Improvvisamente, dopo an­ni di silenzio, Confindu­stria ha deciso di parlare. Ogni giorno è una ricetta, una critica, un ultimatum, con cla­morosi sconfinamenti nella poli­tica. Strano che tanta loquacità e saggezza sia arrivata a buoi, cioè milioni di euro, scappati. I più leg­gono l’attivismo della sua presi­dente, Emma Marcegaglia, al mandato in scadenza. Tra pochi mesi sarà disoccupata, e con l’aria che tira meglio posizionarsi in prima fila tra gli oppositori del governo. Ora, non è che le paure degli industriali siano intonacate o illegittime. È il tono del loro pre­sidente, quel voler chiamarsi fuo­ri da errori del passato, quel met­tere sul piatto ricette salvifiche con l’aria di chi si sente eticamen­te superiore a infastidire e inso­spettire. Anche perché, come im­prenditore, la signora non può certo fare la maestrina con la pen­na rossa.

Il suo gruppo è stato pre­miato nei giorni scorsi come quel­lo a più alto tasso di infortuni sul lavoro. Le disavventure giudizia­rie dei suoi familiari sono note e oggi noi aggiungiamo un partico­lare inedito, un condono da 9,5 milioni di euro sottoscritto nel 2002. Nulla di male né di illegale, per carità, ma evidentemente la si­gnora non può mettersi alla testa dei novelli Savonarola, non con tanta spocchia. Il vezzo di parlare bene e razzo­lare male non è nuovo, né è esclu­s­ivo della presidente di Confindu­stria. L’editore de L’Unità , non­c­hé ex governatore Pd della Sarde­gna, Renato Soru, è sotto schiaffo della Guardia di Finanza che sta indagando su sue società estere per una presunta maxi evasione fi­scale. Oppure: Berlusconi do­vrebbe giustificare come mai ha viaggiato tempo fa in aereo con Lavitola, mentre a Bersani nessu­no chiede conto di viaggi, pranzi e cene con Penati, che secondo non noi ma i magistrati potrebbe avere commesso reati ben più gra­vi e infamanti­del discusso e discu­tibile direttore de L’Avanti . Il nuo­vo che avanza dovrebbe avere al­meno il pudore di non cadere nel ridicolo. Da Di Pietro che finì nei guai per regalie a Montezemolo che ha un passato da scavezzacol­lo, fino alle macchie dell’impero Marcegaglia e alle tangenti paga­te dal gruppo dell’editore di Re­pubblica , quel Carlo De Benedet­ti (finito per questo anche agli ar­resti), nessuno passerebbe inden­ne da un assalto tipo quello cui è stato ed è sottoposto Berlusconi. Per carità, ognuno ha i suoi picco­li o grandi scheletri nell’armadio. Ma proprio per questo meglio ab­bassare i toni e la spocchia. Il Giornale, 25 settembre 2011

