Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (S) e il leader della Lega Umberto Bossi C’è probabilmente più cuore che testa nella fiducia, peraltro non corrisposta, che Silvio Berlusconi ha voluto ieri confermare nell’alleanza “solida” del Pdl con la Lega. Sino a sorvolare sugli ostacoli, se non addirittura i veti, postigli dai leghisti nella scorsa estate per l’adozione tempestiva di tutte le misure chieste dall’Europa per fronteggiare la crisi economica e la tempesta dei mercati finanziari. Sono stati quelli a logorarlo a Palazzo Chigi più di quanto egli non meritasse, e costretto più a subire che a promuovere una crisi che da soli i suoi avversari, di sinistra e di centro, vecchi e nuovi, non erano in grado di provocare, potendo al massimo procurargli qualche incidente parlamentare non preclusivo della fiducia prescritta dall’articolo 94 della Costituzione.
Da politico atipico com’è sempre stato, così diverso dai professionisti che lo hanno sempre osteggiato, per i quali la gratitudine è un lusso sconsigliabile, e il cinismo una regola, il Cavaliere non dimentica gli sforzi compiuti da Umberto Bossi nei mesi e negli anni scorsi per sottrarre la Lega alle vecchie pulsioni forcaiole che ne contrassegnarono le origini. E che di tanto in tanto ne fanno ancora vibrare le viscere. Se le avesse seguite, il leader leghista avrebbe staccato la spina all’ultimo governo di Berlusconi quando le Procure della Repubblica di Milano, di Napoli, di Bari ed anche di Roma si sono addirittura contese la caccia al Cavaliere intercettando i telefonini degli amici e le lenzuola delle amiche.

Ma questa prova di indubbia e rara lealtà, sia pure contraddetta politicamente dai veti già ricordati contro la tempestiva adozione di tutte le misure necessarie a fronteggiare la crisi economica, non potrà prima o poi impedire a Berlusconi di valutare più realisticamente, e negativamente, le prospettive di alleanza con la Lega. Che, dopo la fase del governo tecnico di Mario Monti, saranno pari a quelle, sul versante opposto, di un’alleanza del Pd con Nichi Vendola. Forse Pier Ferdinando Casini e amici con il loro “terzo polo” stanno celebrando troppo presto i funerali del bipolarismo. Che però non potrà certo riproporsi come prima.  Francesco Damato, IL Tempo, 28 novembre 2011

.…E’ vero, in poliitca la gratitudine non è solo un lusso, ma una merce introvabile. Ma Berlusconi anche in questo è, per sua sfortuna, diverso. Lui che prima di fare il politico ha creato dal nulla un impero, si è incrociato nella vita con tutti i Valori e i disvalori della società. E mentre non ha praticato i secondi, ha costantemente vissuto all’insegna dei primi. Ecco perchè per lui le delusioni sono state più amare che per chiunque altro, abituato com’era a praticare nella vita personale e in quella imprenditoriale tutto ciò che nella vita politica non ha cittadinanza, ad incominciare proprio dalla gratitudine. Ma neppure le ultime vicende  lo costringeranno a cambiarsi. Per questo in tanti lo amano e in tanti lo odiano. g.