SERVONO DECRETI, NON MINUETTI, di Mario Sechi
Pubblicato il 27 novembre, 2011 in Politica | Nessun commento »
C’è una sola domanda che un cittadino europeo oggi dovrebbe porsi: «Ma val la pena salvare l’euro?». Non vi sembri una questione retorica, un quesito dalla risposta scontata, ragionateci sopra. Gli inglesi sono nell’euro? Gli svedesi sono nell’euro? I turchi sono nell’euro? La risposta è no e nessuno di questi tre Paesi se la passa peggio di quelli che hanno aderito al grande gioco di eurolandia. Naturalmente gli inglesi pur continuando a stampare sterline danno lezioni a tutti. Prima Berlusconi era «il Cavaliere nero» e dunque l’Italia un sistema feudatario, poi è arrivato Monti e dopo dieci giorni quelli del the alle cinque hanno deciso che pure il loden del Prof è sdrucito. In realtà i meccanismi di entrata nell’euro erano sbagliati. E addirittura non sono previsti meccanismi di uscita. Ne esci se fallisci. Ma prima di fallire paghi tutto e con gli interessi. È un sistema che sembra letteralmente quello dell’impiccato che si prepara la corda da sé. E nel Parlamento italiano che succede? Finita la transumanza da un gruppo all’altro i partitanti sono impegnati a ricollocarsi nella nuova èra. Qualcuno vuol piazzare l’amico sottosegretario, altri cercano di capire quale sarà il cavallo vincente. Previsione impossibile da fare per il semplice motivo che siamo in uno Stato d’eccezione per cui come dice papa Benedetto XVI «la crisi prima che economica e sociale è nella mancanza di significato e di valori». Nell’enciclica «Caritas in veritate» la crisi di questo capitalismo era disegnata già perfettamente. La prevalenza della finanza sul lavoro, della delocalizzazione senza regole. Trascorsi alcuni anni siamo al punto di partenza. Il caso italiano è speciale, non ci sono dubbi: pur avendo enormi risorse abbiamo perso tempo. Il Cav ci ha provato e ha fallito l’obiettivo. Lo stesso centrosinistra prodiano ha fatto crac. È così che siamo arrivati a Monti. Al quale continuiamo a dare un consiglio: lasci perdere la ricerca della concertazione a tutti i costi. È salito a Palazzo Chigi in un momento eccezionale, i cittadini si aspettano decreti non minuetti. Li faccia. Il massimo che può capitargli è quello di essere mandato a casa. Mario Sechi, Il Tempo, 27 novembre 2011
.…..Anche Sechi, evidentemente, comincia ad avere dubbi sulla bontà della “operazione Monti”, se, dopo averne sostenuto e giustificato l’ascesa così repentina e a velocità della luce, chiude l’editoriale di oggi con il suo stesso titolo: servono decreti, non minuetti. Appunto, L’eccezionalità della situazione che aveva determinato la “caduta” di Berlusconi e l’ascesa di Monti, sottintedeva l’urgenza di provvedimenti altrettanto urgenti e incisivi, capaci di affrontare la gravità della situazione dei conti italiani. Invece Monti si è perso prima per andare a chiedere “permesso” a Sarkozy e alla Merkel sui provvedimenti da assumere, quasi fossimo un paese sottosviluppato o da terzo mondo, posto sotto tutela di questi due mascalzoni internazionali che pensano ai loro affari nazionali e se ne infischiano di quelli europei, e poi dedicandosi, pare nottetempo, a concertare i posti di governo di serie B (sottosegretari e viceministri) come un qualsiasi governo della prima repubblica, il cui unico scopo era…durare. Evidentemente anche a Sechi tutta la faccenda incomicia a puzzare e benchè sia uno dei pochi giornalisti di centrodestra (uno dei più bravi!) che abbia tifato apertamente per il governo dei tecnocrati, incomincia a domandarsi se ne valeva la pena. Non passerà tempo che Sechi muterà opinione e anch’egli si convincerà che quello in atto è un colpo di stato, nè più, nè meno di quello che in Egitto ha deposto il “politico” Moubarak per conservare ai posti di comando i generali che per 30 anni avevano sorretto e garantito il potere del deposto presidente egiziano. Solo che in Egitto è stata agitata la cosiddetta “primavera araba” e in Italia lo spettro dello spread che, a differenza della “primavera” araba che si è subito trasformata in gelido inverno, continua a salire, infischiandosene delle strategie “napolitane” e delle presunte capacità taumaturgiche di Monti e banchieri vari. g.