Il condono di Lady Marcegaglia

Emma Marcegaglia propone un nuovo manifesto per l’Italia.Di nuo­vo c’è poco, se non la sfiducia che la Signora ha nei confronti del gover­no Berlusconi. Che in effetti di riforme ne ha fatte davvero pochine. Ma della signora Marcegaglia ci possiamo fidare? E questi grandi imprendi­tori che si stanno già combattendo per la successione della Signora, hanno tutti le carte in regola per fare i moralisti? Ci sono molte imprese, come testimonia­no le ottime inchieste di Dario Di Vico e Marco Alfieri, che non ne possono più di questo governo. Speravano in una riduzione fisca­le e in uno sn­ellimento della buro­crazia che non è arrivato. Ma i ver­ti­ci di questa Confindustria non ri­schiano di fare come il governo, aver capito troppo in ritardo gli umori della propria base? Sulla lotta all’evasione, ad esempio, la posizione confindustriale più che tardiva sembra ipocrita. Così co­me sulla liberalizzazione del mer­cato del lavoro. I nuovi personalis­si­mi dispiaceri alla signora Marce­gaglia li ha procurati il governo e Tremonti in particolare. Parados­salmente proprio per venire in­contro alle indicazioni anche del­la Confindustria, l’esecutivo si è messo in testa di dare la caccia ai presunti evasori. Marcegaglia compreso. Lungi da noi pensare che ciò che stiamo per scrivere ab­bia minimamente irritato la sciu­ra. Ella, come si sa, viaggia alto, al­tissimo. Figurarsi se si occupa di quella norma introdotta dall’ulti­ma manovra estiva che estende gli accertamenti fiscali all’anno di grazia 2002. In buona sostanza il governo ha deciso che il condono fiscale del 2002, considerato ille­gittimo dalla Ue, non metta al ripa­ro da nuovi accertamenti proprio coloro che all’epoca lo sottoscris­sero. La materia è complicata:ba­sti dire che l’Agenzia delle Entrate nei prossimi tre mesi ha l’obbligo di legge di andare a verificare tutte le posizioni di coloro che aderiro­no a quel condono fiscale. E indo­vi­nate un po’ chi rischia un bell’ac­certamento? Esatto. Il gruppo Marcegaglia,che all’epoca dei fat­ti aveva proprio nella Sciura un amministratore delegato. Ma non preoccupatevi, la presidente della Confindustria è su un altro li­vello. Questa estate tuonò: «Basta con i condoni fiscali». Grazie, tut­to quello che si poteva condonare la Sciura l’ha già condonato.Senti­te qua. Bilancio Marcegaglia. An­no 2002. «Negli oneri straordinari figura l’importo di 9,5 milioni deri­vante dalle legge 289/02 sul con­dono ». E nella relazione del colle­gio sindacale: «Sono venuti com­pletamente meno i rischi derivan­ti dalla verifica fiscale generale, eseguita nel corso del 2001». In­s­omma l’azienda ha pagato 9,5 mi­lioni di condono e si è così messa a posto con la verifica fiscale che aveva subito e che con tutta proba­bilità sarebbe sfociata in un bel verbale di contestazione. Ma il punto è che oggi la Marcegaglia ri­schia di nuovo. Quel condono, per la parte di sanatoria Iva, è sta­to considerato illegittimo dalla Ue e molti dei condonati non hanno neanche pagato le rate che erano previste. Il governo italiano alla caccia disperata degli evasori ha preso la palla al balzo (non pro­prio il primo, visti gli anni passati) e ha riaperto un faro di verifica nei confronti dell’anno 2002. Senza questa norma estiva infatti quel­l’anno sarebbe prescritto e i con­donati (che poi tali non sono per la sentenza Ue) sarebbero al sicu­ro. Che colpo gobbo. Insomma la Marcegaglia do­vrebbe ben conoscere sulla sua pelle l’attivismo del governo per combattere l’evasione fiscale. Ma è il pulpito da cui arrivano le prediche ad essere ridicolo. Certo ricordare alla signora Marcega­glia del conto cifrato 688342 della Ubs di Lugano a lei intestato (insie­me al padre Steno) dove transita­vano quattrini della Scad Com­pany Ltd, o quello 688340 sempre a Lugano e sempre della Ubs dove transitavano milioni di euro frut­to della costituzione di fondi neri all’estero,può sembrare poco ele­gante se ad occuparsene è il Gior­nale . Se a farlo, come fece, è Repub­blica , è tutto ok. Così come sareb­be seccante ricordare alla sciura come 750mila euro vennero tra­sferiti dal conto di Lugano a quel­lo di Chiasso e poi presi in contan­ti tra il settembre e il dicembre del 2003 (tutte informazioni contenu­te in una rogatoria ottenuta da Francesco Greco). Mica un secolo fa. Il punto qua non è la correttez­za etica della Signora Marcegaglia e del suo gruppo (e quante impre­s­e hanno fatto altrettanto), ma è la sua inadeguatezza a spiegare al mondo cosa sia necessario fare per dare sviluppo al Paese. Glielo diciamo noi cosa è necessario alla Signora. È necessario che il grup­po della sua famiglia, in cui lei è stata anche amministratore dele­gato, competa sul mercato ad ar­mi pari con i concorrenti. Magari senza aprire troppi conti cifrati in Svizzera. Il gruppo Marcegaglia ol­tre a commettere un possibile rea­to (per la verità il fratello della Si­gnora ha patteggiato per tangen­ti) ha messo indirettamente fuori mercato le aziende che seguivano le regole. La prima vittima del­l’evasione fiscale non è lo Stato, ma è l’impresa vicina che come un gonzo paga tutte le tasse come si deve. E poi arriva Emma che fa la furbetta. E prima contribuisce a costituire fondi in nero: per Repub­blica il gruppo costituì all’estero 400 milioni di euro di fondi. Poi li scuda grazie all’odiato Tremonti. E poi da presidente della Confin­du­stria fa la maestrina e ci raccon­ta come si deve far ripartire il Pae­se. Ma ci faccia il piacere. La vicenda dei 17 conti segreti della Marcegaglia in Svizzera è ro­ba passata.
Il tutto si chiuse nel 2004 con il trasferimento di 22 mi­lioni dai conti svizzeri a Singapo­re. E lo stesso fratello della Signo­ra, Antonio, interrogato dai Pm di Milano disse a fine 2004: «Si tratta di risorse riservate che abbiamo sempre utilizzato nell’interesse del gruppo per le sue esigenze non documentabili». Come dar­gli torto, si sarebbe trattato di mi­lioni e milioni di documenti. Quando si dice la semplificazione che le imprese a gran voce richie­dono. La Signora in materia fiscale ha poche idee e un po’confuse.Tuo­na contro i condoni, ma li utilizza a man bassa. Non vuole il contri­buto di solidarietà del Cav, ma ac­cetta la patrimoniale, con una sto­ria di conti all’estero da paperone di Mantova. Si possono accettare molte le­zioni dalla Signora Marcegaglia. Ma quella della moralista con il di­tino alzato, proprio no. Soprattut­to in materia di tasse. «Confindu­stria – ha detto la Marcegaglia ­non ha paura delle critiche». Bene accetti le nostre. E inizi a fare puli­zia a casa sua, prima di pontificare sullo sviluppo del Paese, compro­messo anche dalle furbate dei pri­vati. Il governo Berlusconi ha mol­te colpe. Ma un esame di coscien­za da p­arte di queste grandi impre­se che afferrano al volo i condoni e costituiscono conti in Svizzera, non l’abbiamo ancora visto.