civile si prodigò e compì il miracolo. Strade linde, niente più pile di lerciume né cattivi odori.

Trascorsi tre anni, ci risiamo: solita scena, schifezze in ogni luogo. Perché? Ovvio. Come sostenevo all’inizio, un conto è gestire l’emergenza (e il premier la gestì in modo appropriato, col capo della Protezione, Guido Bertolaso), un altro è creare le premesse organizzative affinché non se ne presenti più un’altra. A chi toccava crearle? È evidente. Agli enti territoriali, secondo un modello consolidato e che funziona dalle Alpi alla Sicilia: ogni comunità, dalla più piccola alla più grande, smaltisce i propri rifiuti.

Tutti gli italiani si sono adeguati alla regola eccetto i napoletani. Che sono però le prime vittimedell’inefficienza dei loro rappresentanti democraticamente eletti. Vittime anche della camorra, afferma qualcuno, la quale briga per mantenere lo status quo al fine di ottenere l’appalto (ricco) del trasporto e dell’eliminazione del pattume. Sarà vero? Non sono addentro alla segrete cose della criminalità, ma so che essa nasce e si sviluppa nelle zone in cui il tessuto sociale è marcio. La camorra, come la mozzarella di bufala, è un prodotto campano tipico e non viene importato da Lugano o da Pordenone. Se inoltre analizziamo la grana immondizia sulla base delle cifre a disposizione, ci accorgiamo che la tassa comunale sui rifiuti di Napoli è la più alta d’Italia, però circa l’80 per cento della popolazione la evade, giustificandosi in maniera apparentemente corretta: il servizio non c’è, scemo chi lo paga.

Il concetto è limpido. Ma la riflessione si può rovesciare: finché la gente non paga un servizio, non ne usufruirà mai. Chi è nel giusto e chi sbaglia? Lo chiediamo a lei, signor sindaco, visto che ha vinto le elezioni puntando proprio su questo problema e giurando di risolverlo all’istante. Le ricordo una sua battuta imprudente: votatemi, e in cinque giorni renderò Napoli linda quanto non lo fu mai. Concordo con lei che in campagna elettorale qualche spacconata è lecita. Cinque giorni sono un’inezia? Facciamo dieci. Massì, largheggiamo: quindici. Poi però è necessario fare qualcosa di concreto, tangibile. E lei invece fin qui si è limitato a piagnucolare, dando la colpa a tutti, perfino a Berlusconi, del lerciume che continua a essere l’elemento di maggior spicco in città.

Mi domando come le sia venuto in mente di sbilanciarsi tanto: cinque giorni e vi restituirò la metropoli nel suo splendore. Ma chi credeva di essere,San Gennaro?Tra l’altro lei, bullismo a parte, ha sbandierato una ricetta a suo dire miracolosa, in realtà insensata: imporrò ai napoletani la raccolta differenziata e le sconcezze spariranno.

Termovalorizzatori (inceneritori), neanche a parlarne. Perché danneggiano la salute e sono inutili. Udendo queste sciocchezze le confesso di essere rimasto basito. Un quesito. Diamo per buono che lei sia all’altezza di pretendere la raccolta differenziata. Poi che se ne fa? Dove la nasconde, sotto il tappeto? La getta in mare o nel cratere del Vesuvio? La spedisce a Nichi Vendola? Oppure a Giuliano Pisapia (Roberto Formigoni non se la piglia, si metta il cuore in pace)?

Differenziata o no, l’immondizia o si brucia negli impianti appositi oppure giace lì e, come dice il leghista Matteo Salvini, tocca mangiarla.

Tertium non datur . A meno che lei non abbia in testa un’idea strana che le consiglio subito di accantonare in quanto irrealizzabile: e cioè impacchettare per bene la sporcizia e inviarla in Germaniaperché i tedeschi si incarichino, dietro compenso, a incenerirla. Nell’eventualità, chi salderebbe le fatture? Lo Stato ovvero tutti noi? Se lo scordi.Per quale motivo l’Italia intera sacrifica risorse ingenti per smaltire in casa tonnellate di monnezza, e solo Napoli – dato che a lei non piacciono i termovalorizzatori – reclama il diritto a rifilarla ad altri gratis o comunque a spese della collettività?Caro sindaco, è risaputo che adesso lei attenda fiducioso l’approvazione di un decreto che la tolga dai guai in cui si è ficcato da sé, garantendo ai suoi concittadini di possedere virtù soprannaturali. Può darsi che Berlusconi le venga incontro, e che Bossi mandi giù un’altra palata di pattume, giusto per dimostrare a chi l’ha votata di essere più bravi di lei. Ma se le lanceranno una scialuppa di salvataggio, sappia che è l’ultima. Dopo di che imparerà ad arrangiarsi oppure a ( dignitosamente) dimettersi. VITTORIO FELTRI