Il presupposto lo abbiamo capito: dobbiamo arrivare al pareggio di bilancio entro il 2014 e quindi nei prossimi quattro anni saremo costretti a trovare risorse per circa 47 miliardi di euro. Il perché anche: ce lo chiede l’Europa e se dovessimo sforare, le agenzie di rating (le ormai arcinote Standard & Poor’s e Moody’s) starebbero lì pronte a dirci che non siamo affidabili con la conseguenti inevitabili punizioni (leggi aumento degli interessi da pagare sul debito). Quella che ci manca è una risposta a una domanda che sorge spontanea: ma perché i nostri governanti si accaniscono contro chi arriva a stento a fine mese con una pensione da 1.400 euro e non danno invece una bella sforbiciata ai costi della politica? Domanda retorica. La risposta è facilmente intuibile. Poco difendibile però, soprattutto se si vanno a vedere i numeri. E a questo ci ha pensato la Uil. Il sindacato guidato da Luigi Angeletti che in uno studio elaborato qualche settimana fa, e che Libero aveva pubblicato, metteva nero su bianco una cifra che anche a ripubblicarla ci sembra sbalorditiva: ogni anno i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a 18,3 miliardi; a questi sono da aggiungere i 6,4 dovuti a un sovrabbondante sistema istituzionale. Il totale è: 24,7 miliardi. Circa 646 euro a contribuente. Facendo due calcoli: se per i prossimi quattro anni i politici dimezzassero le spese che ruotano intorno al loro complesso mondo, l’Italia non avrebbe più il problema del deficit e i pensionati dormirebbero sonni molto più tranquilli. Anche perché  non stiamo parlando di una ristretta cerchia di grandi menti che prestano il loro nobile servizio per migliorare la vita dei cittadini, ma di 1,3 milioni di persone che vivono, direttamente o indirettamente, di politica.

I CASI ECLATANTI
Qualche esempio: abbiamo 145 mila tra parlamentari (nazionali ed europei), ministri (e sottosegretari), e amministratori locali (sindaci, presidenti, assessori e consiglieri vari); 24 mila stipendiati nei consigli di amministrazione delle 7 mila società, enti e consorzi delle pubbliche amministrazioni; e una miriade di consulenti e addetti agli uffici di gabinetto.

Tanto per intenderci: il funzionamento degli organi dello Stato centrale (presidenza della Repubblica, presidenza del Consiglio, Camera dei deputati, Senato della Repubblica e Corte Costituzionale) quest’anno ci costa più di 3,2 miliardi di euro. Cento milioni in più servono, invece, per garantire la corretta azione di Regioni, Province e Comuni.  Mentre altri 529 se ne vanno per Corte dei Conti, Consiglio di Stato, Cnel, Csm e Consiglio giustizia amministrativa della Regione Sicilia.

LE PROPOSTE
Obiezione: mica sarà possibile tagliare tutto? Certo che no, ma di spazio per razionalizzare ce n’è e tanto. Qualche spunto ce lo dà la stessa Uil. Lo studio del sindacato evidenzia che “se le Province si limitassero a spendere risorse, soltanto per i compiti stabiliti per legge, il risparmio sarebbe quantificabile in un miliardo e duecento milioni di euro all’anno”. Niente male. E poi continua: “Inoltre, se si accorpassero gli oltre 7.400 Comuni al di sotto dei 15 mila abitanti, il risparmio ammonterebbe a tre miliardi e duecento milioni”. Non stiamo parlando di proposte che arrivano da Marte, ma di provvedimenti annunciati più volte dai politici, sia di destra che di sinistra, che però non hanno mai trovato terreno fertile in Parlamento.  Altri esempi? “basterebbe una più sobria gestione del funzionamento degli uffici regionali – si legge ancora nel documento – per risparmiare altri 1,5 miliardi di euro e oltre 500 milioni l’anno potrebbero arrivare da una razionalizzazione del funzionamento dello Stato centrale e degli uffici periferici”. Del resto il decentramento amministrativo avvenuto in questi anni (si pensi agli esempi dei ministeri del Turismo, dei Giovani, degli Affari regionali e di vari dipartimenti affidati a diversi sottosegretari) dovrebbe andare proprio in questa direzione.

Morale della favola: se l’obiettivo è dare una bella sforbiciata alle spese della casta senza ridurre i servizi ai cittadini, una soluzione si trova. E quella proposta dalla Uil fa al caso nostro: decurtiamo del 20% i 18 miliardi e passa di costi diretti e indiretti della politica e aggiungiamoci i risparmi per l’efficientamento delle istituzioni pubbliche. La somma di 3,7 più 6,4 fa 10 miliardi e passa all’anno. In quattro anni più di 40 miliardi. Non sono i 47 della manovra, ma basterebbero per “zittire” l’Europa e assicurare una vecchiaia tranquilla a chi vive della propria pensione. LIBERO, 4 LUGLIO 2011, di Tobia De Stefano