Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi Toghe, banche e luci rosse. Raccontiamo un Paese impazzito che ha deciso di frantumare se stesso nel vortice delle intercettazioni, delle spiate, delle relazioni scosciate e istituzioni ammosciate. Mi chiedo dove sia finita la ragion di Stato, quella che distingue una società tribale da una comunità civile. Non c’è niente di simile in tutto l’Occidente: una nazione intenta a pugnalarsi, a cercare l’eliminazione dell’avversario con mezzi non convenzionali, a sfasciare la propria casa e poi fare salti di gioia. Nerone incendiò Roma, noi stiamo dando fuoco alle polveri per far saltare tutto.
Berlusconi ha commesso molti errori, ma il martellamento giudiziario a cui è stato sottoposto è qualcosa di mostruoso. Non lo auguro a nessuno. Quando il voyeurismo e la pornografia escono dalla camera da letto per diventare atto giudiziario, quando la ghigliottina prende il posto della giustizia, quando le Vite degli Altri diventano gogna e basso istinto collettivo, allora scorre il sangue. Da tempo scrivo che per la storia personale di Silvio Berlusconi e quella collettiva del berlusconismo va pensato e messo in atto un soft landing, un atterraggio morbido. Parole vane. Unipol, metafora del Berlusconi presunto colpevole. L’accusa chiede l’archiviazione. No, il giudice terzo, decide che va processato lo stesso. Uomo nero. Alla sbarra. È il desiderio psicotico di vedere la vicenda umana e politica del Cav chiudersi nel modo più violento, a pietrate. La grandinata di sassi domani finirà in faccia ai lanciatori di oggi, ma nessuno vuol vedere l’epilogo da sterminio di massa. I verbali e le centomila intercettazioni sono una scarica di mitra non sulla libertà di Berlusconi, ma su quella di tutti i cittadini.
Oggi a lui, capro espiatorio dei mali nazionali, domani a un altro. E via così, in una roulette russa che non risparmierà nessuno. Rischiamo il downgrade del debito pubblico ad horas, siamo seduti su una bomba contabile da 1900 miliardi e l’Italia con pazza allegria si rotola nel fango tra pizzi, merletti e complotti. Mario Sechi, Il Tempo, 16 settembre 2011

..………….Il Capo dello Stato, l’ex comunista Napolitano, da Bucarest ha rivolto un accorato appello, l’ennesimo, alla coesione nazionale, alla necessità di uno sforzo comune, alla opportunità di trovare le ragioni dello stare insieme, per salvare l’Italia dalla crisi. Napolitano si rivolge agli italiani che, si sa, sono figli di mamma e perciò non mancheranno di raccogliere l’appello. E’ vero, imprecheranno oggi, domani, dopodomani, per l’immancabile impennata dei prezzi che seguirà alla manovra bis approvata dalla Camera ieri l’altro, ma poi, come sempre, si rimboccherranno le maniche, stringeranno la cinghia e continueranno a lavorare,  per sè e anche per gli altri, compresa la “casta” che anche questa volta pare l’abbia fatta franca. Gli unici che pare non siano intenzionati a raccogliere l’appello di Napolitano sono certi magistrati di “prima linea” i quali perseguono un unico obiettivo, distruggere Berluscponi che con tutte le colpe che può aver commesso, di certo passerà alla storia per essere l’italiano più perseguitato dalla giustizia. Napolitano è il presidnete del Consiglio Superiore della Magistratura, nella sua veste di  Capo dello Stato, ha quindi i titoli e l’autorià morale per chiedere oltre che agli italiani, anche ai  super italiani, cioè ai giudici di “prima linea”,  di fare la loro parte e senza pretendere di esentare Berlusconi dal dover rispondere come tutti alla Magistratura, gli si eviti quella che appare una mostruosa persecuzione giudiziaria, come sostiene Mario Sechi a ragion veduta. Lo farà Napolitano? Lo attendiamo alla prova di una effettiva imparzialità, perchè altrimenti saremmo autorizzati a ritenere che in Italia ci sono due categorie: quella a cui si può rivolgere l’appello alla coesione nazionale e  e qualle a cui è consentito di fare il contraro, cioè contribuire a sfasciare ciò che resta dello Stato. g.