Borse europee, operatori al lavoro a Francoforte O la borsa o la vita. Questa è la scelta che abbiamo di fronte. E un’altra non esiste. Chi cerca la terza via è un povero illuso. Stiamo navigando in un mare in tempesta, e allora siamo obbligati a fare un rapido punto nave per capire dove stiamo andando. I grandi trend sono essenzialmente tre: l’America è in declino, l’Europa affonda e l’Asia si prepara a dominare.
Sono direttrici della Storia che la classe politica e una fetta enorme del ceto intellettuale occidentale stentano a comprendere, addirittura le considera inaccettabili. Ma la realtà delle cose non lascia scampo. Ieri il mercato ha dato l’ennesima prova di essere dominato da «animal spirits» che se ne infischiano di quello che pensano, dicono e fanno i politici. Stati Uniti ed Europa sono due grandi malati. Il presidente Obama è ridotto a fare i comizi in campagna, con alle spalle un trattore che sembra uscito dall’Ottocento, per inseguire i voti di un’America rurale devastata dalla globalizzazione dei mercati. La cancelliera Merkel e il presidente Sarkozy hanno preso un caffè a Parigi e senza prendere alcuna decisione operativa hanno già fatto suonare la campana a morto per l’euro.
È una situazione grave per il Vecchio continente, tanto che il settimanale Time ha titolato così la copertina dell’ultimo numero: «Declino e caduta dell’Europa». Il mondo è dominato da forze sempre più indipendenti dai governi e dunque dalla volontà popolare. Andiamo scrivendo da almeno un anno su questo giornale che senza un radicale cambiamento della politica economica globale e un ricambio della leadership finiremo tutti contro gli scogli. Ieri sul Financial Times Jeffrey Sachs, professore della Columbia University, ha scritto un bellissimo articolo sul «grande fallimento della globalizzazione». Improvvisamente stanno venendo al dunque tutti i problemi rinviati: la politica macroeconomica ha fallito nel creare posti di lavoro e non risponde più ad alcun valore sociale positivo, favorendo solo la classe dei super ricchi, come testimoniato dall’intervento di Warren Buffett l’altroieri. Di fronte a uno scenario così grave, l’Europa spera ancora che gli Stati Uniti trovino una via d’uscita ai loro problemi e salvino così anche il Vecchio Continente.
È un’illusione. L’America non è più l’America, e rischia addirittura una doppia recessione. L’Europa in queste condizioni rischia lo sfascio. Ci vorrebbero leader che hanno lo stomaco e il coraggio per salvare l’euro, ma per ora all’orizzonte non s’è visto nessuno. Per la prima volta negli ultimi sei mesi una grande banca europea ha cominciato ad acquistare dollari al posto dell’euro: 500 milioni al tasso fisso dell’1,1 per cento. È un segnale. Significa che la fiducia in quella che era l’unica forza dell’Europa, cioè la sua moneta, sta scricchiolando, e il bigliettone verde è destinato a tornare – nonostante gli americani facciano di tutto per tenerlo basso – l’incontrastata moneta di riferimento dei mercati. Le borse ieri hanno guardato a uno scenario economico più che politico, gli operatori sono nervosi, la parola d’ordine è panico, improvvisamente il mercato dei prestiti interbancari ha cominciato a raffreddarsi e la parola tanto temuta da tutti è “freezing”, “congelamento”, cioè il momento in cui nessuno compra e vende denaro, il blocco totale del sistema del credito. Era già successo con la crisi dei mutui subprime, la crisi di liquidità fece schiantare in pochi giorni i colossi del credito che non avevano più soldi per ricoprire le loro posizioni esposte nel mercato della finanza creativa.
A differenza della recessione del 2008 siamo in una prospettiva persino peggiore: non c’è nessuna bolla da far scoppiare. Morgan Stanley ieri ha sfornato un report in cui vede la crescita globale al 3,9 e non al 4,2. I mercati hanno registrato la cifra e hanno cominciato a vendere i titoli della Old economy: chi produce cemento, acciaio, materie prime legate al mondo delle infrastrutture e dell’edilizia ha visto deprezzare le sue azioni. Stiamo assistendo a una partita a poker in cui tutti mentono e i governi non riescono a uscire dalla spirale del debito, degli stimoli fiscali a tempo, delle agenzie di rating che ne condizionano le politiche fiscali ed economiche, tutte concentrate sui bilanci e completamente assenti sul fronte della creazione di ricchezza e lavoro. Se questo è lo scenario – e potete star tranquilli che è così – il governo italiano si sta letteralmente impiccando da solo. Né la maggioranza né l’opposizione hanno compreso che è arrivato il momento di fare altro.
