La difesa della casta è qualco­sa di politicamente molto scorretto, adesso. E chissà, Gianfranco Fini non ha calcolato forse il rischio di esporsi «a gamba tesa», come accu­sa l’Italia dei Valori, a tutela dei privi­legi. All’ordine del giorno dell’Idv, che chiedeva di abolire per sempre il vitalizio dei deputati, il presidente della Camera ha risposto con uno stop: «inammissibile». Non è possi­bile, ha detto,perché è«incostituzio­nale ». Non ha calcolato Fini in che guaio è andato a infilarsi con questo «no» scandito in ufficio di presiden­za. l’Italia dei Valori ha subito annun­ciato di non votare il bilancio inter­no della Camera, ma soprattutto questo rifiuto all’abolizione del vita­lizio, privilegium privilegiorum , ri­suona davvero come una mossa da rappresentante integralista della ca­sta, e non certo come un comporta­mento da buon riformatore dei vizi di palazzo. E poi non è bastato che Fini abbia correttosuccessivamente: volevadi­re, cioè,che l’idea dei dipietristi è otti­ma, ma che non può valere per la legi­slatura in corso, quanto «per il futu­ro ». Tanto più che l’Italia dei Valori l’ha rosolato a puntino tirando fuori un ordine del giorno identico sulla cancellazione dei vitalizi, presenta­to dallo stesso deputato (Antonio Borghesi) un anno fa, e che non ave­va avuto nessun rifiuto pre- aula, ma era stato discusso nell’emiciclo,sal­vo essere affondato, come immagi­nabile, da più di quattrocento «no». E dunque, perché Fini ha tirato fuori ora la storia dell’incostituzionalità ora e non nel 2010? Insomma, è facile parlare di tagli alle saponette dei bagni e alle auto blu, ma se si va a pizzicare i vitalizi do­rati, nemmeno il fondatore di Futu­ro e Libertà riesce a combattere il ri­chiamo della casta. Va detto che in uf­ficio di presidenza, composto anche da quattro vicepresidenti, tre questo­ri e otto deputati segretari, nessuno l’ha contestato,tutti i rappresentan­ti dei gruppi presenti hanno lasciato correre, ma «la scelta gravissima», per l’Idv,è soprattutto quella di Fini. Nell’ordine del giorno si chiede «la soppressione immediata di ogni forma di assegno» denominato ap­punto vitalizio, di cui un deputato può godere con soli cinque anni di mandato, al compimento dei 65 an­ni di età (60 in relazione alla durata del mandato), e di «destinare la me­desima quota dell’indennità parla­mentare alla gestione separata pres­so l’Inps». Si propone in sostanza di equiparare, almeno da questo pun­to di vista, un deputato a un cittadi­no normale. Secondo i promotori, questo intervento garantirebbe un risparmio per la Camera di circa 100 milioni di euro l’anno. Ogni parlamentare versa mille e sei euro al mese per il vitalizio. La pensione-premio va da un minimo di 2.486 a un massimo di 7460 euro al mese, circa il triplo di quella percepi­ta dai colleghi europei. La precisazio­ne succes­siva di Fini è stata una retro­marcia che ha solo complicato le co­se: la scelta sull’ordine del giorno del­l’I­talia dei Valori è stata fatta conside­rando il metodo, «ovviamente pre­scindendo da qualsiasi giudizio di merito che potrà, (e a mio avviso do­vrà) esserevalutatodalleforzepoliti­che attraverso conseguenti iniziati­ve legislative». Il metodo sarebbe appunto l’inter­vento anche sugli assegni in corso, coneffettoretroattivo, perché, haob­biettato Fini, «in contrasto con i prin­cipi generali posti dalla giurispru­denza della Corte Costituzionale». Ma a Fini si potrebbe obbiettare che l’ultima manovra economica, per esempio, è intervenuta sulle pensio­ni in essere, nel caso dei tagli a quelle superiori ai 90mila euro, e quindi non sarebbe uno scandalo attuare fin da subito il taglio all’assegno per­petuo, tantopiù che l’ultima relazio­ne annuale dell’Inps dice che la me­tà delle pensioni percepite dagli ita­liani è sotto i 500 euro. «Altro che metodo!- è stata la repli­ca conro Fini del capogruppo del­­l’Italia dei Valori Massimo Donadi ­L’ordine del giorno dell’Idv è stato re­spinto per la paura d­i sostenere le cri­tiche dell’opinione pubblica nel boc­ciarlo »,in aula,qualora fosse andato al voto e non fosse stato congelato prima, come è invece avvenuto. In serata il questore della Camera Anto­nio Mazzocchi (Pdl) ha poi chiarito che«l’ufficio di presidenza di Monte­citorio ha deliberato la sostituzione dell`attuale istituto del vitalizio a de­correre dalla prossima legislatura, con un nuovo sistema previdenzia­le, analogo a quello previsto per la ge­neralità dei lavoratori ».Insomma,la stangata degli assegni perpetui ri­guarderà i prossimi parlamentari. E sarà affare del futuro presidente del­la Camera. Emanuela Fontana, Il Giornale, 3 agosto 2011
……L’articolo non ha bisogno di commenti. Si sa che Fini è solito predicare bene e razzolare male. Specie quando in campo ci sono i suoi personali interessi. Perchè è lui il primo che, destinato come Bertinotti a sedere ai giardinetti dopo la fine dell’attuale legiuslatura,  vedrebbe sfumare benefici e vantaggi e quindi si  preoccupa di tutelare il suo “futuro”. Intanto si ha notizia che la Regione Lazio ha “affossato” la delibera con cui si intendevano  coprire  d’oro i dirigenti dell’Ente: ora della delibera nessuno si dice padre e nemmeno orfano. Semplicemente hanno tentato e il colpo non è riuscito. Per cui …alla prossima. g.