I blindati dell’esercito siriano entrati all’alba ad Hama, una delle città simbolo della rivolta in Siria, e hanno compiuto un «massacro»: 100 morti, secondo testimoni diretti, 61 secondo la Cnn, 45 per l’osservatorio siriano per i diritti umani. Quel che è certo è che le granate dei carri armati hanno iniziato a colpire la città 210 chilometri a nord di Damasco con un ritmo di quattro al minuto e i militari hanno sparato a casaccio con le mitragliatrici pesanti contro la gente, travolgendo le barricate erette dagli abitanti. Il risultato sono i corpi di decine di persone, tra le quali donne e bambini, abbandonati per le strade e gli ospedali pieni di feriti, secondo quanto riferito da Abdel Rahmane, presisente dell’Osservatorio siriano per i diritti umani. Ma non solo: i cecchini dell’esercito, riferisce sempre Rahmane, si stanno appostando sui tetti dell’edificio della compagnia elettrica e della prigione.
Un testimone diretto ha riferito di aver assistito ad un vero e proprio «massacro», i morti, ha assicurato, «sono oltre 100». Secondo una tattica tipica delle operazioni di repressione del regime, dall’alba sono state inoltre tagliate acqua ed elettricità nei principali quartieri di Hama. La città paga così un prezzo altissimo per essere diventata uno dei simboli della rivolta e il centro delle manifestazioni ormai quasi permanenti, dove fino a 55 mila persone sono scese in piazza nei mesi scorsi. Hama in realtà era assediata dall’esercito siriano da circa un mese, ma questa mattina sono entrati in azione i tank e le forze di sicurezza intenzionate a stroncare la protesta anti regime alla vigilia del Ramadan. Gli abitanti si erano organizzati con barricate e fortificazioni artigianali, ma è servito a poco di fronte ai carri armati del regime.
Hama è città simbolo della lotta contro il regime in Siria da quando, nel 1982, la durissima repressione di una rivolta ispirata dal movimento dei fratelli musulmani – bandito nel Paese – contro l’allora presidente Hafez al-Assad, provocò la morte di 20mila persone, a inizio mese la città era stata visitata in segno di solidarietà dall’ambasciatore americano Robert Ford. Ansa, 31 luglio 2011

.….E’ una cronaca che ci rimanda indietro di 30 o 40 anni, quando i sovietici reprimevano nel sangue l’anelito alla libertà dei popoli soggiogati dall’impero del male. Invece è la cronaca di poche ore fa, in Siria, l’ultimo avamposto del comunismo reale, dove l’erede di una famiglia di satrapi sanguinari sta tentando di reprimere la voglia di libertà e di democrazia di un popolo che vive in miseria e pur tuttavia è permeato di passione e  di coraggio. Ma non bastano. Occorrerebbe che in suo aiuto accorresse il mondo libero, in primo luogo il popolo europeo, il popolo dell’Europa occidentale,  magari lo stesso che pochi mesi fa in una sola notte ha scatenato una guerra di morte e di distruzione contro la Libia per “salvarla” da Gheddafi. Quell’Europa libera che però di fronte al massacro del popolo siriano,  gira la testa dall’altra parte, fa finta di non vedere e di non sapere del genocidio che è in atto a poche migliia di chilometri dal luoghi sacri della libertà, si chiamino Arco di Trionfo a Parigi, Trafalgar Square a Londra, Porta di Brandeburgo a Berlino, Quirinale a Roma. Già, ci domandiamo dov’è il capo del Qurinale, lo stesso che volle, fortissimamente volle, la guerra contro la Libia, dov’è l’on. Napolitano del quale sinora non si ha notizia di messaggi e di sollecitazioni al nostro ministro della guerra ad armare i bolidi dell’Aereonatica Militare per porre fine al massacro del popolo siriano. Forse che il popolo siriano non merita altrettanta solidarietà di quello libico, forse che il popolo siriano non ha il diritto di essere sottratto alla sanguinosa repressione di cui è oggetto nella sua Patria?  L’Italia che ha festeggiato i 150 anni di unità nazionale e i 150anni di libertà e di democrazia non  può, non deve, sottrarsi all’obbligo morale di aiutare il popolo siriano. g.