La casta appare al popolo italiano arrogante e spudorata, ma evidentemente qualcuno, là dentro, deve nutrire insostenibili sensi di colpa. Soltanto così si spiegano i saltuari annunci di questa o quella personalità, che ad un certo punto della propria carriera decide di «dare un segnale»: sono pronto a dare l’esempio, fatemi pure i conti in tasca perché non ho niente da nascondere, sono nella casta però sono casto.

A poche ore dalla chiusura d’agosto, un annuncio clamoroso. Il presidente Napolitano rinuncerà agli aumenti che gli spettano per contratto fino alla fine del mandato, nel 2013. In aggiunta, il capo dello Stato fa sapere che grazie a una gestione rigorosa il bilancio del Quirinale risparmia 56 milioni nel periodo 2006-2011.

Appresa questa notizia, dovremmo sentirci tutti sollevati. Come spiegano alcuni cittadini sui vari blog, «sono segnali importanti, se non altro esprimono la volontà di invertire la rotta», «Napolitano vuole smuovere le coscienze», «sarà poco, ma meglio che nulla».
Cerchiamo di non confonderci: come nazione siamo tendenzialmente abituati a subire e a digerire di tutto, magari mugugnando in sede privata, però c’è un limite. Però non abbiamo l’anello al naso. Sentitamente la collettività ringrazia il presidente Napolitano per il gesto, ma è chiaro che tale resta. Un gesto, punto. Abituati alla finanza faraonica della casta, sappiamo bene che cosa sia un vero taglio e un vero risparmio, il vero rigore e la vera trasparenza. Li aspettiamo da una vita, quando sono reali li riconosciamo al volo.
Presidente Napolitano, senza offesa: come un succulento assist, la sua stoica rinuncia agli aumenti permette facilmente a quella carogna di «Spider Truman», il blogger flagellatore della casta, di quantificare che lei in realtà rinuncia «a 68 euro mensili» (Perfida chiosa: «Gli restano comunque all’incirca 12mila euro»). Quanto al risparmio di 56 milioni negli ultimi anni, è certo positivo: ma come dimenticare che la dotazione del Quirinale resta pur sempre di 228 milioni, contro i 112 dell’Eliseo e i 43 di Buckingham Palace, dica lei, come dimenticare…

Viviamo una totale divaricazione sociale: noi continuiamo ad accumulare rancori e livori contro la casta, la casta continua ineffabile ad accumulare. Poi, quasi a volerci lisciare il pelo, ciclicamente salta fuori un politico a renderci conto per filo e per segno dei suoi averi, pubblicando sulla pubblica piazza (virtuale) l’ammontare del proprio rispettabile e immacolato patrimonio, voce per voce, euro per euro. Dovremmo acclamarli e coprirli di gratitudine, questi martiti della trasparenza. Ma grazie all’opera indefessa dei grandi giornalisti d’inchiesta – il nostro Mario Giordano, Stella e Rizzo del Corriere, tanto per citare i più forti – tutti noi siamo al corrente di quanti e quali «segnali» l’Italia abbia davvero bisogno: a partire dalle istituzioni centrali, per scendere fino agli uffici periferici degli enti locali e del parastato. Di sapere quanto l’onorevole Dagoberto e chiunque altro dichiarino, sinceramente, importa veramente poco, anche perché sappiamo bene come un sacco di bella gente accantoni fortune ingenti, le fortune vere, alla faccia del fisco e della trasparenza. E comunque c’è un’altra faccenda, sempre stranamente sottovalutata: la casta costa troppo anche perché la sua efficienza non è proporzionale ai costi, il che alla fine significa odiarla due volte.

Presidente, si tenga pure i 68 euro d’aumento.

Lei resta comunque un buon presidente. Però, per favore, non ci sottovaluti. Conosciamo l’entità del problema: l’Italia non ha bisogno di simpatici lifting, ma di brutali amputazioni. Il resto è patetica propaganda. Il Giornale, 31 luglio 2011

.…Se è vero che  Napolitano è stato sinora  un buon Presidente, si è giocata la fama con questo annuncio, lanciato dalle agenzie di stampa come se si fosse trattato di una bomba, ed invece non era neppure un petardo.  Che Napolitano rinunci a 68 euro al mese mentre continua ad incassarne netti al mese circa 12 mila,  peraltro al netto, i 12 mila,  dei tanti dolorosi costi che invece affliggono milioni di famiglia italiane, dai costi del gas alla luce, dal telefono all’acqua, etc, etc, appare più una elemosina in Chiesa che qualcosa di cui gli italiani debbano restarne folgorati. E poichè, come ci ha insegnato da ragazzi il catechismo, la vera elemosina è quella che si fa in segreto, con la mano destra che dà senza che lo sappia la mano sinistra, Napolitano poteva rinunciare ai 68 euro al mese di aumento, di qui alla fine del mandato, in tutto neppure 2000 euro, senza sbadierarlo ai quattro venti. Anche perchè di fronte agli sperperi della politica, ai suoi costi, diretti e sopratutto indiretti, quella “rinuncia” di Napolitano, appare più una beffa che qualcosa che possa placare l’animo esacerbato degli italiani ai quali, diciamolo, farebbero comodo anche i 68 euro di aumento al mese che non hanno, anche perchè per molti, come per i pensionati,  è scattato il blocco dell’adeguamento delle pensioni  e par tanti altri è scattato il blocco degli aumenti salariali.  Perciò, sia detto comunque con  il rispetto che si deve alla figura istituzionale, meglio sarebbe stato che la notizia della “dolorosa” rinuncia fosse rimasta segretata negli archivi del Qurinale. g.