Mentre scrivo, è scaduto da sette minuti l’ultimatum della Procura di Napoli. Sono le 20.07, è partito il conto alla rovescia per l’accompagnamento coatto del fellone di Palazzo Chigi minacciato qualche giorno fa dalla buoncostume vesuviana. Le telefonate hard ci sono, lo sputtanamento pure, Arcore è circondata, la Arcuri è santa ma forse no, fuori i reggicalze, tutti dentro. È un’inchiesta Wonderbra e come in tutte le meraviglie ci sarà il colpo di scena. Vedremo i carabinieri giungere da Napoli con ordini perentori? No, prima le toghe dovranno chiedere l’autorizzazione alla Camera per ascoltare quella che per convenienza investigativa chiamano «la vittima» ma la trattano da imputato. L’Unione delle Camere Penali ha definito bene la scena: «Giocano al gatto con il topo». E saremmo la culla del diritto. Dentro Papa, fuori/dentro Milanese e ora l’attesa per la richiestona che taglia la testa al toro di Arcore, l’accompagnamento coatto di Silvio.
Quando il voyerismo e la pornografia da B-movie diventano atto giudiziario, siamo alla frutta congelata. Berlusconi ci prova, se ne infischia di tutelare la sua vita privata, fa casino. Non sono disponibili filmati (chissà, in futuro), abbiamo solo letto e ascoltato. Basta e avanza per dire che è un pasticcione. Ma ridicolo è anche il gruppo di Interceptor alla Pummarola che ascolta, mette nero su bianco un copione da Edwige Fenech e Alvaro Vitali e non si fa neppure sfiorare il cervello dal dubbio che lo scosciato pedinamento istituzionale e prostituzionale è un boomerang che dirotta il Paese verso la lotta tribale. Nessuna ragion di Stato. A Napoli traboccano di camorristi, ma vuoi mettere l’emozione di occuparsi di un’inchiesta sulla cui competenza territoriale incombono dei legittimi dubbi? Verbali desnudi. Altro che rating, spread, default. Chissenefrega, il dizionario in procura non è quello finanziario: vai col fetish. Coatto, mi raccomando. Mario Sechi, Il Tempo, 19 settembre 2011