Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi Cosa pensiamo della manovra l’abbiamo già detto nei giorni scorsi: non ci piace. Con buona pace dei parrucconi che ci vogliono spiegare le leggi del rigore senza aver mai letto Adam Smith e neppure aver visto una sala trading. Con tutto il rispetto, vorremmo giocare un altro campionato e, caro presidente Berlusconi, non si può più dire «non abbiamo mai messo le mani nelle tasche degli italiani». Sta avvenendo. E i suoi elettori se ne sono accorti. Esca dal Palazzo. Ascolti il suo popolo. Siamo sommersi da una valanga di lettere e mail che dicono una cosa sola: «Dovevano tagliare le tasse, stanno facendo le stesse cose di Visco e Prodi. Non li votiamo più». È una rivolta che ha il sapore della delusione e viene dal blocco sociale che ha scelto il Pdl e il centrodestra nelle ultime elezioni. Non sono di sinistra, ma senza un cambio di rotta, quel voto non ci sarà più. Per questo mi auguro che la manovra venga seriamente emendata. Toglie senza dare, tassa senza redistribuire, deprime senza far crescere. I famosi tagli annunciati ai costi della politica sono virtuali. Dovevano spezzare le unghie e i denti alla casta, aspettiamo Godot. La manovra è un’occasione persa e un boomerang elettorale. Non abbiamo pregiudizi, facciamo solo i cronisti, raccontiamo quel che vediamo, ascoltiamo i nostri lettori. Non sono felici di quel che accade. Facciamo qualche modesta proposta: Marlowe auspica un referendum per l’abolizione delle province. Il direttore de Il Tempo è d’accordo e lo appoggia. Chi si farà vivo avrà il nostro piccolo aiuto, ma soprattutto la spinta ben più grande dei milioni di italiani che sono stufi di vestire i panni dei fessi che pagano il conto per i furbi. Avanti con le firme. Mario Sechi, Il Tempo, 7 luglio 2011

..……………..Noi siamo tra quelli che guardano con apprensione mista a delusione a quanto sta accadendo. E non solo per i contenuti della manovra che come sottolinea Sechi “tassa ma non ridistribuisce”, ma ancor più per lo scollamento sempre più evidente all’interno del governo. Intendiamoci, non è in discussione la nostra condivisione dei valori del centrodestra, ma siamo fortemente preoccupati del continuo stillicidio di dichiarazioni a dir poco inopportune   all’interno del governo. L’ultima,  il cretino appioppato da Tremonti a Brunetta. Non entriamo nel merito, anche perchè è sempre difficile stabilire chi ha totalmente torto e chi ha totalmente ragione. Ma è davvero possibile  che membri dello stesso governo non sappiano trovare modi più sobri e più “attinenti” al loro ruolo per dissentire l’uno dall’altro? Dissentire fa parte della democrazia oltre che del diritto di chiunque, purchè avvenga non solo con la sobrietà necessaria, ma anche all’interno dei luoghi deputati a farlo. Dissentire sui contenuti della manovra economica – che non ci piace – è un diritto di Brunetta ma doveva farlo all’interno del Consiglio dei Ministri, contestare il dissenso di Brunetta è altrettanto un diritto di Temonti ma deve farlo nello stesso luogo e usando termini forti, se necessari,  ma rispettosi non solo del collega ma anche di entrambe le loro stesse non contestate intelligenze. Cosa possono pensare gli italiani di due ministri che si beccano come due comari per la strada?  E come possono gli italiani continuare ad avere fiducia in un governo di cui due membri si beccano come comari per la strada? Il momento della fede sino alla morte è finito, ora è l’ora di riconquistare con i fatti il consenso e, soprattuto, la stima degli elettori. g.