Giornata al cardiopalma per le Borse europee. Le tensioni sui titoli di stato dei paesi europei spingono le borse del vecchio continente a una nuova chiusura negativa. Fa eccezione Londra che, essendo fuori dall’eurosistema, riesce a restare sopra la parità e termina la sessione in rialzo dello 0,28 % a 5.543,29 punti.

Ribassi a Piazza Affari

Ribassi a Piazza Affari
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Sprofonda invece Atene, giù del 4,71% a causa dell’ondata di vendite sui finanziari innescate dai pessimi dati sul pil. Le perdite riportate dalle altre piazze sono comunque inferiori a quelle, prossime al 2%, registrate a inizio seduta grazie alla tenuta di Wall Street, che limita i danni grazie ai positivi dati su prezzi alla produzione e vendite al dettaglio.

Mentre lo spread tra Btp italiani e Bund risale a livelli allarmanti, è tornata nel mirino anche la Francia, che ha visto i propri credit default swap salire a livelli record. A indossare la maglia nera è infatti Parigi, che cede l’1,92% con il Cac 40 a 3.049,13 punti. È a tale proposito significativo che oltralpe a guidare i ribassi siano le banche (Bnp Paribas -6,08%; SocGen -5,72%; Credit Agricole -4,44%), fortemente esposte ai titoli dei Piigs, laddove sui circuiti tedeschi le vendite sono estese a tutti i comparti, con Daimler (-2,59%) e Infineon (-2,59%) peggiori del listino. Il Dax di Francoforte arretra dello 0,87% a 5.933,14 punti. L’Ibex di Madrid lascia sul terreno l’1,39% a 8.256,2 punti.

In scia anche Milano. A Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha chiuso in perdita dell’1,08% a 15.297 punti. Insomma, un’altra giornata complicata, vissuta sul filo, con un occhio allo spread e un altro alle consultazioni dei capi di partito. Molto negativo l’approccio, con gli indici in calo fino a un minimo del -3%, mentre lo spread supera i 530 punti e il rendimento dei Btp schizza sopra il 7%. Nel pomeriggio l’inversione di tendenza, in coincidenza con i positivi dati macro americani, e dichiarazioni concilianti da Roma che lasciano capire come il governo Monti sia ormai pronto a vedere la luce. Nuova cautela infine nelle ultime battute e indice ancora in negativo. Tra le blue chip Finmeccanica che, più volte sospesa in mattinata con un calo teorico del 15%, sconta l’annuncio che nel 2011 non ci sarà dividendo e il taglio dei ricavi. Tra il 2010 e il 2012 gli investimenti del gruppo guidato da Giuseppe Orsi verranno ridotti a 3,4 miliardi rispetto ai 3,6 previsti. Ci sarà anche un calo dei costi di struttura generali e amministrativi. Entro fine 2012, inoltre, Finmeccanica procederà a cedere attività per un valore di un miliardo in modo da ridurre l’indebitamento.

La stessa preoccupazione sempra iniziare a toccare anche l’Eliseo. Lo spread tra i rendimenti dei tassi decennali dei titoli di Stato francesi e quelli tedeschi ha aggiornato il nuovo massimo da quando esiste l’Eurozona a 182 punti base, a conferma delle forti tensioni sui rendimenti francesi. I rendimenti dei titoli decennali francesi sono al 3,5%, il massimo dal maggio 2011. La Spagna si mantiene oltre i 450 punti. 15 novembre 2011, ore 19,00

.…Insomma ora è del tutto chiaro. Il neo re e imperatore d’Italia, Giorgio 1°, ha usato la storiella dello spread e della borsa in rosso al solo scopo di convincere Berlusconi e il PDL a gettare il guanto sul ring, senza ko, cioè senza alcuna sfiducia del Parlamento, unico organo abilitato a sfiduciare un governo in carica, per far posto al “suo” uomo, il super Mario che doveva dalla sera alla mattina, anzi da un minuto all’altro salvare l’Italia e gli italiani dalla speculazione internazionale a cui Berlusocni non era simpatico come non lo era il governo di centrodestra italiano, al contario dei due governi di centrodestra francese e tedesco, quelli che hanno ordito per proprio tornaconto il boicottaggio dell’Italia. Ora è chiaro, con le borse che affondano e lo spread che vola che erano pretesti. Erano pretesti, solo pretesti per far fuori l’uomo che dal 1994 ha scombinato i piani della sinistra italiana postcomunsita, che da allora non riesce a combinarne una buona e sopratutto non riesce ad occupare il potere che dopo tantentepoli sembrava dovesse essergli dovuto. Dal 1994 le hanno tentate tutte, l’ultima gli è riuscita. Hanno recitato, sotto la direzione di un allenato direttore d’orchestra, il silenzioso Napolitano, lo stesso che in silenzio assistè al bagno di sangue nel quale furono schiacciate le rivolte dei ragazzi di Budapest e di quelli di Praga e che ora si preoccupa dei giovani neoitaliani,  la parte dei pensosi estremamamente  preoccupati per le sorti dell’economia italiana e hanno ottenuto che un governo nel pieno delle sue prerogative, con un Senato a schiacciante maggioranza di centrodestra e una Camera nella quale solo alcuni mascalzoni e qualche soubrette da avanspettacolo hanno fatto venir meno su un atto secondario la maggioranza, si dimettesse per far posto ad un governo di non eletti che pretenderà di compiere atti di straordianaria eccezionalità a carico di un Paese e di un popolo defraudati del  sacrosanto diritto di scegliere chi deve governarli. Oggi, ora, più che mai: al voto, al voto, al voto. g.