di – 12 novembre 2011, 22:50

Insulti, sputi e poi la festa. Cosa c’entrano i cori da stadio con una giornata come questa? Il morso della crisi si avvicina all’osso del Paese, la politica annaspa ma c’è qualcuno che ci vede qualcosa di buono.

Non è la solita storia del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, questa volta il calice è prosciugato. Ma per gli sfascisti, quelli con la bava alla bocca che vogliono solo la testa del Cavaliere, il miraggio dell’oasi antiberlusconiana ora è realtà. E quindi saltano i tappi e si alzano i cori. Alla faccia di tutto, anche del buon gusto e della razionalità. Ora tocca al revanscismo, lo aspettavano da anni: è l’Italia che si dice indignata perché è politicamente scorretto essere incazzati. Eppure sputano, urlano e lanciano monetine. Insultano qualunque membro del governo abbiano a tiro e assediano i palazzi del potere.

L’idea che le dimissioni di Silvio Berlusconi potessero scatenare il carosello della sinistra serpeggiava da qualche giorno. Ieri sera l’onorevole Giovanna Melandri preannunciava su Facebook: “E’ cominciato il count down… Domani sera comunque si festeggia…”. Non è un messaggio del 30 dicembre del 2010, è proprio lo status del deputato del Pd di ieri e il capodanno da festeggiare sono le dimissioni del premier. Poco dopo si abbandona anche al romanticismo politico: “Ma l’avete vista la luna a Roma stasera? Una luna nuova…….”. E anche i suoi stessi commentatori stigmatizzano la proiezione celeste del desiderio di vendetta della Melandri: “Ma non vi sembra di andare a governare senza meriti?” insinua un commentatore dipietrista. Ma se la Melandri, che alla fine è una colomba della sinistra, prepara già i magnum di champagne gli indignati, il popolo viola e gli antiCav in servizio permanente che cosa faranno? I caroselli da stadio, con la differenza che questa volta la rete non l’ha gonfiata un goal della nazionale italiana… O magari festeggiare per una testata di Zidane, per dirne una…

Fuori dalla Camera la festa è iniziata con il “Bye Bye Silvio, Party…?” del Popolo Viola un circo ambulante che segue il Cavaliere da Palazzo Chigi a Montecitorio fino al Quirinale. “Oggi – ha scritto il blogger Viola Gianfranco Mascia – è il grande giorno. Questo 12 novembre ce lo segneremo nel calendario come il giorno della Liberazione”. In piazza Colonna suona un’orchestrina, per strada intonano Bella Ciao e sotto al Quirinale la “Resistenza musicale permanente” si è data appuntamento per eseguire l’”Hallelujah dal Messiah” di Handel.

Toni enfatici e prosopoea: il grande nemico marca un passo indietro. E poi? Il vuoto. L’interesse del Paese passa in secondo piano, l’importante è scrostare l’immagine del Cavaliere e poi sputarci sopra, come se gli ultimi diciotto anni della storia repubblicana fossero stati un’apnea. La crisi? Le misure lacrime e sangue? I banchieri al governo? C’è tempo, ora si festeggia. Sull’orlo del precipizio. Il Giornale, 12 novenbre 2011

…..Alla cronaca dell’inviato de Il Giornale v’è da aggiungere le deliranti dichiarazioni del segretario del PD, Bersani, che in un improvvisato comizio dinanzi ad una sede storica dei comunisti romani ha dichiarato che “oggi è la liberazione dell’Italia”. Se mancavano ragioni per essere contrari a partecipare insieme agli ex comunisti ad un governo di cosiddetta emergenza nazionale, basterebbero queste parole di Bersani a fornirne una, determinante. Perchè ai postcomunisti, ad iniziare da Bersani il quale è il primo vedovo di questo governo in quanto dall’avvento di Monti abdica per sempre alla possibilità di essere il candidato premier del centrosinistra e quindi  di sedere a Palazzo Chigi, importa poco dell’Italia, della crisi economica, del debito pubblico, dello sviluppo che non c’è, dei precari che aumentano, dei pensionati che non possono vivere, dei giovani che non trovano lavoro, ai postcomunisti interessa solo che l’odiato nemico sia caduto e poco importa che a farlo cadere non siano stati gli elettori, il popppolo, per dirla con il vocione  di Peppone, il pur simpatico sindaco comunista dell’immaginario Brescello di Giovanni Guareschi, bensì una congiura di palazzo insieme  ad alcuni stranieri che hanno preteso di intromettersi nelle cose di casa nostra e lo hanno fatto con il consenso appunto dei postcomunsti e dei peggiori postdemocristiani. Ci riferiamo agli Obama e ai Sarkozy, l’uno a capo dello stato la cui finanza allegra ha dato il via alla più colossale crisi economica del pianeta, l’altro a capo dello stato che per difendere le sue banche dalla bancarotta ha assediato la Grecia, con il concerto della signora Merkel, entrambi, Obama e Sarkozy, responsabili dell’invasione e del bombardamento delle popolazioni civili ed inermi della Libia, paese sovrano e facente parte dell’ONU, ridotto a moderna colonia dei nuovi conquistatori. All’Italia, non potendo riservare lo stesso trattamento usato con la Libia, hanno riservato un trattamento più sofisticato, hanno ridotto in macerie la credibilità del governo eletto dal popolo, costrigendolo alle dimissioni benchè non sfiduciato dal Parlamento che nella nostra democrazia è sovrano, almeno lo era, sino a quando non è stato commissariato dall’ex comunista Napolitano che si è auto proclamato re ed imperatore, e che si è scelto il suo primo ministro, alto esponente della finanza internazionale.  Berlusconi, assediato come un criminale dal cosiddetto popolo viola, insultato e fatto oggetto del lancio di monetine, lo stesso trattamento usato è per Craxi nel 1992 dinanzi all’Hotel Raphael, recandosi a rassegnare le dimissioni al Quirinale aveva annunciato il sostegno del PDL al governo, previo concertazione sulla composizione del governo, sul programma e sulla certezza della data del voto. Dopo lo spettacolo del Quirinale ci auguriamo che abbia compreso che sostenere insieme ai postcomunisti,  che non sono estranei alla organizzazione delle  manifestazioni ostili  contro di lui, il governo di Napolitano  è un errore tattico e strategico e che ha ragione Ferrara: se il governo dovesse cogliere successi si dirà che il merito è il loro, di quelli che non hanno votato i provvedimenti concordati con l’U.E. e se invece dovesse fallire diranno che la colpa è del disastro lasciato in eredità da Berlusconi. Per questo è meglio staccare la spina prima ,anzi è meglio non metterla nella presa e andare al voto subito, anche il giorno di Natale, lasciando che il cerino bruci nella mano di chi l’ha acceso, cioè Napolitano. g.