QUEL PATTO NON RISPETTATO, l’editoriale di Mario Sechi
Pubblicato il 15 agosto, 2011 in Politica | Nessun commento »
Il patto tra contribuente e Stato è uno dei pilastri sul quale poggia la democrazia. Deve essere chiaro, netto, duraturo. Così lo Stato può gestire le entrate e le spese necessarie per svolgere i suoi compiti fondamentali, mentre il cittadino può condurre la sua vita da buon padre di famiglia. Questo patto è scritto nei codici. Quando un Parlamento discute e vota una legge in materia fiscale deve sempre avere in mente di non violare questo accordo, di non disporre del suo potere in maniera dispotica e ingiusta. Purtroppo nella manovra approvata l’altro ieri il patto si è rotto. Il governo ha deciso che la platea di contribuenti più onesta, seria e virtuosa, quella che dichiara i redditi e si piega a una pressione fiscale superiore di tre punti alla media europea, deve pagare ancora di più. Lo Stato che oggi detiene il record mondiale di gabelle sulla persona fisica, con un colpo di mano ha cambiato le regole del gioco. Che ora si fa pesantissimo. Provo a spiegare perché. Ogni famiglia misura il suo stile di vita sulla capacità di reddito. I suoi guadagni servono a comprare una casa, pagarne il mutuo, provvedere alla crescita dei figli, curarsi, acquistare beni, vestiti, cibo, cultura, viaggiare, investire sul talento. Il patto tra cittadino e Stato deve essere certo e duraturo, affinché le famiglie possano prendere decisioni di medio-lungo termine, cioè programmare investimenti in beni materiali o immateriali come, per esempio, un’alta educazione per i figli. Ma lo Stato improvvisamente taglia questa certezza. Ha bisogno urgente di risorse. E invece di studiare riforme strutturali sulla spesa, scovare l’evasione e far emergere fiscalmente i patrimoni non tassati a dovere, decide che il contribuente onesto non va premiato ma punito riducendo la sua capacità di spesa.
Cosa succederà? Molte famiglie taglieranno i consumi. Sicuro. Altre però non potranno farlo perché avevano già preso degli impegni commisurati al proprio reddito. Chi ha un mutuo dovrà continuare a pagarlo, chi ha figli che studiano all’estero o in una università privata cercherà di non interrompere la loro formazione. Sono esempi di spese incomprimibili. Risultato: molte famiglie oneste del ceto medio-alto nel 2012 non solo taglieranno i consumi – con effetto recessivo sull’economia – ma al momento di liquidare le supertasse dovranno o intaccare i propri risparmi o perfino indebitarsi. È questo il mondo reale dell’economia, di chi paga le tasse, fa il suo dovere e si vede offeso e umiliato da una politica incapace di mantenere i patti. Mario Sechi, Il Tempo, 15 agosto 2011
……………E’ vero, l’ulteriore stangata sul ceto medio, la spina dorsale del Paese e, sopratutto, la spina dorsale dell’elettorato di centrodestra, davvero non la si può mandare giù. Così come non va giù l’annuncio di tagli alla politica che, pur pochi e insufficienti, decorerranno, comunque, dal prosismo turno elettorale. Sino ad allora c’è tempo, come il passato ci ha insegnato, per annacquare i tagli e se non proprio eliminarli, renderli del tutto inutili, cioè vanificarli. Il presidente del Consiglio ha l’occasione per dimostrare che il suo contratto con gli italiani non era aria fritta e che al “suo” elettorato egli deve la correttezza del rispetto dei patti. In sede parlamentare provveda lì dove le alchimie del consiglio dei ministri non ha potuto: tagli tutte le provincie, inutili e sprecone; elimini sprechi e benefici per la classe dei politici, restituisca alla politica il valore del “servizio”, colpisca gli evasori e i mantenuti di stato, privatizzi la Rai e ponga fine ai contratti milionari per subrette e conduttori che sono offesa violenta al popolo degli elettori. Lo faccia se vuole rimanere nella storia e non solo nella croanca. g.