È inutile mettersi col calcolatore a varare manovre che non risolvono il problema del debito, ma al limite solo del deficit. Al posto di Berlusconi io avrei bussato alle porte dell’Europa e avrei detto: toc toc, è permesso? Cari Sarkozy e Merkel, ma non vi siete accorti che stiamo affondando? E tu, cara Angela, com’è possibile che dici “no” a una politica europea comune di salvataggio, chiudi la porta agli eurobond, e ti sia dimenticata della storia della Germania? Non ricordi come siete usciti dalla seconda guerra mondiale? Ti dice niente la parola Piano Marshall? E non ricordi chi ti ha pagato la riunificazione dopo la caduta del muro di Berlino?

Tu puoi, insieme a Nicolas, decidere di non decidere, lasciare che l’euro si sfasci, introdurre due monete nel Vecchio Continente; ma allora cari amici di Parigi e Berlino, io vi dico che preferiamo cavarcela facendo le nostre scelte, consultandoci con gli amici del Club Med, la Grecia, la Spagna il Portogallo e gli altri che pensano stiate sbagliando e proviamo un’altra via. Quale? Quella del rigore, certo, ma anche quella che prevede la crescita, lo sviluppo, la creazione di lavoro per i nostri giovani e per le famiglie. Falliremo? Non lo sappiamo, ma almeno saremo liberi di fare crac un po’ più tardi invece che subito per effetto della politica della vostra Banca centrale e delle vostre piccole idee. Tra la borsa e la vita, scusateci, scegliamo la vita.  Mario Sechi, Il Tempo, 19 agosto 2011

.………..L’editoriale di Sechi è stato scritto prima ancora che riaprissero le Borse e di nuovo queste  affondassero, dall’Ovest all’Est, investite come  da uno tsunami inarrestabile. E mentre le Borse affondano il duo Merkel e Sarkozy continuano imperterriti a conclamarsi padroni delle scelte di tutti. Ieri sera un “uomo della strada”, non un esperto di economia e finanza,  diceva le stesse cose che oggi scrive Sechi sul Tempo. Bisogna impedire al duo Merkel e Sarkozy di  affondare l’Europa e con essa i Paesi che talvolta senza crederci hanno imboccato la strada dell’euro. Bisogna che ai due venga tolta la leadsership europa che si sono presa senza che nessuno gliela abbia mai affidata, e occorre farlo prima che sia troppo tardi. E prima che sia troppo tardi occorre che ciascuno faccia la sua parte. Anche l’Italia, il suo governo, la sua opposizione. Mentre tutto crolla intorno a noi, non si può continuare a giocare a tamburello, rilanciandosi a vicenda accuse e contraccuse, senza tentare di trovare intese reciproche che rinviino a tempi successivi la disputa politica ed elettorale. Il Parlamento riesamini la manovra, la ritocchi lì dove appare zoppicante e inadeguata. L’altro ieri Montezemolo ha proposto di vendere la Rai, privatizzandola: è una buon idea. In nessun Paese al mondo, ad incominciare dalla democraticissima America,  esiste una TV di Stato con tre canali che si fanno concorrenza tra loro, sperperando quattrini ed energie. Si impedisca che l’egoismo “padano” intralci riforme strutturali come la eliminazione delle pensioni di anzianità che tanto male hanno fatto alle casse dello Stato e come la eliminazione di tutte le Provincie, come sostiene oggi sul Giornale il deputato PDL Santo Versace, sia perchè fonte di sprechi, sia perchè  la loro eliminzione era prevista dalla riforma regionale del 1970: dopo 40 anni è tempo di rispettare la legge. Lo stesso  Versace sostiene anche che utile e opportuno sarebbe l’accorpamento dei Comuni sino a 25 mila abitanti come accade  in altri paesi europei. Non è una cattiva idea sia sul piano economico, sia sul piano della riduzione di sprechi e disperdimento di risorse.   E poi i costi della politica e della casta. I timidi provvedimenti assunti,  e qualcuno solo annunciato,   sono poca cosa. Basta leggere le inchieste giornalistiche . assolutamente bipartisan – per rendersi conto che ci troviamo di fronte a pozzi senza fondo nel quale si nascondono  privilegi e benefici tenuti sinora accuratamente nascosti e difesi da tutti, senza eccezioni, perchè tutta la “casta” vi trova il proprio tornaconto. Non occorrono leggi speciali o riforme costituzionali per eliminare privilegi e benefici che oggi più che mai appaiono insulti alla gente comune che ogni giorno deve rimboccarsi le maniche per far quadrare i bisogni della propria famiglia. Bastano la volontà e una legislazione “normale”  g.