Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti in Senato Pasticcio. Ho usato questa parola per fotografare il caso Tremonti-Milanese e l’ultimo capitolo dedicato agli spioni. Più va avanti e più siamo di fronte a un guazzabuglio, una sceneggiatura sgangherata sulla quale si cimentano troppe mani. Su una sola cosa non ho dubbi: se la Guardia di Finanza tiene sotto controllo il ministro dell’Economia siamo al delirio istituzionale, perché è uno dei bracci operativi del ministro e, fatta salva l’autonomia dei militari, il suo operato è sottoposto a controllo e valutazione della politica. Per quali fini le Fiamme Gialle avrebbero monitorato la vita di Tremonti? La storia della spiata non sta in piedi, per il semplice motivo che la Gdf non aveva bisogno di trasformarsi in James Bond per sapere cosa fa Giulio: le divise grigie lo scortano tutti i giorni. Sono i suoi angeli custodi. Immagino la risposta: sono i servizi segreti, magari deviati, a tallonare Tremonti. Eccole, le barbe finte. E che impresa. Non c’è bisogno dell’agenzia Pinkerton per sapere cosa fa il ministro: o sta nel suo ufficio in via XX Settembre a Roma o inaugura ministeri del Nord con Bossi o dorme a Pavia o nella Capitale. Che vita hollywoodiana, un tripudio da scannerizzare e intercettare. Nel mio taccuino sono segnati due reali punti deboli: 1. L’affitto della casa in via Campo Marzio a Roma. Una vicenda che Tremonti ha spiegato a tappe e con troppa confusione. Un ministro dell’Economia non alloggia in casa di un suo sottoposto, non paga in contanti e soprattutto si accerta sull’onestà e sulla natura dei redditi di chi lo ospita; 2. La comunicazione in questa vicenda è un fiasco. Il ministro dell’Economia non ha un ufficio stampa credibile, professionale, rigoroso, informato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Mario Sechi, Il Tempo, 31 luglio 2011

……Non lo nascondiamo.  Siamo rimasti per un  verso meravigliati e per altro verso delusi dalla storiaccia che riguarda Temonti. L’uomo non è di quelli che attirano simpatia, sia, e non appaia un paradosso,  per il suo rigore nell’amministrare l’economia italiana, sia per il carattere che si ritrova, che non è dei più facili. Ma, come scriveva Montanelli, un pò per giustificare se stesso, “chi ha carattere ha sempre un brutto carattere”. E Tremonti ha davvero un brutto carattere, tanto da attirarsi l’antipatia di tanti. Però, sinora, a parte il voltafaccia a Segni nelle cui liste era stato eletto per la prima volta alla Camera nel 1994, Tremonti era stato un esempio di correttezza politica e personale. Ora non lo è più. Proprio quando,  per via delle difficoltà in cui si dibatte l’economia italiana,  maggiormente sarebbe servito che il ministro dell’Economia fosse risultato al di sopra di ogni dubbio. Invece la storiaccia dell’intricata vicenda con il deputato Milanese e quella del fitto pagato in nero per l’appartamento occupato al centro di Roma, hanno improvvisamente  creato dubbi e perplessità. Stupore e delusione. Sulla questione, tra gli altri ha posto serie domande Sergio Romano, alle quali Tremonti ha risposto un pò ironizzando, e non er ail caso, un pò sollevando polverosi in una questione già polverosa di suo. Insomma parrebbe che la toppa è apparsa più vistosa del buco, come ha chiosato un deputato dell’opposizione. Specie quando ha tirato in ballo una presunta cosiporaizone della Guardia di Finanza contro di lui. Cosicchè l’ironico Sechi è andato giù duro con l’editoriale di oggi, nel quale non a caso chiosa che mancano solo le barbe finte. In una mascherata che proprio da Temonti non ci aspettavamo, specie quando insinua che il Corpo di cui  egli è il più alto riferimento politico lo avebbe messo sotto controllo. Ci sembra una bufala per nascondere una scivolata del ministro.Peccato. Da Tremonti non ce l’aspettavamo. g.