NAPOLITANO E DRAGHI FANNO. IL PD DISFA
Pubblicato il 28 ottobre, 2011 in Politica | Nessun commento »
Bip, un messaggio sul cellulare. Fine mattina, Roma, vai e vieni su piazza Colonna. Apro il Blackberry e leggo. È il trader di una superbanca, dal suo personal computer partono ogni giorno ordini per centinaia di milioni di euro. Sugli schermi dell’agenzia Bloomberg legge le dichiarazioni di Pierluigi Bersani e dei sindacati dopo il via libera dell’Europa alla lettera di Berlusconi. «Ma cosa stanno dicendo? Ma perché non pensano agli effetti di quel che dicono? Il vertice è andato bene, tiriamo il fiato, i mercati ci credono, noi dopo tanto tempo stiamo comprando titoli italiani, sosteniamo il Paese e questi giocano allo sfascio?». Stop. Questa è la realtà dei mercati. Mentre Giorgio Napolitano e Mario Draghi spendono tutte le loro energie per aiutare Berlusconi a uscire dal guado, alimentare la fiducia sul nostro Paese e metterci in condizione di superare la crisi sul debito sovrano, c’è un pezzo di establishment che pensa «tanto peggio tanto meglio». Essere italiani non è una dichiarazione retorica, è un modo di essere e di agire che si concretizza tutti i giorni. In alcuni passaggi della storia ha bisogno di essere testimoniato superando le posizioni personali per partecipare a un lavoro corale che l’altro ieri ha dato buoni frutti. Il Governatore di Bankitalia e il Presidente della Repubblica lo hanno dimostrato. Altri no. È vero che l’opposizione deve fare il suo mestiere stimolando il governo a far meglio, ma in questo caso l’errore di prospettiva è macroscopico. Mi ha sorpreso che in questa fase anche un uomo intelligente e ricco di talento come Tremonti non abbia colto l’attimo fuggente. Non era questo il momento per distinguersi, «per sfilarsi» (parole di Umberto Bossi).
Noi avremmo voluto vedere la sua intelligenza dare un contributo decisivo all’azione di Draghi, Napolitano e Berlusconi. Non è mai troppo tardi. Che senso ha per un leader come Bersani sposare la protesta demagogica, fare un calcolo politico sull’immediato, lanciare messaggi di sfiducia sugli impegni presi dal nostro Paese con l’Europa? Il Pd è nato per costruire l’alternativa di governo, è un progetto per costruire e non per demolire. Si può dichiarare riformista un partito che si ferma all’antiberlusconismo e perde di vista gli interessi del Paese? Che cosa spinge un politico abile e navigato come Pierferdinando Casini a dire che nella lettera all’Europa «c’è un patto scellerato contro il lavoro»? Pensa di capitalizzare i consensi della Cisl? Non sarebbe per lui più sensato e politicamente vincente dare agli elettori moderati l’idea che dopo Berlusconi può esserci un leader che viene dal centro ma sa parlare al blocco sociale che ha votato il Cavaliere? Il sindacato vuol difendere i posti di lavoro. Benissimo. La Bce ha dato il via libera all’acquisto di titoli di Stato italiani in virtù dell’accordo raggiunto con il nostro governo. Il debito finanzia la spesa pubblica, gli stipendi degli statali. È un dettaglio? O un fatto centrale del dibattito? Cari amici, il dopo Berlusconi si costruisce ora. Ma senza l’antiberlusconismo. Mario Sechi, Il Tempo, 28 ottobre 2011