Borse e mercati Incrociamo le dita e speriamo che domani i mercati finanziari risparmino all’Italia un lunedì nero. Ma non è facendo gli scongiuri che evitiamo il crac e fermiamo gli speculatori. Basta leggere un po’ di stampa internazionale per capire che il nostro problema è sintetizzabile in due parole: «stabilità» e «credibilità». Se un governo impegna la sua agenda per comporre liti tra fazioni, stabilità e credibilità spariscono per lasciare il posto a «turbolenza» e «fragilità». È il gorgo nel quale sguazzano i pescecani della finanza, quelli che pensano esclusivamente al guadagno netto. Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi l’altroieri ha spiegato che il nostro sistema è solido e che la manovra è un buon pilastro. La sortita di Draghi – prossimo presidente della Bce – serviva a raffreddare le tensioni sul debito e a mettere al sicuro lo Stato (cioè noi) e le banche italiane (alla fine, sempre noi). Tutto questo, ovviamente, non basta. Serve un governo che governi e un’opposizione non demagogica. Mission impossible? Il quadro non è dei migliori. Berlusconi ai guai pendenti ha aggiunto un assegno da 560 milioni da staccare per l’Ingegner De Benedetti, Tremonti deve barcamenarsi con i conti pubblici ma anche con i conti privati di un’inchiesta spinosa che ha coinvolto un suo stretto collaboratore e gettato un’ombra sulla sua persona. Tremonti è una risorsa, ma deve essere inattaccabile o finiamo a carte quarantotto. Silvio e Giulio, i due pilastri (litiganti) del governo sono distratti da vicende che poco hanno a che fare con l’interesse primario dei cittadini e molto (purtroppo) con il privato. A questo dobbiamo aggiungere la balcanizzazione del Pdl (Alfano, pensaci tu), gli attriti con la Lega e l’immaturità dell’opposizione che pensa di fare il gioco del gatto con il topo non capendo che di questo passo tutti saranno topi. In un simile contesto i movimenti di base e un sentimento di antipolitica stanno occupando lo spazio che dovrebbe essere dei partiti. Questo di per sé non è un male, nei momenti di crisi la società civile si auto-organizza e svolge un ruolo di supplenza rispetto alle istituzioni. Ne ho prova tangibile: il nostro appello per abolire le Province viaggia a una media di circa mille messaggi al giorno. Grazie di cuore, e avanti così. Quando leggo cosa scrivono i lettori divento ottimista: alla fine questo è un grande Paese, l’Italia ce la farà.  Mario Sechi, Il Tempo, 10 luglio 2011

.…L’ottimismo di Sechi è contagioso? Speriamo di si, perchè solo una iniezione di ottimismo può aiutarci tutti a soppravivere in queta ondata di incertezza che tutti coinvolge e avvolge. Però, Sechi ha ragione. L’Italia è un grande paese e il meglio di sè lo dà nei momenti più difficili. E’ allora che trova di forza di trovare le soluzioni e risalire la china. Se volgiamo la testa al passato possimo constatare che così è stato sempre. Basta l’esempio del secondo dopoguerra. Eravamo usciti stremati oltre che sconfitti da una guerra costata all’Europa milioni di morti. Eppure in pochi anni riuscimmo a metterci dietro le spalle le macerie della sconfitta e a ricostruire un futuro che apparve prodigo di certezze. E fu il boom economico con la lira che conquistava l’Oscar delle monete. Poi sono venuti gli anni di piombo e il terrorismo che sembrava dovesse travolgere tutto. Anche in quei frangenti il nostro paese e il popolo italiano riuscirono a trovare le ragioni della riscossa e della ripresa, nonostante l’alto scotto di sangue pagato da vittime innocenti di un odio tanto feroce quanto inspiegabile. E siamo ad oggi. Ad una stagione difficile, non soltanto dal punto di vista economico ma anche sociale e morale. Sembra che stiano saltando tutti i parametri del vivere civile e le ragioni del comune sentire. Sono questi i momenti in cui il popolo italiano dà il meglio di sè. Perciò volentieri ci facciamo contagiare dall’ottimismo di Sechi e insieme a lui siamo convinti che l’Italia ce la farà. g.