Napoli - Una dozzina di nomi o poco più: secondo l’inchiesta sulle primarie Pd aperta dalla Procura di Napoli sarebbero diversi personaggi legati al mondo della camorra di Miano, quartiere limitrofo a Secondigliano, ad avere gestito nel famigerato seggio di via Janfolla, le consultazioni (poi annullate) indette per scegliere il candidato a sindaco di Napoli. Il nome del clan non è un mistero: è quello dei potenti Lo Russo, famiglia con le mani in pasta dappertutto: droga, estorsioni ed ora – a quanto pare – anche in politica.
In base all’indagine condotta dal Procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, per portare a votare il popolo del Pd nel seggio di via Janfolla, dove stravinse con 1.067 preferenze l’europarlamentare Andrea Cozzolino, di stretta fede bassoliniana (al secondo posto Umberto Ranieri, vicino al capo dello Stato Giorgio Napolitano, con appena 208 voti) furono sborsate promesse e soprattutto fior di quattrini.
Ci sarebbe stato un vero e proprio tariffario per convincere i napoletani ad andare a votare alle primare Pd. Dieci, venti euro, finanche 50 o una spesa di poche decine di euro per votare il candidato prescelto. Pane, latte, carne, yogurt in cambio di un voto, in un quartiere dove i problemi di camorra, disoccupazione, casa e spazzatura (da queste parti l’emergenza non è mai finita) sono una vera emergenza. Per i «grandi elettori», probabilmente, le promesse erano ben diverse: un posto di lavoro.
Nell’elenco stilato dalla polizia giudiziaria ci sarebbero i nomi di camorristi e galoppini del clan Lo Russo, incaricati di operare un vero e proprio rastrellamento nel quartiere, per portare la gente a votare nel seggio di via Janfolla nei giorni del 23 e 24 gennaio scorsi. Un’affluenza strana, insolita: ritmi insostenibili per consentire a tutti di poter espletare il proprio diritto a scegliere il successore di Rosetta Iervolino. L’informativa è quasi completa, qualche limatura poi verrà consegnata ai pm della Direzione distrettuale antimafia.
Le polemiche sulle primarie vinte da Cozzolino e gli scambi di accuse tra i candidati scoppiarono mentre erano ancora in corso le votazioni. Cozzolino, giova ricordarlo, si impose con uno scarto di 1.200 voti sull’ex sottosegretario agli Esteri Ranieri. Sconfitti anche l’altro bassoliniano, Nicola Oddati e il candidato di Sinistra e libertà, l’ex magistrato Libero Mancuso. E alla fine la vittoria di Cozzolino che sognava di aprire un nuovo ciclo dopo il suo capo Bassolino, non fu mai omologata. La federazione del Pd di Napoli fu commissariata: da Roma fu mandato – e da allora non è più ripartito – il commissario Andrea Orlando.
Il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, ieri ha telefonato ai vertici del Pd partenopeo: «Le infiltrazioni camorristiche sono un problema comune a tutti e nessuno può pensare di mettersi in cattedra e dire: il problema è solo tuo». Ma tra i democrats la tensione è alta. L’ex parlamentare dell’ex Pds, Berardo Impegno, rilancia: «Azzeriamo il partito e cambiamo il regolamento delle primarie». Il Giornale, 24 settembre 2011