Il premier Silvio Berlusconi C’è un solo dato che Silvio Berlusconi guarda da giorni con attenzione quasi maniacale: quello dello spread. E a ogni sussulto esclama: «Avete visto? Non era colpa mia se era così alto. Anzi». È il suo nuovo chiodo fisso: dimostrare che la crisi non è colpa sua. Non era una questione di mancanza di credibilità internazionale. Prova ne è che in serata, come commiato. L’ufficio stampa del presidente del Consiglio ormai uscente diffonde una nota con la quale si rende che il Cavaliere ha parlato a telefono con Barak Obama. Nel comunicato si fa sapere anche che «la telefonata con il presidente americano è giunta al termine di una serie di contatti telefonici che il presidente Berlusconi ha avuto in questi giorni con alcuni dei principali leader internazionali: il cancelliere tedesco Merkel, il presidente francese Sarkozy ed i primi ministri della Gran Bretagna Cameron, della Turchia Erdogan, di Israele Netanyahu e della Russia Putin. Infine con l’ex-presidente degli Stati Uniti, George W. Bush». Con una postilla: «Il presidente Berlusconi ha inoltre parlato con il presidente della Federazione Russa Dimitri Medvedev. Questi gli ha anche inviato una lettera nella quale lo ringrazia personalmente per il prezioso lavoro svolto a favore dello sviluppo delle relazioni bilaterali e per l’apprezzato contributo d’esperienza in ambito internazionale “nella sua qualità di uno dei politici più esperti ed autorevoli del mondo”». Un modo per dire: visto che non avevo perso alcuna credibilità? E anche per rimarcare che Berlusconi sulla crisi ha ben poche responsabilità. Giuliano Ferrara, in un editoriale che pubblicherà oggi Il Foglio, scrive: «La grande menzogna è saltata. In modo drammatico, ora per ora. I numeri dicono che l’attribuzione di una crisi del debito italiano alla credibilità fragile del governo Berlusconi era una mascalzonata propagandistica di cui gli italiani potrebbero essere chiamati a breve a pagare il conto». Un concetto che ribadiscono per tutto il giorno i fedelissimi del premier. Come Fabrizio Cicchitto: «Va dato alla stampa un libricino per amatori, con la raccolta di tutte le dichiarazioni di esponenti della sinistra che dicevano che l’aumento dello spread dipendeva in larga parte da Berlusconi. Inutilmente abbiamo sempre rilevato che, purtroppo, il problema era molto più complesso. Adesso la realtà smentisce tutta questa propaganda». Gli fa eco Ignazio La Russa: «Siamo preoccupati perché lo spread continua ad aumentare e confidiamo sia temporaneo. Se non ci fosse da essere seri, verrebbe da sorridere a rileggere le dichiarazioni dei leader dell’opposizione che attribuivano la colpa al governo». Chiosa anche Maurizio Lupi: «Quello che sta accadendo sui mercati e l’andamento dello spread confermano il grande senso di responsabilità dimostrato in questi giorni dal presidente Berlusconi e dalla maggioranza impegnata oggi nel sostenere, lealmente, il tentativo del professor Monti. Sono convinto che con il passare del tempo e con l’abbassarsi dei toni del dibattito emergerà in maniera ancora più chiara la verità e cioé che il nostro Paese è oggetto di una speculazione che sta colpendo anche altri, in primis la Francia. E sono sicuro che emergerà anche l’ottimo lavoro fatto dall’esecutivo guidato dal presidente Berlusconi per affrontare la crisi economica». E Berlusconi? Si guarda gli ultimi sondaggi e si sfrega le mani. Rivela Angelino Alfano: le contestazioni che sono seguite alle dimissioni di Berlusconi, «hanno prodotto il risultato, stando all’ultimo sondaggio, di un aumento della fiducia nel Cavaliere di 6 punti in 3 giorni». E un balzo in avanti del consenso «per il partito di un punto e mezzo». Il Cavaliere pensa a sparire per un po’, almeno dal punto di vista mediatico. Vuole lasciare lasciare a Monti. E ricaricare le pile. Poi si occuperà del partito, di ricostruire il Pdl. Andrà più spesso alla Camera, incontrerà i deputati. I molti che ha sentito in queste ore gli hanno soprattutto consigliato di disimpegnarsi completamente dall’esecutivo Monti, di non partecipare nemmeno indirettamente con Gianni Letta. Bensì di riprendere la via movimentista e tornare a tuonare a zero. Riprendere più che lo spirito del ‘94 quello del 2006 e sopratttutto del 2007, l’anno del predellino. Quattro anni dopo il Pdl potrebbe essere rifondato o potrebbe nascere qualche altra cosa.Fabrizio dell’Orefice, Il Tempo, 16 novembre 2011