IL BENGODI INCONSAPEVOLE, di Mario Sechi
Pubblicato il 25 settembre, 2011 in Costume, Politica | Nessun commento »
Il debito. Berlusconi. Gli scandali. Il realismo. Machiavelli. E poi? «La dolce vita». «Ciao, bella». La Ducati. Gucci. Prada. Dolce e Gabbana. Antipasti di peperoni. Nella mia lettura quotidiana della stampa estera il Financial Times e il Wall Street Journal sono i primi della lista. Dopo viene l’Asia Times con l’imperdibile rubrica di Spengler e qualche quotidiano francese, giusto per avere ogni giorno conferma della non superiorità dei nostri cugini. Anche la lettura di ieri conferma un’altra cosa che apprendiamo solo quando stiamo a lungo all’estero: l’Italia è uno dei posti più belli dove vivere. Siamo stati per lungo tempo un Paese di migranti, di gente in cerca di fortuna. Fatevi raccontare le peripezie e le sofferenze di chi ha lasciato la Patria. Andate a leggere gli epistolari. Scoprirete la grande nostalgia che pervade l’anima di chi è lontano dal villaggio, dalla città, dal sole, dal mare, dalla montagna, dal cibo, dal vino, da quello straordinario cocktail che è l’Italia. Se volete un’altra conferma sul nostro Bengodi inconsapevole, leggete gli annunci delle case da sogno di Sotheby’s e Christie’s, l’Italia è un enorme mercato del lusso, il buen retiro sognato da milioni di super-ricchi. Come fa un Paese con una ricchezza delle famiglie largamente superiore a quella della potentissima Germania a uscire dalla crisi del debito? Come fa una nazione mutevole a ritrovare l’orgoglio, la creatività e la forza del boom economico che tra gli anni Cinquanta e Settanta la risollevò dalle ceneri della guerra? La chiave di quella rinascita fu l’industria, la manifattura, una classe imprenditoriale geniale e infaticabile. I governi ne assecondarono il talento e la affiancarono con una politica industriale da grande potenza. La nostra vita a debito cominciò dopo quel periodo. E fu un errore colossale. Così abbiamo perso il carattere, lo spirito dell’impresa, la visione del futuro. Sì, oggi è il Palazzo il grande imputato, ma cari industriali, rileggete le opere dei vostri padri e nonni, vedrete che facevano meno manifesti e passavano più tempo in fabbrica a sudare e inventare. E se questa politica non vi piace, allora fate voi il passo: misuratevi con la cosa pubblica. Scoprirete che l’Italia è ancora tremendamente ricca e bella, ma riformare gli italiani di oggi è un’impresa titanica. Mario Sechi, Il Tempo, 25 settembre 2011