L’AVENTINO E’ UN ERRORE, di Mario Sechi
Pubblicato il 13 ottobre, 2011 in Politica | Nessun commento »
La Storia racconta che gli Aventini non portano bene, ma di lezioni mai raccolte la nostra politica è piena. La decisione dell’opposizione di non assistere oggi al discorso in aula di Berlusconi fa parte di questa infinita catena di errori. Berlusconi non è un satrapo, ha vinto elezioni libere e democratiche e chi l’ha votato non è figlio di un Dio minore. La scelta dell’opposizione è grave e i commenti della maggioranza che tendono a ridicolizzarla sono sbagliati. In realtà dovrebbero mettere in evidenza come questa linea politica sia frutto di una visione manichea che produce ulteriori divisioni nel Paese, non spezza il clima da trincea, non facilita ma rallenta drammaticamente la chiusura di questa fase.
Giorgio Napolitano ha chiesto al presidente del Consiglio «una risposta credibile» perché il ruzzolone dell’altro ieri in aula sul voto del Bilancio dello Stato è una cosa seria. Berlusconi questa risposta ha il dovere di darla. In caso contrario, passi la mano. Ma altrettanto credibile dovrebbe essere la condotta dell’opposizione. Questa non lo è. Se si vuole essere forza alternativa di governo, in aula si fa il proprio dovere. Si ascolta il discorso di Berlusconi, si replica punto su punto, si illustra una via alternativa e si vota. Il Parlamento serve a questo, non a mettere in piedi sceneggiate napoletane di cui i cittadini ne hanno piene le tasche. Mario Sechi, Il Tempo, 13 ottobre 2011
Il breve ed efficace editoriale di questa mattina del direttore de Il Termpo, Mario Sechi, avrebbe dovuto indurre l’opposizione, dall’UDC, passando per il Fli e l’IDV, sino al PD, a rivedere la decisione di “aventinarsi” questa mattina durante le comunicazioni del presidente del Consiglio, salvo ripresentarsi domani al momento del voto sulla fiducia, forse con la segreta speranza che ciò che non riusce a loro, possa riuscire per suicidio alla stessa maggioranza:disarcionare Berlusconi. Così non sarà, per molte ragioni, non ultima – lo riconosciamo – la mancanza di coraggio e la paura di autoflagellarsi dei malpancisti del PDL, ad iniziare da Scaiola, quello che va dal notaio e non sa chi paga la casa che sta comprando. Ma evidentemente le scarne e, ribadiamo, efficaci parole di Sechi non hanno fatto cambiare idea a Bersani e compagni che hanno trascorso il tempo della seduta parlamentare alla bouvette di Montecitorio e a rilasciare dichiarazioni alla stampa, come quella di Bersani che ha definito “penoso” l’intervento di Berlusconi. Non è necessario rilevare quanto sia molto più penoso il suo rincorrere gli estremisti del suo schieramento, rimangiandosi i caratteri di moderazione e di riformismo che dovevano caratterizzare il PD e che sono ormai un ricordo. Ci sembra che a stigmatizzare il comportamento di Bersani e di tutto lo schieramento degli “aventiniani” del secondo decennio del terzo millennio sia sufficiente riportare le parole con le quali il deputato radicale Berardini, all’opposizione ma presente in Aula insieme agli altri deputati radicali, ha commentato la scelta di Bersani e compagnia bella di uscire dall’Aula durante le comunicazioni di Berlusconi. “Nella prima repubblica, ha detto l’on. Berardini, lo schieramento cosiddetto dell’arco costituzionale abbandonava l’aula quando parlava il missino Almirante, noi non lo facevamo allora, non lo facciamo oggi“. Chissà se al Fini, quanto mai algido e irrigidito nel suo abito di buon taglio, siano fischiate le orecchie al nome di Almirante e al ricordo della squallida discriminazione di cui Almirante e i missini erano vittime negli anni in cui egli ancora se ne stava tranquillo a Bologna. Certo è che la democrazia italiana, lungi dal fare passi in avanti, oggi ne ha fatto 100 all’indietro se per manifestare contrarietà ad un governo legittimamente eletto dal popolo, le opposizioni si sono ridotte ad usare lo stesso mezzo, futile, del 1924, contro Mussolini, e negli anni 70 contro Almirante. C’è una sola novità. Che a praticarlo, dimentichi di esserne stati vittima, sono anche quelli che negli anni 70 si dicevano perseguitati e invocavano giustizia. Quanta miseria sotto il cielo d’Italia. g.