Finalmente un po’ di Patria. Quasi sottovoce, tra una canzone e una gag, ma dodici milioni di italiani se ne sono accorti, svegliandosi dal comodo letargo postsessantottino.

Lunedì è diventato il giorno della reazione, dell’orgoglio, la più bella serata dopo il week end. Rosario Tindaro, Fiorello insomma, ha intercettato il sentire comune del popolo tutto, basta con quest’Italia presa a pernacchie, messa dietro la lavagna, derisa dal nano capoccione francese e da frau culetto Angela Merkel. «Stai sciallo, sciallati, basta» ha detto il siciliano usando il gergo romanesco giovanile per il consorte di madame Bruni, tra gli applausi degli astanti che non pensavano soltanto al titolo del nuovo film di Francesco Bruni. Sciallati, datti ‘na calmata, vola basso, tranquillino, perché è arrivato il momento di reagire a voi parenti serpenti di Francia e a voi tedeschi di Germania.

Lo fa un comico, lo fa un presentatore davanti agli spalti gremiti del Paese, ascolti massimi, share bulgaro, adunata oceanica, messaggio inoltrato sulla linea dell’utente desiderato, visto e considerato che chi è al governo, tecnico e politico non importa, ha scelto la riverenza e poi la penitenza, sottomesso allo spread e ad una diplomazia farlocca e svenevole.

Fratelli d’Italia, insomma, riuniti non soltanto davanti alla nazionale di football, ma per rimettere le cose al loro posto, pur nella loro confusione. In principio fu Benigni al Festival. L’oscar hollywoodiano si era presentato a Sanremo sventolando il tricolore per poi recitare, narrandolo e illustrandolo con passione e malinconia, l’inno di Mameli e di Novaro. Perbacco, si pensò romanticamente, anche la sinistra ha scoperto il valore della bandiera d’Italia e della Patria, mai sentiti prima certi appelli, mai segnalati tanti sventolii, Garibaldi, Mazzini e Camillo Benso al posto del Che e di Mao Tse, roba grossa, forse vedremo, a breve, nei cortei un magliettificio di riferimento, gli occhialini di Cavour, la barba di Peppino Garibaldi eroe dei due mondi, Attilio Emilio Bandiera accanto a Pippo Mazzini.

L’imprevista euforia sanremese durò lo spazio di una notte, entrò in depressione ai primi annunci dello spread di primavera-estate, una collezione di allarmi e sbandate. La caduta autunnale delle foglie e del governo, la crisi dell’euro, hanno messo il carico da mille, tra gli urrah, il lancio di monetine e di sputi e gli onorevoli gesti dell’ombrello davanti al Quirinale, il cortile nostrano è stato offerto su un piatto d’argento al monsieur parigino e la bionda frau che con sommo gaudio hanno incominciato il loro show, sorrisi di compassione, sfottò, battute ma anche ordini perentori ai soliti noti, gli italiani spaghetti, mandolino e mafia. Giorni brutti, senza una sola voce di orgoglio, bocconiani e banchieri avevano altro cui badare.

C’è stato chi, ieri, su molti quotidiani, con un manifesto pubblicitario, ha ricordato ai due ridanciani cruccofranzosi che ride bene chi ride ultimo (come si legge nell’altro articolo di questa pagina, ndr), ma Fiorello ci sta divertendo da picciotto dell’isola e cittadino del continente. Non predica, non fa il boia e nemmeno il missionario, non sfrutta i verbali altrui, non sfoglia come una jena il codice, non benedice le folle, ascolta, intuisce, è il ventriloquo di dodici milioni di italiani (sfondato il 43 per cento di share), il lunedì sera.

Patriota senza fazioni e partiti di appartenenza, come si dovrebbe nelle cosiddette sedi istituzionali laddove soltanto le celebrazioni per i centocinquant’anni dell’unità hanno costretto molti, a malincuore, a rispolverare drappi, parole, valori riposti negli armadi, cosa che accadrà prossimamente.

L’Italia c’è, reagisce, reagisce, reagisce, almeno il lunedì sera. Fiorello non è Santoro, non è Saviano, Rosario è un comico, parla, pensa, scrive, intrattiene, si desta come qualunque italiano avrebbe voglia di fare. Non ha bisogno di gridare: «Viva l’Italia». Lo fa intendere. E chi non ha inteso, non è d’accordo e si annoia: scialla.

….Viva Fiorello!