La carogna è in agguato. Quan­do muore un animale politico, un’ideologia,una passione civi­le, lascia la carcassa con i suoi miasmi. Finisce un’idea, resta un rancore. Dopo il comunismo viene il carognismo. Vedo crescere il carogni­smo intorno a noi. L’antico spirito di guerra civi­le, l’odio e il disprezzo assoluto verso chi non è dalla parte tua, il proposito di eliminarlo si inca­rogni­scono quando non hai un movente positi­vo e costruttivo, ma solo la sua carcassa, cioè re­sta il suo involucro di negazione e si sprigiona il gas mefitico della distruzione. Questo accade nei nostri giorni e non parlo solo della caccia al premier.

Dico, per esempio, la censura e il rogo per Falce e Carrello, che documenta i malaffari delle Coop e le loro sinistre protezioni, sono l’ultimo segnale inquietante. Il carognismo non entra nel merito dei dati e non contrappo­ne altri documenti, no,chiede la riduzione del­­l’altro a cenere e silenzio. O il killeraggio incivi­le del ministro Sacconi impiccato a una battuta e umiliato, offeso e trattato da Sofri su Repub­bli­ca come un volgare demente e additato alla fe­rocia del pubblico come un losco servo della re­azione.

O per farvi un esempio più piccolo e più vici­no, gli insulti, le aggressioni incivili che ho subi­to per aver raccontato semplicemente la verità storica su una pagina bieca dell’ Avanti e di Per­tini: quell’elogio infame di Stalin,dittatore san­guinario. La reazione non è stata di confutarlo, anche perché così evidente da non poterlo fa­re, e nemmeno un’assurda ma coerente difesa di Stalin, (di cui esistono ancora da Bologna a Savona vie Stalingrado). No, solo insulti e mi­nacce, non ti permettere, non osare di sporca­re il suo nome purissimo, vergognati, tu ignobi­le, tu venduto.

Mi era già capitato una volta a Ge­nova in un convegno su Pertini, dove avevo ri­cordato accanto alle luci, le sue ombre e nessu­­no le contestava sul piano storico, no: chiedeva­no semplicemente di togliermi la parola, rumo­reggiavano, qualcuno inveiva. E la volta succes­siva che tornai in quella città i nipoti dei predet­ti compagni assediarono l’università per non farmi presentare un libro. Sono episodi che se fossero accaduti a parti invertite, avremmo mobilitazioni mediatiche e culturali, agitazioni politico-sindacali. Non esiste qualcuno che possa avere idee diverse dalle loro e attingere a fonti storiche da loro ignorate; no, è sempre e solo, per definizione e a priori, un servo losco, un mercenario. Quel che spaventa è il dispositivo mentale che è alla base: se non la pensa come noi, eliminatelo, non fatelo parlare, bruciategli i libri, non fate circolare le sue idee o semplicemente i fatti che racconta. Di questa condanna a morte civile ne sanno qualcosa gli autori non allineati, total­mente cancellati dal carognismo culturale.

Non mi interessa stabilire se sia un residuo o un rigurgito di comunismo, di estremismo gia­cobino, di brigatismo o altro. La definizione riassuntiva è carognismo. Ai tempi di Stalin o delle Br si eliminava fisicamente il nemico, e poi magari lo si faceva sparire anche dalle foto; oggi lo si elimina mediaticamente, politica­mente, giudiziariamente, culturalmente. Mi spaventa che ciò accada e abbia anche un suo consistente pubblico, eccitato dagli agitatori. C’è un carognismo passivo e un carognismo at­tivo. Se il carognismo spaventa, il pilatismo scon­forta. Mi riferisco al silenzio ossequioso e omer­­toso degli altri, quelli di mezzo, appena interrot­to da isolati e defilati vocii di dissenso. Temono di essere accusati di complicità col Male, e allo­ra tacciono.

È lo stesso meccanismo del passa­to: se difendi il diritto di Caprotti, di Sacconi o di chi volete voi, sei dalla parte oscura delle forze maligne. Ti scoppia una grana che non ti dico, per quieto vivere e più quieto sopravvivere nel­le posizioni di comando meglio abbozzare. E per timore di ritorsioni, i sé-pensanti, versione egoistica dei benpensanti, lasciano fare, dire, eliminare, anzi si accodano a fingere l’inesi­stenza di fatti, autori e storie differenti. Così na­sce l’egemonia culturale del carognismo. Non concludo omeopaticamente, non chie­do di rispondere a carogna con carogna e mez­zo.

Dico da un verso di continuare incuranti delle carogne a testimoniare quel che si ritiene essere la verità e dall’altra a non riprodurre il meccanismo carognesco gettando nel baratro chi non la pensa come te. Combattiamo il caro­gnismo ma non pestiamo le carogne. Sforzia­moci di pensare che anche i più subdoli e furen­ti carognisti hanno il loro lato buono, credono in buona fede alle loro convinzioni, non si può ridurre l’intera loro biografia morale, intellet­tuale ed esistenziale al lato carogna. È un eserci­zio duro e difficile di civiltà prima che di carità, a volte munito dei conforti religiosi… MARCELLO VENEZIANI