Il 7 settembre 2005, un mercoledì, stavo intervistando Silvio Berlusconi per il mio libro Vincitori e vinti quando telefonò Marco Follini, allora segretario dell’Udc (Pier Ferdinando Casini era presidente della Camera). Follini disse al Cavaliere: caro Silvio, noi vogliamo cambiare la legge elettorale in senso proporzionale, altrimenti non votiamo la devolution della Lega. Berlusconi rispose: caro Marco, la devolution fa parte degli accordi di governo e la legge elettorale no. Ma poiché ritengo che Forza Italia abbia tutto da guadagnare dal sistema proporzionale, per me va benissimo.
Fu questa la pietra angolare del «Porcellum». Roberto Calderoli ricorda oggi che fu Gianfranco Fini a chiedere le liste bloccate (che naturalmente fecero comodo a tutti i leader, a destra e a sinistra), mentre Berlusconi volle naturalmente il premio di maggioranza per non tornare nella palude della Prima repubblica. Oggi un referendum molto acclamato vuole abrogare questa legge e tornare al sistema precedente (il «Mattarellum», maggioritario con un quarto di proporzionale), anche se, come ha ricordato Giovanni Sartori sul Corriere della sera, un referendum abrogativo può mutilare una legge ma non farne rivivere una precedente.
Naturalmente nessuna legge elettorale viene fatta per gratificare gli elettori. Ciascun partito tira la coperta dove più gli conviene. Il Mattarellum non conviene innanzitutto all’Udc e al terzo polo, costretti a scegliere tra destra e sinistra perdendo il potere d’interdizione che verrebbe garantito dalla legge attuale. Non giova al Pdl perché nei collegi del Nord la base leghista non voterebbe i candidati berlusconiani e non giova alla Lega perché in questo modo perderebbe le elezioni. A meno che non voglia perderle per rigenerarsi all’opposizione. La sinistra è stata sempre avvantaggiata dal Mattarellum perché ha un elettorato più disciplinato: pur di battere Berlusconi, gli elettori di Fausto Bertinotti votavano i candidati di Clemente Mastella e viceversa. Allo stesso modo, domani quelli di Nichi Vendola non batterebbero ciglio nel votare gli uomini di Beppe Fioroni.
Il problema più urgente è capire come si incrocia il referendum con la volontà dell’opposizione di andare alle elezioni anticipate. La celebrazione dell’uno nella prossima primavera impedirebbe lo svolgimento delle altre. Teoricamente potrebbe votarsi nell’autunno del 2012, ma da decenni non si vota in ottobre e poi bisognerebbe convincere deputati e senatori a perdere la pensione dopo essere stati in Parlamento per 4 anni e mezzo. Improbabile.
Resta naturalmente l’ipotesi che la maggioranza concordi una nuova legge elettorale per evitare il referendum. Se fosse proporzionale con preferenze (come ha sempre chiesto l’Udc), avrebbe il vantaggio di far scegliere gli elettori, ma dovrebbe essere comunque dotata di una qualche forma di premio di maggioranza o di alleanza preventiva di coalizione che chiarisca da subito chi è il candidato premier. Ma anche in questo caso è difficile che Berlusconi accetti di fare una corsa per votare nella primavera del 2012. Quindi, a meno di un crac generale, è difficile schiodare il Cavaliere da Palazzo Chigi prima del 2013. Bruno Vespa, Panorama, ottobre 2011

Questo articolo di VESPA, pubblicato da Panorama in edicola, non ha ricevuto alcuna smentita da parte di chicchessia, nè di Casini che era il mandatario di Follini, nè di Fini. Quest’ultimo, permanentemente in cattedra per salomoneggiare su tutti e contro tutti, e che negli ultimi mesi non fa altro che sputare nel piatto nel quale ha abbondantemente mangiato, è quello che più di altri critica le liste bloccate. Ora si scopre, ma lo aveva già denunciato settimane fa Calderoli, che fu lui, l’attuale  campione della democrazia, a volere le liste bloccate in modo da “nominare” la sua quota di componenti della Camera e del Senato nel 2006 e poi nel 2008, quando  ne nominò almeno il 30% degli eletti del PDL. Purtroppo per lui buona parte dei suoi “nominati” al  monento di scegliere se seguirlo come pecore o prenderne le distanze, preferirono rendergli la pariglia, abbandonandolo. Cosicchè, ritrovatosi solo, ha “scoperto” che quella dei nominati è stata la peggiore trovata della seconda repubblica, che manco la prima si sarebbe mai sognata di inventare e praticare e solo uno come Fini, che ha governato prima il  MSI  e poi Alleanza Nazionale come  “cosa propria” poteva volere, per garantirsi il potere di vita e di sopravvivenza sui militanti di quei partiti. Costretto dalle circostanze a cavalcare ora l’esatto contrario, sa bene che la riforma della legge, che auspichiamo con forza, almeno nella parte relativa alla scelta degli eletti che deve ritornare ad essere potere degli elettori,segnerà la sua fine definitiva come leader di partito. Per ora canti pure, ma lo farà ancora per poco. g.