CASO TARANTINI: LA COMPETENZA E’ DI ROMA, E ORA CHI PAGA?
Pubblicato il 21 settembre, 2011 in Giustizia, Politica | Nessun commento »
E adesso chi paga? Il duo Woodcock-Lepore non aveva titolo per indagare sul trio Berlusconi-Tarantini-Lavitola, caso che peraltro non esiste mancando la parte lesa. La marea di telefonate spiate, sbobinate e consegnate ai giornali sono frutto di una illegalità, e non ci voleva la sentenza emessa ieri dal Gip per capirlo. Noi che non abbiamo studiato legge lo avevamo scritto il primo giorno: se i fatti sono avvenuti tra Bari, Roma e Milano, che c’entra la Procura di Napoli? Nulla, appunto. Altro che accompagnamento coatto di Berlusconi.
Ma agli zelanti Pm che importa, l’obiettivo politico e mediatico, complici stampa e tv, è raggiunto. Sul campo restano le devastazioni all’uomo Berlusconi,violentato nel suo privato, e qualche milione di euro bruciato per via del trambusto provocato sui mercati dall’ipotesi di un premier in manette, sacrificato sull’altare dell’arroganza di magistrati arrivisti, e di commentatori faziosi e in malafede. Questa, in ordine di tempo, è soltanto l’ultima di una lunga serie di bravate e furbate della magistratura di parte. Perché neppure il più sprovveduto di noi poteva non sapere come sarebbe andata a finire l’inchiesta di Napoli, nata sull’imbroglio del premier intercettato illegalmente, cioè senza l’autorizzazione del Parlamento. Mancava il reato, mancava la competenza.
Solo chiacchiere al telefono che se ascoltate casualmente ( non si capisce come) avrebbero dovuto incanalarsi in ben altri percorsi giudiziari, nei quali sarebbero state trattate con diversa cautela. Come quella, per esempio,adottata dal procuratore di Bari sul caso D’Addario e che ora, proprio per avere usato le pinze, si trova indagato. Già, perché chi non chiede l’arresto del premier al primo squillo di escort, chi non spiattella intercettazioni ancora calde di telefono alla stampa, deve per forza essere complice del presidente del Consiglio e della sua banda di malfattori.
Eppure non sempre i Pm cauti finiscono sotto inchiesta. Per esempio, non una escort o un faccendiere ma l’allora sindaco di Milano, Gabriele Albertini (oltre a questo Giornale ), sei anni fa segnalarono con forza alla Procura di Milano che l’acquisto delle quote Serravalle da parte di Penati, leader della sinistra, era molto ma molto sospetto. Bene, che fece la Procura? Nulla, che è molto meno di essere cauti. Semplicemente girò lo sguardo dall’altra parte. Oggi, sei anni dopo, sappiamo che quella vicenda era uno scandalo enorme: tangenti all’area Pd, sperpero di soldi pubblici.
Quei procuratori e i loro vice sono stati forse puniti, indagati per manifesta complicità o incapacità? Macché, sono al loro posto, come se nulla fosse. Nel frattempo però la stessa Procura ha prodotto oltre centoventimila intercettazioni sul caso Ruby e sugli ospiti privati di Berlusconi ad Arcore. Prenderanno pure una medaglia. Quella giusta sarebbe di tolla, come la loro faccia. Il Giornale, 21 settembre 2011