Forse qualcuno ha capito male, forse il segretario Alfano è stato frainteso, ma nel Pdl c’è una strana aria giustizialista. Quasi che l’invito a costruire il «partito degli onesti» sia stato scambiato con quello di diventare il «partito dei manettari», che è cosa ben diversa se non addirittura opposta. L’onestà infatti prevede certo il rispetto delle leggi e delle regole, ma anche quello delle norme che sono alla base di una democrazia liberale che è cosa diversa da una dittatura giudiziaria o etica.

Diciamo questo perché ci stanno sorprendendo le aperture, incondizionate e in alcuni casi entusiaste, di una parte dei deputati Pdl, alla richiesta di arresto giunte alla Camera (che dovrà approvarle o respingerle) per due onorevoli del centrodestra, Marco Milanese (ex braccio destro del ministro Tremonti) e Alfonso Papa, ex magistrato inquisito nell’inchiesta cosiddetta P4. Una piccola premessa. La richiesta di sbattere i due in galera arriva, in un caso, dallo stesso magistrato (Woodcock), che non tanti anni fa mise in cella Vittorio Emanuele di Savoia. Una operazione spettacolare che tanto per cambiare finì nel nulla. Il mancato re fu infatti prosciolto da tutte le accuse, e non fu l’unico di quella sciagurata inchiesta a subire un ingiusto trattamento.

Vittorio Emanuele non ci è simpatico, il nostro giudizio sugli eredi Savoia, per quello che conta, non è certo lusinghiero. Ma non sono certo questi buoni motivi per vedere di buon occhio i reali al gabbio. Stessa cosa vale per i due deputati Pdl. Dalle carte depositate dai pm emergono fatti e circostanze che non fanno certo onore a loro e alla classe politica che rappresentano. Se si tratta di reati oppure no, a stabilirlo deve essere un giusto e veloce processo. E se al termine dei tre gradi di giudizio risulteranno colpevoli ben venga una condanna esemplare. Ma mi chiedo, e domando agli onorevoli loro colleghi, quale è il motivo per assecondare la frenesia dei Pm di arrestarli prima che la verità sia accertata? La carcerazione preventiva è una pratica barbara, i cui effetti sono stati ben misurati durante la sciagurata stagione di Tangentopoli da un tale Antonio Di Pietro che usò le manette come pratica investigativa: io li sbatto dentro così quelli confessano.

Un Parlamento dalla schiena diritta, un partito degli onesti, dovrebbe opporsi a questa via. Se pensiamo che una persona indagata per omicidio cruento della moglie Melania, Salvatore Parolisi, è a piede libero perché c’è ancora un piccolo dubbio che sia lui l’assassino, non si capisce perché due signori sospettati di aver ricevuto e fatto favori debbano finire in carcere prima di una sentenza.

Il sospetto, che è poi una certezza, è che certi Pm vogliano scorrazzare a loro piacimento dentro la politica. Sono convinto che essere deputato debba essere considerata una aggravante in caso di condanna. Ma anche che i deputati debbono avere una tutela maggiore in fase di inchiesta. Ne va della libertà di tutti noi cittadini elettori. Giocare sulle suggestioni, assecondare l’onda giustizialista può essere davvero pericoloso. Oggi è il turno di due signori discussi, ma se passa il principio domani a chi toccherà? Che i pm indaghino e portino le prove davanti a una corte, senza l’ipocrita aiutino di chi, tra l’altro, non conosce i fatti se non per averli letti (forse) su la Repubblica. Il Giornale, 11 luglio 2011