DI FRANCESCO DAMATO

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi Va bene che i tribunali sono chiusi per ferie, ma è assordante il silenzio sceso improvvisamente sui processi di Silvio Berlusconi. A nessuno degli avversari del presidente del Consiglio viene più la voglia di rimproverargli la vicenda Mills o quella di Ruby. D’un tratto gli antiberlusconiani hanno scoperto la possibilità di sconfiggere il Cavaliere con le armi proprie della politica, e non più con quelle improprie e odiose della giustizia di parte. Certa sinistra assapora già il gusto di vedere l’avversario – se si ricandida – bocciato dagli elettori sul tema spinosissimo delle tasse al prossimo appuntamento con le urne.
Berlusconi, per quanto danneggiato oggettivamente anche da vicende estranee alla sua volontà e responsabilità, dal terremoto in Abruzzo all’esplosione di una crisi economica di dimensioni planetarie, si è infilato in una serie di errori politici che rischiano di costargli carissimo. Prima è caduto nelle provocazioni di Gianfranco Fini perdendo un pezzo di maggioranza e di partito. Poi si è disinteressato della gestione del suo movimento politico ricorrendo forse troppo tardi alla scelta di un segretario politico. Infine si è lasciato imporre non tanto dall’Unione Europea quanto da Giulio Tremonti e da Umberto Bossi due manovre fiscali in un mese che lo hanno fatto entrare clamorosamente in collisione con il ceto medio e, più in generale, con i suoi elettori: quel “Popolo della Libertà” che poi è anche il nome del suo partito. Il Tempo, 18 agosto 2011