Una delle guerre più stupide e sporche della storia europea cominciò con una sequela di menzogne, parte delle quali timbrate dalle Nazioni Unite, parte subite nell’ignavia della comunità internazionale: bisogna difendere i civili da Gheddafi, bisogna riscattare un paese in cui il de­stino dell’opposizione pri­maverile sono le fosse comu­ni (inesistenti, si trattava di un cimitero marino), biso­g­na cacciare un tiranno stra­tegicamente pericoloso per la pace nel Mediterraneo, ma non daremo la caccia a Gheddafi, vogliamo solo pro­teggere i diritti di coloro che lo combattono, gente solida e affidabile che garantisce un futuro di pace e di democrazia per la Libia. Saddam Hussein era effettivamente un tiranno fuorilegge da anni nella comunità internazionale, un signore della tortura che non piantava le sue ten­d­e e le sue amazzoni nei centri storici di Roma e Pa­rigi, che non faceva affari, se non loschi e clandesti­ni, con l’occidente, che era stato dichiarato fuori­legge per avere tentato di accaparrarsi il Kuwait, per avere stermina­to curdi e sciiti con armi di distru­zione di massa, per aver progetta­to il n­ucleare militare finché Israe­le con un blitz non distrusse il suo sogno e il nostro incubo del reatto­re di Ozirak, detto anche O-Chi­rac. E dietro la guerra a Baghdad, costata molto agli iracheni e agli americani e combattuta anche con il sacrificio di migliaia di vite di soldati eroici dell’Occidente in reazione politica dopo l’11 settem­bre, non c’erano le menzogne del­l’Onu e le farneticazioni della rive gauche parigina, non c’erano le bestialità umanitarie che cercano penosamente di coprire il bagno di sangue clanistico e tribale in corso in Libia con la nostra fattiva complicità,c’era un manifesto po­litico delle libertà civili nel mondo islamico, c’era il riscatto costitu­zionale di un popolo vissuto per trentaquattro anni all’ombra di un socialismo arabo del terrore e della repressione più spietata. Co­me in Siria, dove l’umanitarismo non penetra chissà perché. Avete per caso visto un manife­stante pacifista di quelli indignati contro la «guerra per il petrolio», che non ha portato una goccia di petrolio nelle casse imperialiste e ha lasciato l’oro nero finalmente nelle casse di uno stato ricostruito secondo giustizia, ribellarsi alla vera guerra del petrolio, per di più cinica e levantina perché non era in discussione la giugulare petroli­fera libica ma solo le condizioni di forza tra diversi paesi europei per il suo accaparramento? Avete let­to qualcuno dei commentatori malmostosi e insinceri del dolore iracheno scrivere con toni indi­gnati del carattere neocoloniale, assurdo, surreale e sanguinario, della guerra dei cieli che la Nato è stata portata a combattere senza una strategia chiara, senza un sen­so politico accettabile, con un di­spendio vano e crudele di risorse dall’alto che ha imposto la feroce, lunga carneficina in corso? La guerra in Iraq aveva piegato quel vecchio capo tribale, quel mascalzone di Tripoli, e lo aveva convinto a trasformarsi in uomo d’affari, a eliminare i programmi di riarmo non convenzionale, a mettersi sotto la tutela delle diplo­mazie e delle cancellerie occiden­tali. La guerra giusta aveva inflitto una sconfitta strategica definitiva al clan Gheddafi, bisognava solo lavorare per un cambio di regime politico con mezzi politici. Ma l’iperattivista Sarkozy e l’inesper­to pupo del numero 10 di Dow­ning Street non potevano aspetta­re, avevano bisogno di muovere lo scacchiere e farsi belli di qual­che decina di migliaia di morti a scopo umanitario. Così il paese, la Francia, che aveva diviso l’Occi­dente davanti a un pericolo reale, Saddam, e a una missione leale, ha trascinato l’Europa e purtrop­po una riluttante Italia minore, con la solida eccezione della Ger­mania, in una insidiosa avventura che al meglio è destinata a sostitui­re Gheddafi con i gheddafiani, al peggio è candidata a procurarci un’altra bella Somalia nella quar­ta sponda. Può succedere che la politica di potenza abbia risvegli da incubo, e produca menzogne belluine, ma che l’opinione pubblica «de­mocratica e pacifista e antimpe­rialista » abbia subito tutto questo, con rare eccezioni,e che abbia ac­comp­agnato l’avventurismo euro­peo con una palese esibizione del doppio standard, due pesi e due misure, è un’ombra che peserà sulla nostra storia, e sui nostri ef­fettivi interessi strategici, per mol­ti anni a venire. Il Giornale, 29 agosto 2011